
Titolava l’altro giorno un quotidiano romano: “Mancano operai e camerieri, verso la riapertura dei flussi”. Con questo titolo si è cercato di sintetizzare la situazione relativa alla carenza di manodopera soprattutto in quei settori produttivi che stanno dimostrando particolari difficoltà a causa, appunto, della mancanza di personale che starebbe costringendo il governo a studiare un ulteriore decreto in quanto alle imprese servono circa 120mila addetti. Si ripropone quindi la necessità di portare nel nostro Paese migranti il cui utilizzo alleggerirebbe lo status quo. I settori attualmente in difficoltà sono purtroppo sempre gli stessi: mancano operai e camerieri, ma sono in sofferenza anche agricoltura e turismo.
Per Coldiretti è a rischio la raccolta ortofrutticola, mentre alberghi e ristoranti stimano perdite che si attesterebbero intorno al 5 per cento del fatturato. Ecco quindi che si ripropone la questione del ruolo che potrebbero svolgere i migranti, soprattutto se provenienti da Paesi extra Ue.
Il conseguente quesito che si pone resta sempre lo stesso: l’extracomunitario dovrà esser visto come risorsa o come emergenza? È quasi superfluo rammentare che gradualmente ci saranno molte persone che non godranno più dei benefici del reddito di cittadinanza e che, comunque, dovranno pur mangiare: sì, ma come? Non è difficile ammettere che trovare un impiego regolare non è poi così facile. E da qui potrebbe nascere il sospetto che si voglia ricorrere ai cosiddetti flussi che potrebbero consentire una maggiore “flessibilità” in tema di orario di lavoro e trattamento economico: però, come detto, è soltanto un sospetto.
Aggiornato il 04 aprile 2023 alle ore 16:16