Medici aggrediti e farmaci mancanti: interviene il ministro Schillaci

Due emergenze preoccupano il ministro della Salute Orazio Schillaci. Da una parte la vicenda legata alle continue aggressioni subite dai medici. D’altra parte, la carenza di farmaci. Al momento, si registra un problema “arrivato a livelli mai visti neanche in piena emergenza Covid”, secondo i distributori. Così Schillaci ha deciso di agire. A partire da un accordo per consentire alle forze di polizia di intervenire rapidamente negli ospedali in caso di aggressioni nei confronti dei medici. Prende corpo un patto tra le Aziende sanitarie e le Prefetture. Dopo l’ennesimo episodio di violenza in corsia, l’aggressione subita dalla 28enne specializzanda Adelaide Andriani di turno alla guardia medica di Udine, e con i sindacati dei medici sul piede di guerra tanto da invocare la presenza dell’Esercito, il ministro della Salute Orazio Schillaci corre ai ripari e annuncia un’iniziativa con il ministero dell’Interno proprio per porre un freno a episodi che si fanno sempre più ricorrenti. Come il governo intenda muoversi lo spiega il presidente della Federazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) Giovanni Migliore: stipulare dei protocolli con le forze dell’ordine che pongano al centro la sicurezza di medici, infermieri e operatori sanitari e consentano interventi rapidi negli ospedali e nei luoghi di cura in caso di violenza. Ma non solo: il presidente dell’Ordine dei medici Filippo Anelli chiede che la presenza delle forze di polizia sia sempre garantita nei presidi ospedalieri delle aree più a rischio e che si arrivi allo stop dei turni di notte nelle guardie mediche, prevedendo degli accordi con il 118 per l’assistenza notturna. “Questo potrebbe rappresentare un modello efficace – dice Anelli – per contrastare il fenomeno delle aggressioni”. Episodi che, sottolinea invece Migliore, costituiscono “un vero e proprio attacco al Servizio sanitario nazionale” perché “mettono a repentaglio la sicurezza dei professionisti e quella dei cittadini e violano il diritto alla salute tutelato dalla Costituzione, imponendo un cambio di passo culturale”.

Un cambio di passo che, come dimostra quanto accaduto sabato ad Udine, è tutt’altro che iniziato. La 28enne è stata aggredita assieme alla collega Giada Aveni dall’accompagnatore di un paziente, che ha tentato di strangolarla. I segni sul collo sono evidenti, come testimoniano alcune foto postate sui social da Aveni per denunciare l’accaduto. E per la 28enne è stato il punto di non ritorno. “Ci stavo pensando da tempo – ha raccontato la giovane – lascerò la professione medica. Questo episodio è stata l’occasione per decidere di fare altro”. Per avere più sicurezza c’è anche chi invoca la presenza dei militari in corsia. “Militarizzare i luoghi di cura potrà apparire una misura esagerata – dice il presidente del sindacato dei medici Federazione Cimo–Fesmed Guido Quici – ma ci troviamo di fronte a un’emergenza e dunque serve un’operazione Ospedali sicuri”. La proposta ha suscitato l’immediata reazione del Cocer dell’Esercito, attraverso il delegato Gennaro Galantuomo. “Siamo esecutori di ordini, pronti a fronteggiare qualsiasi evenienza, ma è proprio necessario che sia l’Esercito a occuparsi di queste mansioni? Anche perché distoglieremmo gli uomini da altri incarichi”. Senza contare che, aggiunge, “sarebbe imbarazzante svolgere funzioni che di solito svolgono le forze di polizia”. Il vicepresidente del Friuli Riccardo Riccardi propone invece il potenziamento “della telesorveglianza e della vigilanza”, mentre il sindacato dei medici dirigenti Anaao–Assomed Fvg risolleva la questione della posizione contrattuale dei medici specializzandi, “che prestano il loro servizio presso gli ospedali come studenti, con borse di studio erogate dalle Università, e con tutele molto differenti dai medici dipendenti ospedalieri” invocando un contratto di lavoro che “strutturi e ben definisca ruoli e competenze”. Sulla tutela e sulle regole per il personale sanitario sono al lavoro anche le Regioni: Riccardi ha annunciato l’intenzione degli assessori alla sanità di “pronunciarsi con un documento congiunto, chiedendo a governo e parlamento di metterci mano”.

Intanto, i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di padre e figlio accusati di avere picchiato Salvatore Petta, gastroenterologo dell’ospedale Policlinico di Palermo, provocandogli diverse fratture. Il gip ha disposto gli arresti domiciliari per il padre, Simone Chimento, mentre per il figlio Lorenzo è stata disposta l’obbligo di presentazione alla pg e di dimora. L’aggressione risale al 10 luglio scorso: terminato l’orario di visita consentito, il medico di guardia aveva invitato la figlia di una paziente a uscire. La donna è però tornata con padre e fratello, che hanno aggredito con calci e pugni il gastroenterologo lanciando contro di lui anche una scrivania. Frattanto, Schillaci istituisce un tavolo di lavoro permanente che monitori la carenza di farmaci. Oltre 3mila specialità sono temporaneamente mancanti, tra cui anche molti di uso comune, dal Brufen alla Tachipirina. Una carenza su cui pesa il boom di casi Covid in Cina ma forse anche fenomeni di speculazione. Mentre l’appello dei farmacisti è quello di “evitare accaparramenti”, le aziende “stanno facendo ogni sforzo per garantire la produzione”, assicura Farmindustria. La linea del Ministero della Salute è quella di individuare i farmaci che registrano una reale carenza, provvedere con interventi di risposta a breve e medio termine per far fronte tempestivamente ai bisogni dei cittadini e definire attività di comunicazione. L’obiettivo è anche quello di evitare allarmismi e conseguenti ingiustificate corse all’acquisto. A spiegarlo è stato lo stesso ministro della Salute Orazio Schillaci nel corso del primo incontro del tavolo permanente, che vede la partecipazione di rappresentanti dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e della filiera farmaceutica, oltre a Nas e medici. “Auspicavamo un intervento istituzionale perché avevamo iniziato a denunciare questo fenomeno già 4 mesi fa e la situazione è ormai insostenibile. I fenomeni di carenza di farmaci che vediamo ora non li abbiamo visti neppure in piena emergenza Covid”, afferma Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi, che rappresenta la distribuzione intermedia del farmaco.

“Tra i farmaci difficili da trovare ci sono antinfiammatori come Brufen, Nurofen e Moment, mucolitici come Fluimucil, antifebbrili come la Tachipirina, antibiotici come Cefixoral”, spiega Silvestro Scotti, segretario della Federazione medici di medicina generale (Fimmg). Pesa in questo periodo, precisa, “un elevato utilizzo di antinfiammatori, considerando che abbiamo un’influenza che quest’anno ha fatto un 20 per cento di contagi in più e che gira in contemporanea al Covid, per il quale si usano gli stessi farmaci sintomatici”. Ma per altre specialità “ci possono essere anche delle forme di speculazione, simili a quelle viste sui carburanti. Molti dei farmaci carenti, infatti, sono prescrivibili e hanno un prezzo concordato ma hanno gli stessi principi attivi di farmaci da banco con prezzi determinati da domanda e offerta”. Angelini, una delle molte aziende che vedono alcuni loro farmaci ora non disponibili in farmacia, spiega che la carenza è comunque temporanea. “L’emergenza è mondiale e tra le tante le cause, vi è anche l’epidemia di Covid in Cina” che è “produttore principale di principi attivi e in questo momento deve tenere aperte le linee produttive mentre i casi crescono e in parallelo aumenta la richiesta interna di medicinali”, spiega il presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (Fofi), Andrea Mandelli. “Ben venga quindi – sottolinea – il tavolo per affrontare quella che abbiamo definito come una ‘tempesta perfetta’”. Ma, “dobbiamo anche spiegare agli italiani che bisogna fidarsi del farmacista, che saprà dare alternative. E devono evitare di fare scorte, togliendoli a chi ora ne ha bisogno”. “Dei 3mila farmaci individuati come mancanti dall’Aifa, 1.500 sono sostituibili”, afferma Marcello Cattani, presidente di Farmindustria. Dal canto loro le aziende, prosegue, “stanno facendo ogni sforzo per garantire continuità di produzione, cercando di reperire principi attivi e materie prime su altri mercati, oltre a quelli in genere utilizzati”. Quanto alle cause, “le carenze non sono imputabili all’export”. Il problema, invece, è che “l’Italia è tra i principali produttori di farmaci ma dipende dall’estero per quanto riguarda i principi attivi e il materiale per il packaging”.

Aggiornato il 12 gennaio 2023 alle ore 16:11