Da più parti si stigmatizza la resistenza italiana all’introduzione sul mercato delle carni “sintetiche”. Ci sono buoni motivi per resistere. Prima di tutto la carne coltivata non sarà sintetica, ma è sicuramente artificiale.
Sbaglia chi paragona il processo di coltura di una bistecca in laboratorio alle preparazioni casearie o di panificazione o vinificazione, perché la fermentazione o la lievitazione sono processi naturali, che servono a trasformare, migliorare o rendere più appetibile, digeribile e salutare, la qualità del substrato (latte, farina o uva) in cui i relativi batteri agiscono.
Nel caso della carne artificiale, invece, il processo prevede l’utilizzo di bioreattori e, guarda caso, il terreno di coltura su cui si riproducono le cellule non è gelatina di alghe agar-agar, come quella usata nelle capsule di Petri, ma siero fetale estratto dalla macellazione delle vacche gravide. Si starebbe studiando un substrato di origine non animale, che avrebbe però bisogno di essere integrato con altri nutrienti, minerali e vitamine, dosati in laboratorio. Sul terreno di coltura vengono immesse cellule staminali prelevate, in vivo, dal muscolo dell’animale e isolate dalle altre cellule in laboratorio.
Ovviamente, la carne artificiale ha bisogno di una “struttura” attorno a cui crescere: viene quindi utilizzato un “supporto” di collagene (sempre di origine animale) o di cellulosa (estratta chimicamente dai vegetali). Lo stesso campione di cellule staminali viene fatto riprodurre e riutilizzato infinite volte. Abbiamo tutti un’idea del risultato della duplicazione eccessiva. Ovviamente, le cellule danneggiate e i prodotti di scarto, che nell’organismo vengono smaltiti naturalmente, in questo processo devono essere rimossi o filtrati artificialmente.
In ultima analisi, ammesso e non concesso che la carne artificiale incontri i gusti del pubblico, è dubbio che i due terzi dell’umanità possano permettersi questi farraginosi e costosissimi processi di produzione alimentare. Quello della carne artificiale è un processo innaturale, costoso e assolutamente insignificante quanto il preteso contributo alla lotta contro i “cambiamenti climatici”. È solo un’altra espressione dello stesso culto ideologico, travestito da motivazioni etico-sociali ed ecologiche.
Ma se dopo questa semplificata descrizione siete ancora entusiasti per la prospettiva di nutrirvi con una bistecchina artificiale, già da ora, auguro buon appetito.
Aggiornato il 11 maggio 2023 alle ore 11:20