L’Unità tenta la nuova rinascita

Un ritorno alle edicole travagliato per il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, con primo direttore nel 1924 Ottavio Pastore. L’Unità, il giornale per tanti anni del Partito comunista, era stato chiuso per mancanza di finanziamenti mandando a casa 17 giornalisti e alcuni tipografi. Dopo mesi di silenzio la testata è stata rilevata verso la fine del 2022 dal gruppo editoriale che fa capo all’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, che pubblica anche il Riformista diretto da Piero Sansonetti. Un’operazione che ha suscitato subito molte polemiche perché nella nuova gestione non entrano i disoccupati “storici” del giornale, ma l’ossatura della redazione sarà costituita da un gruppo di giornalisti del Riformista alla cui direzione è arrivato il leader di Italia viva Matteo Renzi.

Senza contare poi la questione della linea editoriale: quale sarà la platea di pubblico a cui il giornale si rivolgerà? Sansonetti nel numero zero (l’Unità sarà in edicola in tutta Italia da martedì) ha rivendicato i suoi trent’anni trascorsi nel quotidiano nella storica Via dei Volsci dove si stampava anche Paese sera. Ha aggiunto un messaggio polemico alla “premier” di Fratelli d’Italia “Cara Meloni, è finita la pacchia!”, sottolineando che “un giornale di sinistra è costruito su tre elementi: l’informazione, il pensiero e la lotta”. Il richiamo al pensatore, intellettuale marxista Gramsci fa presagire l’intenzione di mettere in campo un supporto allo schieramento di sinistra, dopo l’appannamento di Repubblica-partito di Eugenio Scalfari.

L’Unità di Gramsci era il giornale degli operai e dei contadini, ma la società italiana si è profondamente trasformata e inoltre i lettori dei giornali sono sempre di meno. Dopo il travagliato percorso clandestino durante il fascismo l’Unità tornò ad essere legale il 4 giugno 1944 a seguito della liberazione di Roma da parte degli anglo-americani. Nel corso degli anni il giornale è stato diretto da tanti politici del Pci, da Massimo D’Alema, a Renzo Foa (che ha gestito la fase della trasformazione del Pci in Pds) e da Walter Veltroni, che dette vita all’operazione videocassette. Si arriva così a un altro snodo quando gli imprenditori Alfio Marchini e Giampaolo Angelucci diventano soci della società editoriale e vengono chiamati alla direzione Mino Fuccillo, genero di Sandro Curzi, e Paolo Gambescia. Gli ultimi dieci anni sono tutta una corsa tra nuovo editore (il presidente della Regione Sardegna Renato Soru e proprietario di Tiscali) e nuovi direttori, da Concita De Gregorio a Luca Landò, proveniente dall’edizione web, dal vignettista Sergio Staino a Maurizio Belpietro, ma per un solo giorno, per non far decadere la testata.

Insolvenze, sofferenze, licenziamenti, formato tabloid, giornale solo online: una vita travagliata e debiti accumulati con le banche nonostante gli aiuti pubblici della Presidenza del Consiglio. Nel 2018 il Tribunale di Roma mette all’asta la testata e nel 2022 il Tribunale dichiara fallita la società editrice per un rosso di 125 milioni. Una crisi tira l’altra, con i giornalisti licenziati a protestare nelle varie sedi sindacali per non poter usufruire neppure della cassa integrazione. Ora siamo in pratica alla terza rinascita con Sansonetti che lavorerà fianco a fianco con Matteo Renzi chiamato alla direzione del Riformista le cui redazioni l’editore Romeo, per risparmiare, le ha collocate nel centro di Roma in Via Pallacorda. Due giornali fotocopia o linee editoriali diverse?

Aggiornato il 13 maggio 2023 alle ore 10:15