C’è vittoria e vittoria

Chi vive abbastanza recluso, dopo alcuni periodi può avere immagine del mondo esterno idonea a percepire i mutamenti, chi li vive giorno per giorno non li nota per la loro gradualità minima. A distanza di tempo sono più vistosi e percepibili. È la situazione che mi riguarda, vivendo pressoché in eremitaggio e quindi uscendo all’aperto, diciamo, rarissimamente per motivi di salute e per le manifestazioni sul mio ultimo libro. Mi sono avventurato nel mondo esterno in alcune zone del Lazio, a Roma e in cittadine. Quel che racconto è accaduto e dovrebbe essere preso in conto, in considerazione estrema da quanti si occupano della vita pubblica, insomma, i politici, giacché è talmente incredibile da apparire fantasioso, fantastico, ripeto, come se un cittadino improvvisamente scoprisse di non stare in Italia ma in un altro Paese. Viaggio per andare a Rieti, il mezzo è comodissimo, sotto casa, lo preferisco, ho da sorvegliare la presentazione del mio libro. Una città che conosco benissimo e mi conosce benissimo, ho insegnato da giovane al Liceo Classico “Marco Terenzio Varrone”, il meraviglioso liceo classico, vanto dell’Occidente e se non si conferma rovina dell’Occidente, per l’Italia in particolare.

Viaggio, minime persone, nell’andamento della via del percorso ne salgono due, tre a fermata, tutte straniere e, penso, tutte africane, avvicinandosi al termine gruppi più considerevoli salgono. Credo che di nazionali o comunque europei o bianchi che dir si voglia saremo stati a esagerare in quattro. Scendo, per la libreria il cammino è breve, impervio nelle mie condizioni, non ho chiesto di prendermi. Faccio quel che posso da me. Lentamente, anche per rivedere la città. Bellissima. Curata, antica, talvolta maestosa, un reatino non lo vedo, vedo i luoghi del mio passato, il liceo, il monumento a Marco Terenzio Varrone, l’albergo elegantissimo di proprietà di un mio studente, il palazzo del Comune dove è stato sindaco un mio studente, la Loggetta del Vignola, il Bar Quattro Stagioni, la Chiesa di San Francesco, infine l’elegante, intima, Libreria Moderna, che appare una stanza studio dell’Ottocento con mobili d’epoca. Sembra impossibile, strade presso che deserte, una rarità di passanti, situazione medesima al ritorno, luoghi conosciuti a cui rimango legato così come sono legatissimi i miei antichi studenti, reciteranno dei miei versi e delle prose, alla Libreria Moderna il 24 di febbraio. Rivedo tutto nei minimi aspetti. Partenza. La stessa situazione, nessun italiano o europeo e durante il viaggio. Neri, che salgono e scendono prima di giungere a Roma, nei luoghi paesani. Questa è la prima esperienza.

Una mia abitazione fuori Roma, Sgurgola, panorama enorme, colline unite a colline, da sostare fermi nell’immobilità contemplativa dell’infinito. La domenica, mercato, presenza di neri. E i lavoratori che montano in treno, stranieri. Per il resto, deserto. Continuo. Mi reco per ragioni mediche, stavolta viaggio in treno, Monte San Biagio, paesino sulla parete del monte, caseggiato come mandria di pecore, allungata, dopo anni rivedo il mare, il mare esteso, azzurro, rasserenante, ampia lo sguardo , si muove appena, al respira delle onde, poi riguardo le belle montagne di erboso verde vivo punteggiato dalle case di Monte San Biagio e mi spingo verso Terracina, il mare, il mare, esteso a occhio che si perde laggiù nel non so dove toccando il cielo che si curva per unirsi nel cielomare, più alte le montagne, più aggrovigliate e più sprofondate, più montagnose, e sempre erba e colori dappertutto, mare montagna la vastità di una giornata assolata lucente, il disegno cosmico di un bambino con il pennarello.

Verso Terracina. Nel percorso, ripetizione. Sull’autobus tutti neri, tranne il presente sottoscritto, un signore che gentilmente mi ha dato sostegno ambulativo, e il conducente. Quando ritorno dall’ospedale, attraversando la signorile Terracina, per il treno a Monte San Biagio tutti neri, nell’autobus, tranne me e il guidatore. Nel treno moltissimi stranieri, neri, specialmente, che non giungano a Roma. Lo stesso mi era avvenuto tempo passato, avanti la mia virulenza, scendendo in Sicilia, da Napoli a Reggio Calabria, Villa San Giovanni, vere masse di neri, sovente con dei fagottoni enormi. Non esagero: mi parve di non vivere in Italia. Noi ignoriamo il nostro Paese. I piccoli centri. Le effettive condizioni del lavoro, dei lavoratori, chi sono. Le ragnatele sotterranee. Stiamo subendo a minimi dosaggi una sostituzione di popolazione, sostituzione, di eguali non credo ne siano accadute, neanche nei secoli della crisi dell’impero romano. Bisogna risalire all’occupazione musulmana, al termine del primo millennio per confrontare qualcosa di simile. Ma questa volta non ha i caratteri bellici del passato, avesse i caratteri bellici ci difenderemmo, sarebbe la guerra e quindi appunto ci difenderemmo In questa maniera quotidiana silenziosa se pur gridata ma con minime conseguenze al gridare, apparentemente umanitaristica, in sostanza come uso del lavoro, gli stranieri ci stanno sostituendo. Un evento ipertrofico, gli stranieri ci stanno sostituendo!

Assistiamo a occhi bendati a una sostituzione di popolazione mai vista, appunto. Scrivo, ho scritto insistentemente che occorre distinguere l’immigrazione integrativa dall’immigrazione sostitutiva. L’immigrazione integrativa è naturale, socialmente, entità straniere si muovono e vivono in Paesi altrui accettandoli ed essendo accettate se e in quanto non scuotono le proporzioni degli abitanti. Ma quando un Paese non genera e gli immigrati non solo entrano ma sono fruttiferi l’immigrazione è palesemente sostitutiva, non solo, è sostitutiva in forma geometrica. Se una famiglia straniera genera tre figli, costoro non avranno tre figli ma nove e costoro ne avranno ventisette, se una nazione genera un figlio dimezziamo a ogni generazione, il calcolo è da scuola elementare, saremo sostituiti e minoritari a breve. Si dirà: siamo tutti esseri umani, italiano, asiatico, africano, tutti umani siamo. Falsissimo. Per natura siamo umani ma per civiltà siamo cattolici, mormoni, confuciani, liberali, neoclassici. Dunque non siamo intercambiabili, questo o quello è lo stesso, ciò comporterebbe una desertificazione valutativa, atto essenziale del nostro particolare ed epocale nichilismo “blasé”.

Al concreto “storico”: la Russia, se fosse lecito l’umorismo nella tragedia, è la nemica dell’Europa, addirittura la nemica dell’Occidente o stiamo sbagliando nemico? A qualcuno viene in mente che se tutto quel ce facciamo per contenere e sconfiggere la Russia, lo facessimo per contenere l’immigrazione sostitutiva e per incrementare le nascite ci salveremmo dal più desolante destino di un popolo, essere sottomesso da masse che metteranno i piedi sul nostro tavolo, giustamente spregiando chi si distrugge da sé? Il denaro che spendiamo per contrastare la Russia lo spendessimo per favorire le famiglie a generare ci salverebbe o crediamo che ci salveremo se diamo scacco alla Russia, con dubitabilissime vicissitudini? Mentre la rovina nostra è certa se non generiamo, la salvezza se roviniamo la Russia è dubitabilissima, ripeto. Qualcuno che non mentisce può sostenere il contrario? Ragioniamo. La sconfitta (in che forma?) della Russia è determinante per la rinascita delle nascite? Ho scritto e me ne convinco maggiormente, diverremo Eurafrica, nei meandri dei nostri paesini vi sono neri diffusi incredibilmente, immessi, non dico le grandi città.

Lavorano oscuramente, coprono gli spazi, crescono il loro potere crescendo di numero, sono indispensabili, generano alla mussulmana. Stiamo sbagliando nemico per ragioni discutibili. Per vendere armi, per invadere i mercati invasi dalla Russia nel campo delle energie, per spartire la pelle della Russia tra i paesi baltici, la Svezia, la Polonia, anche la Germania, o sognarlo, tentarlo? Per invalidare la Russia in relazione alla Cina? E dopo invalidare la Cina? Per consentire agli Stati Uniti di spezzare le relazioni tra a Europa, Russia e Cina e avere l’Europa come mercato delle armi, delle energie, della tecnologia? Per ricostruire l’Ucraina dopo averla fatta devastare? Per impossessarsi delle materie prime russe volgendola alla democrazia? Si badi: gli Stati Uniti avevano dichiarato per voce di Mike Pompeo, segretario di Stato del presidente Donald Trump che mai avrebbe acconsentito al Nord Stream 2, questo ben prima della guerra (lo documento in un mio saggio sulla Rivista di studi politici internazionali). Via dalla Russia. Ci volgiamo all’Africa, anche all’Africa, soprattutto all’Africa per sostituire la Russia, ossia al continente che ci sta invadendo, aiutandolo a crescere, ossia invaderci maggiormente. Credere che l’Africa da cui acquisteremo maggiormente faccia sostare gli emigranti mentre noi non generiamo: qualcuno può essere tanto irregolare da concepirlo?

Non si tratta della normale immigrazione, si tratta di una immigrazione sostitutiva, non saremo padroni di casa nostra. Se lottiamo per la sovranità Ucraina dovremmo lottare anche per la nostra sovranità e smettere questa commedia tragica di credere di salvare la nostra sovranità difendendo l’Ucraina, la nostra sovranità la dovremmo difenderla dalle migrazioni sostitutive. Sarebbe un paradosso millenaristico dopo aver fatto tante riunioni, tanta collazione di armamenti, tante sovvenzioni per la sovranità Ucraina perdere la nostra sovranità, addirittura aiutando i Paesi africani ad arricchirsi sostituendoli ai russi, illudendoci che cesseranno le migrazioni, da popoli che suscitano figli con mentalità diversissima dalla nostra, insopprimibilmente generativa. Questi sono i fatti: noi stiamo aiutando Paesi africani musulmani ad arricchirsi senza garanzia che non ci invano.

Niente da dire, ho avuto africani e africane in casa, degnissimi, uno davvero di superiore correttezza. Ma i rapporti personali non rientrano nel girone della storia sociale. Posso stimare gli africani, gli stranieri ma non volere che ci sorpassino. Distinguiamo. Mi dispiace che sono stati dei malesseri a costringermi alla reclusione ma uscendo dopo mesi mi hanno consentito di percepire che si cela nel segreto dei nostri piccoli Paesi (e non soltanto): stranieri, brava gente, pessima gente, bambini con larghi occhi da dondolarli a guardarli mentre si addormentano al nostro canto nenioso, donne chiocce circondate da figlioletti, maschi pettoruti orgogliosi di tenere il figlio, lo spettacolo della famiglia, la famiglia, una entità per noi in declino. Sia che sia, noi abbiamo avuto la nostra civiltà, la nostra lingua, la nostra arte, la nostra gente. Noi dobbiamo mantenere la nostra civiltà per il nostro popolo. La guerra attuale è un segno terribile di suicidio omicida. Non c’è territorio in cui non stiamo spargendo sale. Lottiamo pure l’autocrazia russa, il totalitarismo cinese ma lottiamo la rovina contro noi stessi da parte di noi stessi.

Non si può assistere alla fine del mondo classico, alla fine dell’alimentazione naturale, alla fine demografica solo perché combattiamo a favore dell’Ucraina quasi esaurissimo le nostre mete. Combattiamo anche per favore l’alimentazione naturale, la conservazione dell’identità sessuale magari più comprendente, soprattutto combattiamo perché il nostro tipo umano europeo nazionale resti nei luoghi dove ha creato la sua civiltà e non la faccia ghermire da altri per mancanza di soggetti, addirittura, un teatro senza attori. E specialmente: che l’Ucraina non sia il manto di coperture delle altre mancanze, degli altri fallimenti. Talvolta si ha l’impressione che si consente tutta la degenerazione possibile ma dato che combattiamo la Russia siamo esaltabili. L’Unione europea si riunisce fondamentalmente per elogiarsi nel combattere la Russia. Ma le degenerazioni di cui ho dato cenno esistono, e sono degenerazioni. Esigono che vengano combattute. Non è la vittoria sulla Russia ce salverà l’Europa. La vittoria decisiva è contro la propria dissoluzione in tutti i campi. Quando sarà vietata la bistecca sintetica, quella sarà una vittoria assoluta. Quando fioriranno i neonati con le manine che stringe un nostro dito, quella è una vittoria! Altrimenti avremo vittorie esterne problematiche, forse ingannevoli, e sconfitte interne reali.

Aggiornato il 08 febbraio 2023 alle ore 09:27