Nessuna analisi critica degli ultimi due mandati da parte dei vertici della Federazione della stampa, che ha concluso a Riccione il XXIX congresso. L’eredità della coppia Giuseppe Giulietti (presidente) e Raffaele Lorusso (segretario) è pesante. Si è allargata la sfera del precariato, non è stato superato il ricorso ai cosiddetti “Co.co.co.”, sono cresciute le “querele bavaglio” contro i cronisti, sono aumentate le violenze contro le giornaliste.
I ragionamenti di Raffaele Lorusso sono quelli della vecchia nomenclatura giornalistica che parla sempre al futuro: “Bisogna trovare regole per governare i nuovi sistemi e fare in modo di trovare idee, ma con un ordine”.
Ma come sono stati affrontati i problemi della categoria in questi ultimi 10 anni? Ancora una volta si parla di un piano di rilancio per il settore dell’editoria.
Lo scenario italiano è drammatico. Manca da quattro anni il rinnovo del contratto di lavoro, l’aumento del costo della carta ha spinto gli editori a diminuire la foliazione, a ridurre il numero dei collaboratori e mandare in prepensionamento le migliore penne del firmamento giornalistico.
Come riprendere in mano, si è chiesto il presidente della Federazione editori Andrea Riffeser Monti, la qualità del prodotto in una fase storica dove prevalgono il digitale e l’intelligenza artificiale?
Gli editori invocano un “patto quadriennale” anche in considerazione del cambiamento al vertice della Federazione della stampa.
I numeri della crisi sono purtroppo tragici. Da 6 milioni di copie vendute al giorno, si è passati a 2,5 milioni; il fatturato, dal 2005 ad oggi, è passato da 7,2 miliardi a 2,9 miliardi di euro; da 18 mila lavoratori, di cui 10 mila giornalisti, quanti lavorano nel settore tra redattori ed altri addetti superano in totale appena le 10 mila unità.
Tornano, quindi, in campo i rapporti con il governo e il Parlamento ai quali gli editori e il sindacato dei giornalisti chiedono sostegni per rilanciare il settore.
Resta comunque aperto il tema della regolamentazione dei rapporti tra giustizia e giornalismo.
“È necessario – rileva il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto – fare squadra per scrivere un diritto dell’informazione che non sia lesivo nei confronti dei cittadini”. Il Parlamento, come ha rilevato la Corte Costituzionale, è carente in materia di norme sulla diffamazione. Le proposte che avevano subito un’accelerazione si sono arenate per contrasti tra i gruppi parlamentari. Oggi la necessità di comunicare in tempo reale rende più rischiosa l’informazione.
Libertà di cronaca e diritti costituzionali, risvolti delle guerre e delle pandemie, direttiva dell’Ue sul copyright, equo compenso per l’utilizzo da parte delle rassegne stampa degli articoli dei quotidiani ed altri periodici sono argomenti su cui si cimentano ogni giorno i giornalisti, i quali devono essere sempre più preparati professionalmente anche attraverso stage e corsi di formazione.
Se è vero, come affermato dall’avvocato Sisto, che non c’è nessuna volontà di compressione del diritto-dovere all’informazione da parte del governo, resta il fatto che in molti ambienti politici, economici e culturali si va rafforzando l’ipotesi di “ragionare su quello che si può pubblicare e quello che va considerato irrilevante”.
Non può essere certo un Procuratore della Repubblica o un membro del governo, della Regione o del Comune a decidere quello che un giornale o periodico ritiene opportuno pubblicare.
Negli Stati Uniti hanno coniato uno slogan, ripetuto in molti film d’inchiesta, per rispondere alle critiche sulla pubblicazione di notizie scomode: “È la stampa, bellezza”.
Aggiornato il 17 febbraio 2023 alle ore 17:51