Quando aveva dieci mesi le è stata rimossa una massa tumorale di circa due chili, quasi un quarto del suo peso corporeo (otto chili). Alla piccola è stata asportata la maggior parte del fegato, a causa di un amartoma mesenchimale. L’intervento è stato condotto dall’équipe del professor Marco Spada, responsabile di Chirurgia Epato-Bilio Pancreatica e dei trapianti di fegato e rene dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Adesso la piccola, che ha compiuto un anno da poco, sta bene, si alimenta senza problemi e ha ripreso a crescere regolarmente.
Una storia, questa, che parte da lontano. Ovvero quando i genitori portano la bimba al Pronto soccorso del Bambino Gesù. Confrontandola con il fratellino gemello, presentava un rigonfiamento dell’addome e pure inappetenza. Da qui l’ecografia, che ha mostrato una grossa lesione a contenuto liquido nel fegato.
Il nosocomio, in una nota, ha spiegato: “La bimba è stata sottoposta a una valutazione multidisciplinare che ha coinvolto epatologi, anestesisti-rianimatori, radiologi, oncologi e anatomopatologi. L’esito è stata la conferma della presenza di una neoplasia del fegato, di più di 13 centimetri di diametro, che occupava interamente la parte destra e centrale del fegato, comprimendone la porzione sinistra. Il tumore schiacciava e costringeva gli altri organi circostanti (stomaco, pancreas, intestino, rene destro) a una dislocazione dalla sede originaria. Le caratteristiche radiologiche della lesione facevano sospettare che si trattasse di un amartoma mesenchimale”.
L’amartoma mesenchimale, hanno spiegato dalla struttura ospedaliera, è “un tumore benigno che deriva dalla crescita anomala delle cellule del fegato di origine mesenchimale. Il termine amartoma proviene dalla parola greca che significa “errore”. Le cellule che compongono l’amartoma sono normali, ma crescono in modo disorganizzato. Sebbene raro in assoluto, è il secondo tumore in ordine di frequenza che può svilupparsi nel fegato in età pediatrica, soprattutto nei primi due anni di vita”.
Grazie all’utilizzo di un sofisticato software di elaborazione delle immagini Tac “è stato costruito un modello tridimensionale del fegato per valutarne le dimensioni e i rapporti del tumore con la parte sana dell’organo e i suoi vasi sanguigni. Il modello ha reso evidente che l’asportazione del tumore avrebbe lasciato una quantità insufficiente di fegato sano la quale, nonostante le capacità di rigenerazione delle cellule epatiche, non avrebbe garantito il buon funzionamento dell’organo dopo l’operazione”.
A distanza di quattro settimane dall’embolizzazione portale, effettuata dai radiologi interventisti dell’ospedale della Santa Sede, “una nuova Tac con ricostruzione 3D ha confermato che il fegato sano era raddoppiato, passando da un volume stimato di 80 a 120 ml, favorendo le condizioni per effettuare l’intervento”. Che è durato sei ore e con il quale sono stati asportati sei degli otto segmenti (porzioni) che costituiscono il fegato.
Il professor Marco Spada ha affermato: “Resezioni epatiche così estese non sono frequenti nei bambini piccoli e richiedono elevate competenze non solo di chirurgia epatobiliare, ma anche anestesiologiche, intensivistiche, radiologiche, epatologiche, oncologiche, anatomopatologiche e infermieristiche pediatriche, come quelle presenti nel nostro ospedale. Solo in questo modo è possibile trattare correttamente e in sicurezza i bambini con tumori del fegato”.
Il decorso post-operatorio non ha presentato problemi. La bambina è stata dimessa 9 giorni dopo. “Ai controlli effettuati dopo la dimissione – ha terminato il professor Spada – abbiamo verificato che la bambina sta molto bene, ha ripreso ad alimentarsi e a crescere regolarmente. Il fegato rimasto ha già iniziato il processo di rigenerazione che farà sì che il suo volume torni alla normalità nell’arco di poche settimane, garantendo alla bambina una vita del tutto normale”.
Aggiornato il 31 marzo 2023 alle ore 17:27