“Il sistema totalitario funziona canalizzando la paura. Ai leader, dunque, non resta altra scelta che indicare sempre nuovi oggetti d’ansia e introdurre nuovi sistemi per fronteggiarli e vincerli. Per le ragioni già descritte, la parte della popolazione che soggiace pienamente al processo di totalitarizzazione li segue con obbedienza”. Così Mattias Desmet, docente di psicologia clinica presso l’Università di Ghent, descrive quella che può essere definita come la psicologia del totalitarismo, cioè le pulsioni psicologiche che i regimi totalitari inducono nelle masse, nelle folle, nell’opinione pubblica per plasmarne il consenso e disinnescarne l’eventuale dissenso. In sostanza la paura è la chiave della pressione psicologica che viene utilizzata dai sistemi totalitari per esercitare il proprio potere nel modo più omogeneo, penetrante e duraturo possibile. In tale direzione sembra essersi mossa, con precisione preoccupante, la gestione della pandemia del Covid-19, anche se non tutti sono riusciti a coglierne le sfumature totalitarie a causa della mancanza di dimestichezza con il concetto e gli elementi strutturali del totalitarismo.
Un regime totalitario, infatti, è tale in almeno due accezioni senza dubbio distinte, ma tra loro adese e coese e funzionalmente convergenti: in senso oggettivo, in quanto tendente ad esercitare il proprio potere in modo illimitato sia dal punto di vista politico che giuridico; in senso soggettivo, poiché tendente a permeare l’intera esistenza dei soggetti a cui intende imporre il proprio dominio. E come già constatato con le suddette riflessioni di Desmet, all’interno della logica totalitaria, e della totalitarizzazione della società a essa subordinata, lo strumento della paura ricopre un ruolo fondamentale per consentire sia di esercitare il potere in modo illimitato, sia di introdursi in ogni più piccolo aspetto della vita dei consociati e dei soggetti sottomessi al potere totalitario. Ciò considerato occorre comprovare il ruolo che la paura ha avuto all’interno della gestione della pandemica attratta da pulsioni totalitarie.
In tal senso, e gli esempi potrebbero essere quasi infiniti, non soltanto la stampa, già dall’autunno del 2020, aveva rilevato come l’ansia stesse plasmando e trasformando la mentalità e le menti di tutti, ma ancora dopo un biennio, nel gennaio del 2022, gli psichiatri lanciavano l’allarme sulla diffusione della dilagante forma di ipocondria che aveva colpito la popolazione in seguito alla diffusione del virus Covid-19. Anche uno studio pubblicato sulla nota rivista scientifica Psychiatry Research, rilevava nell’autunno del 2021, che la covid-fobia stava assurgendo a vera e propria nuova entità psichiatrica, tanto da indurre i pazienti a non uscire di casa, a non toccare gli oggetti, a non parlare con le persone, compresa la propria stessa famiglia. Se ciò non fosse ancora sufficiente per descrivere la gravità della situazione sotto il profilo della paura durante la gestione pandemica, si pensi alle sconcertanti rivelazioni che una parte della stampa libera ha divulgato in merito alle intenzioni espresse di alcuni governi, come quello inglese o come quello italiano, di voler diffondere appositamente un clima di paura per esercitare al meglio un controllo quanto mai stringente sulla popolazione.
L’inglese The Telegraph, infatti, ha svelato alcune conversazioni del ministro della Salute inglese Matt Hancock che ha volontariamente pianificato la creazione di un clima di paura con l’adozione di annunci sempre più traumatizzanti sulle nuove varianti del Covid-19. In Italia, La Verità, ha rivelato – sulla base delle investigazioni effettuate dalla Procura di Bergamo – che anche il ministro della Salute italiano Roberto Speranza aveva adottato la medesima strategia per imbrigliare quanto più possibile le libertà e i diritti della popolazione italiana durante la pandemia. L’artificioso clima di terrore, che come visto ha avuto addirittura ricadute di massa a livello psichiatrico, non può passare sotto silenzio e non può essere giudicato in modo neutro, poiché costituisce il fattore determinante per la comprensione della gestione pandemica come espressione di una nuova forma di totalitarismo.
Fino ad oggi la storia ha conosciuto il totalitarismo razziale, quello sociale, quello etnico-religioso; dall’avvento della pandemia del Covid-19, e dalla sua dissennata gestione, si può e si deve annoverare adesso anche il totalitarismo sanitario che presenta tutti i connotati tipici del fenomeno totalitario, cioè:
1) l’adozione e l’imposizione di una specifica piattaforma ideologica;
2) la dicotomizzazione della società tra amici seguaci e nemici infedeli;
3) la diffusione della paura e del terrore al fine di soggiogare psicologicamente l’intera popolazione;
4) la compressione o la soppressione dei diritti umani fondamentali attraverso l’uso e l’abuso del diritto legalmente e formalmente inteso;
5) il controllo totale della vita interiore ed esteriore dei singoli esseri umani.
Se il clima di paura è stato appositamente creato e incrementato dalle istituzioni, in Italia come all’estero, allora la gestione pandemica ha chiaramente travalicato i suoi stessi limiti facendo transitare i sistemi politici e giuridici occidentali dal paradigma dello Stato di diritto a quello dello Stato totalitario. In questa direzione appaiono quanto mai fondamentali i rilievi mossi da Lars F. H. Svendsen, docente di filosofia presso l’Università di Bergen, secondo cui, infatti, “la paura è uno dei fattori di potere più importanti che esistano, e chi può governarla in una società terrà quella società in pugno. Suscitare paura negli altri è forse lo strumento più efficace che chiunque abbia per raggiungere i propri obiettivi, che si tratti di migliorare la salute della gente, vendere giornali o indirizzare l’attenzione verso i problemi ambientali. Finché la paura funzionerà a dovere come prodotto commerciale per i mass media, non si può ipotizzare una linea di condotta più responsabile”.
Del resto, tutti e cinque i suddetti requisiti costitutivi di un sistema totalitario si sono palesati con sufficiente chiarezza durante la gestione pandemica: il primo con l’idea che la scienza fosse infallibile; il secondo con la creazione artificiosa di dicotomie sociali naturalmente inesistenti come, per esempio, quella tra Si-vax e No-vax; il terzo, per esempio, con la continua pressione psicologica sulla letalità sempre crescente delle nuove varianti del virus; il quarto con la subordinazione dei diritti fondamentali, per esempio quello al lavoro e al sostentamento proprio e della propria famiglia, alla soddisfazione dei parametri stabiliti dalle autorità sanitarie; e, infine, l’ultimo con l’obbligo di possesso della certificazione digitale, cioè il cosiddetto green pass, che per mesi ha monitorato la vita quotidiana di ogni singolo cittadino. Che la gestione pandemica abbia rappresentato una traslazione dal sistema democratico ad un sistema totalitario, probabilmente, ai più è sfuggito e tutt’oggi – nonostante le evidenze che le indagini di stampa e della magistratura stanno portando alla luce – ai più continua a sfuggire, o peggio, a non interessare, ma proprio per questo è quanto mai necessario riflettere su quanto accaduto, poiché storicamente i regimi totalitari sono riusciti a imporsi proprio grazie alle facilitazioni offerte dal comune e diffuso disinteresse nei riguardi della loro silenziosa ontogenesi.
Anzi, si può affermare, senza timore di smentita, che, proprio alla luce dell’esperienza storica del XX secolo, quanto più un sistema si crede immune da ogni tentazione totalitaria quanto più è altamente probabile che proprio in un sistema totalitario possa degenerare. In conclusione, per tenere a mente quanto accaduto al fine di evitare che possa nuovamente accadere, magari in forme perfino peggiori di quelle a cui si è assistito fino ad ora, si possono considerare le puntuali riflessioni di Waldemar Gurian che così per l’appunto ha avuto modo di precisare: “Il totalitarismo si realizza proprio in quel regime che rifiuta di considerarsi tale. Impiega tutti gli strumenti disponibili per mantenere ed estendere il suo potere illimitato e incontrollato. Questi mezzi sono particolarmente terrificanti ed efficienti nel nostro tempo grazie al progresso tecnico e alle invenzioni che permettono una rapida concentrazione e applicazione del potere, nonché la manipolazione o addirittura la creazione artificiale dell’opinione pubblica”.
(*) Qui per leggere la prima parte
Aggiornato il 20 aprile 2023 alle ore 09:16