Tra pochi giorni cadrà il terzo anniversario della fase più buia della Repubblica: l’inizio di un periodo di surreali restrizioni nazionali, culminato con gli arresti domiciliari di massa per 60 milioni di cittadini spaventati e manipolati oltre ogni limite da una martellante propaganda del terrore, che ancora oggi fa sentire i suoi sinistri rigurgiti. In quel drammatico marzo del 2020 abbiamo vissuto un clima di isteria collettiva e di odio per chi veniva etichettato come un untore – magari solo per essersi azzardato a portare a spasso il cane o fare una corsetta nei dintorni della propria abitazione – tant’è che in quel frangente, chiesi e ottenni dal direttore dell’Opinione, il nostro grande e compianto Arturo Diaconale, di pubblicare un appello per fermare il clima da caccia alle streghe che serpeggiava in ogni angolo del Paese.
Tutto questo, così come chi si prese la briga di analizzare i dati quotidianamente pubblicati dalle stesse autorità che ci avevano rinchiuso in casa, per una emergenza sanitaria, se così la vogliamo ancora definire, che comportava sin dall’inizio rischi seri solo per una ristretta fascia della popolazione: le persone molto anziane e/o molto fragili, con almeno tre gravi patologie pregresse. Persone a rischio su cui si doveva concentrare la protezione dal virus, lasciando i sani, alias immunocompetenti, liberi di poter svolgere la propria esistenza.
Ora, proprio per non dimenticare l’impressionante escalation di divieti e obblighi della vera e propria dittatura sanitaria che ha tenuto in scacco l’Italia per un tempo incredibilmente lungo (oltre agli arresti domiciliari di massa, val la pena ricordare il coprifuoco, il divieto di spostarsi a piedi oltre una distanza stabilita dai soloni del Comitato tecnico scientifico, l’obbligo delle inutili e dannose mascherine all’aperto, il divieto, con tanto di decine di migliaia di multe comminate, di uscire dal proprio comune, anche solo per poter fare la spesa, l’abominevole obbligo vaccinale e l’ancor più abominevole Green pass, che neppure la Russia di Stalin sarebbe stata in grado di concepire), vorrei segnalare una interessante e meritoria opera editoriale. Un lavoro realizzato a mia insaputa da un gruppo di amici che, durante l’intera pandemia di follia virale, hanno condiviso con il sottoscritto una civile battaglia di libertà di fronte al violento vulnus che ha letteralmente annichilito alcune fondamentali libertà costituzionali, fino a qual momento considerati intangibili.
Si tratta di un libro autofinanziato, i cui autori al massimo sperano di poter almeno recuperare parte di quanto speso, che nasce da un cristallino intento di rendere un servizio alla comunità, raccogliendo e analizzando in modo organico e coerente i numeri della pandemia di Sars-Cov-2.
Perché – forse non – guariremo, questo il titolo della pubblicazione la quale, come viene spiegato dai suoi autori, nasce dal blog www.uomodellastrada.altervista.org, in cui essi hanno raccolto sin dal marzo del 2020 una imponente documentazione su una pandemia ancora tutta da decodificare. È proprio perché troppe cose sono state date per scontate, così come troppi elementi dirimenti sono sfuggiti ai più – anche per grave responsabilità di gran parte dell’informazione – che questo libro merita di essere comprato e letto. Esso rappresenta un ampio squarcio di realtà nei confronti della fitta nebbia, densa di enormi incongruenze e contraddizioni, che per un tempo infinito ha avvolto e stravolto la nostra comune esistenza.
Perché uno dei pericoli più seri che, dopo la fine di gran parte delle inverosimili restrizioni subite, ancora corriamo come collettività è quella di metterci tutto dietro le spalle in una colossale operazione di rimozione di massa. In tal senso, prenotando Perché – forse non – guariremo in qualsiasi libreria o nei più diffusi canali di vendita on-line, possiamo contribuire a tenere accesa la fiammella di un ricordo orrendo per la democrazia italiana, così da contribuire affinché tutto questo non si ripeta.
(*) Uomo della strada, “Perché – forse non – guariremo”, Etabeta, 290 pagine, 21 euro
Aggiornato il 28 febbraio 2023 alle ore 13:06