La lentezza della Giustizia è proverbiale, notoria: lenti e farraginosi i processi, le sentenze, stabilire se l’imputato sia colpevole o se “il fatto non sussiste”. Si prenda atto che lo sono anche le inchieste che originano questi processi spesso destinati a finire in bolle di sapone.
Si apprende che ieri i magistrati belgi e italiani che indagano sul cosiddetto Qatargate, hanno disposto la perquisizione dell’abitazione della tesoriera di “Non c’è pace senza giustizia”, Antonella Casu.
Casu è una di quelle persone a cui si affiderebbero con assoluta tranquillità le chiavi di casa per un lungo giro del mondo, sicuri di ritrovarla al ritorno ancora più pulita e custodita di come la si è lasciata. Ma queste sono opinioni personali di chi ha conosciuto Casu e con lei ha avuto modo di lavorare. Magari si è in errore, ma i magistrati belgi e italiani devono trovare montagne di prove, per convincerci del contrario. Finora queste prove non le hanno. Questo è il primo fatto.
L’inchiesta, scoppiata mediaticamente a dicembre con arresti clamorosi, di tutta evidenza è cominciata molto prima; infatti si è parlato di intercettazioni, pedinamenti, lavorii vari di servizi segreti non solo belgi, fino alla documentale prova fotografica delle borse traboccanti denaro liquido: in flagranza, dunque preventivamente avvertiti da qualcuno.
L’altro giorno la perquisizione nella sede e nell’abitazione di Casu. Due mesi dopo la “notizia” della vicenda. Fantastico. Perché con tanto ritardo? Nessuno lo spiega.
Di solito, al termine di simili “operazioni”, la frase di rito è: “Sequestrati documenti interessanti”. È il modo per dire che è andata a vuoto, non s’è trovato nulla. Questa volta i documenti non sono neppure “interessanti”. Viene comunicato che sono stati sequestrati “molti documenti e la copia forense dei pc alla ricerca di tracce e bonifici utili a ricostruire il sistema corruttivo con cui Qatar e Marocco hanno condizionato le politiche europee”, ma al tempo stesso “l’Ong non risulta indagata”. Di solito le banche conservano le documentazioni sia in forma digitale che in cartaceo di tutte le operazioni, ma certo sequestrare “la copia forense dei pc” fa più scena. Magari quella documentazione, se c’è, la si doveva cercare prima. Invece no, trascorrono due mesi.
Antonella Casu perdonerà se la si butta a ridere (ma è riso amaro): chissà se ci diranno se nelle pareti di casa sua ci sono manifesti, e quali; scontata la presenza di abiti femminili; ma ce ne saranno anche di maschili? E i libri, quali libri? E i dvd, quali dvd? Perché noi giornalisti non ci si limita a raccontare i fatti che accadono (a volte, non sempre): abbiamo sempre bisogno di un po’ di salsa piccante per cercare di insaporire quello che è mal cucinato. Ma questa volta, davvero, neppure degli ossi da rosicchiare ci sono stati dati; la scodella appare vuota. Però si azzarda una previsione: una pista per qualcuno “interessante” sarà costituita da George Soros. Il perfido giudìo fa sempre la sua bella figura.
Aggiornato il 23 febbraio 2023 alle ore 12:44