Era attesa da tempo dai giornalisti una sentenza di condanna per querela temeraria, pretestuosa o minacciosa. La Corte costituzionale aveva dato un anno di tempo al Parlamento per regolamentare la normativa sulla diffamazione. La materia si sviluppa, infatti, tra il diritto all’informazione (informare i lettori; il cronista ha il diritto anche di affrontare questioni scabrose e scandalose) e il diritto alla dignità e alla riservatezza dei soggetti di cui si scrive o parla. Una storia scomoda dà sempre fastidio. Il giornalismo d’inchiesta ha sicuramente dei limiti, ma spesso scopre verità e notizie volutamente tenute nascoste. Il limite per il cronista è che le notizie debbano essere vere e verificate. Ormai c’è un ampio campionario di decisioni del Garante della privacy che offre elementi certi di un percorso che viaggi tra trasparenza e riservatezza. Spesso, però, le querele sono un espediente per “tappare” la bocca o impaurire il cronista, chiedendo anche risarcimenti eccessivi. I primi di febbraio il Tribunale di Firenze ha condannato l’ex premier Matteo Renzi a pagare 42mila euro per aver querelato senza motivo il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. La telecamera aveva ripreso Travaglio in un collegamento con un curioso soprammobile alle spalle: un rotolo di carta igienica con la foto di Renzi. Per questo il leader di Italia viva denunciò il giornalista per diffamazione e chiese un risarcimento di circa 500mila euro. Ma per il giudice quel rotolo non ha prodotto alcun danno morale o d’immagine perché, scrive il giudice, “un personaggio politico deve tollerare immagini satiriche della sua persona e del suo volto. Solo in un regime totalitario è vietato criticare o ridicolizzare un personaggio politico”.
Ora è arrivata la sentenza del Tribunale di Spoleto che ha condannato l’ex consigliere del cda della Banca popolare di Spoleto Leodino Galli a un anno e quattro mesi di reclusione, pena sospesa, oltre al risarcimento danni da quantificare in sede civile con una provvisionale di 10mila euro. Al processo accanto al giornalista Carlo Ceraso del quotidiano online Tuttoggi si sono costituiti parte civile l’Ordine nazionale dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa. Nel rendere pubblica la sentenza Massimo Alberizzi del gruppo Reporter senza bavaglio racconta la vicenda che risaliva al 2017, quando il giornalista umbro pubblicò un’inchiesta che ripercorreva luci e ombre della carriera di Leodino Galli. che aveva ricoperto per un ventennio nel cda della Spoleto Credito e servizi. Pur essendo di pubblico dominio il fallimento della Banca popolare di Spoleto, istituto dal 2015 nella sfera Banco di Desio e della Brianza, Galli ritenne che ci fossero gli estremi per una querela di diffamazione a mezzo stampa e denunciò il giornalista Carlo Ceraso. Il suo avvocato Iolanda Caponecchi dimostra la correttezza della pubblicazione e il magistrato inquirente lo proscioglie. Ed ecco la novità. Il pm Gennaro Iannarone ritiene che quella querela sia pretestuosa e apre d’ufficio un fascicolo nei confronti di Galli, che viene indagato per il reato di calunnia. Le risultanze dell’inchiesta vengono condivise dal Gip Margherita Amodeo che dispone il rinvio a giudizio del querelante Galli. Provate che le circostanze descritte dal giornalista Ceraso erano vere è scattata la prima sentenza esemplare in materia. “Si tratta – precisa una nota di Reporter senza bavaglio – del primo caso del genere registrato in Italia nel quale, finalmente, la querela temeraria si ritorce contro chi l’ha presentata”. Il quotidiano online Tuttoggi sale agli onori della cronaca giudiziaria nazionale.
Aggiornato il 27 febbraio 2023 alle ore 13:52