Cessione servizi e digitale. Rapporti tesi tra la redazione e l’editore a La7. Irricevibile per i giornalisti di Repubblica il piano del direttore Maurizio Molinari per spingere il quotidiano nell’era digitale. Una volta le divergenze riguardavano soprattutto gli aspetti economici. Da qualche tempo nel mondo dell’editoria si stanno affacciando altri problemi. L’Assemblea dei giornalisti de La7 ha affidato al Comitato di redazione 5 giornate di sciopero e la richiesta di un confronto con l’editore Urbano Cairo per discutere temi economici, in particolare l’entità degli organici e gli accordi che l’azienda vorrebbe prendere per diffondere il lavoro redazionale su altri mezzi. Questioni delicate che dovrebbero essere analizzate sulla base di progetti scritti di sviluppo e nel rispetto delle procedure previste dal contratto nazionale al fine di garantire opportunità di crescita e adeguati riconoscimenti professionali alle redazioni. Molti gli aspetti innovativi da affrontare a partire dalla cessione dei diritti all’esterno del gruppo e anche per questo è stato costituito un coordinamento con le altre rappresentanze sindacali aziendali. Complessa anche la vicenda a Repubblica che dall’arrivo alla direzione di Maurizio Molinari sta subendo continue fibrillazioni.
In un lungo documento redazionale si accusa il direttore di aver presentato un elenco di buoni propositi senza alcuna filosofia editoriale di fondo. Il documento “è generico e lacunoso, senza garanzie per i necessari investimenti e corsi di formazione a supporto, con organici inadeguati per un urgente cambiamento di rotta”. E qui torna in ballo una critica di sostanza. Nel piano, scrivono i redattori, non si spiega a quali lettori il giornale vuole parlare, qual è il suo pubblico. Negli ultimi tempi si è assistita a una perdita di indipendenza del giornale, anche rispetto agli interessi e indiretti dell’editore. Il problema è che con il passaggio dal gruppo di Carlo De Benedetti alla Exor di John Elkann il quotidiano cartaceo “continua a subire una fuga di lettori in misura ben superiore alla media di mercato, nonostante gli sforzi della redazione, penalizzata nell’organico e nei mezzi”. Secondo i giornalisti limitare il peso della carta (da cui arrivano i ricavi più consistenti) significa condannare Repubblica a una minore influenza nell’opinione pubblica e nel dibattito pubblico e culturale del Paese.
Per quanto riguarda i redattori, il nuovo piano comporterebbe un allungamento del tempo di lavoro, senza che siano menzionati possibili apporti giornalistici, dopo l’appena concluso pesante ciclo di prepensionamenti. Con l’aggravante che i nuovi apporti legati al piano hanno riguardato figure “tecniche” e non giornalistiche. Per tornare ad avere smalto e consensi tra i lettori Repubblica, secondo la maggioranza della redazione “deve ricreare un prodotto identitario, una testata che abbia a cuore i diritti civili e sociali dei più deboli e degli esclusi”. A livello generale si apre una nuova fase di confronto tra tutte le parti dell’editoria per l’introduzione dell’equo compenso. Una riforma ritenuta necessaria per il riequilibrio dell’intero sistema digitale. Il regolamento Agcom sui criteri di determinazione dell’equo compenso in favore degli editori è stato approvato dalla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a metà gennaio e riconosce anche l’importanza del lavoro dei giornalisti. Si registra nel 2022 ancora un calo del fatturato della pubblicità di circa il 6 per cento.
Aggiornato il 08 febbraio 2023 alle ore 10:44