Civiltà estetica

Non bisogna considerare perduta la battaglia anzi la guerra per la civiltà espressiva, schiacciata dai mezzi di comunicazione di massa che possono degradare il livello della cultura dando rilievo all’irrilevante per la potenza dello strumento con cui viene diffuso. È giustificato il timore di una alterazione di valori e che predomini quanto è massimamente diffuso non la qualità. Ma è anche vero il contrario. Esiste una cultura dignitosa, coraggiosa, incurante della diffusione livellatrice, spesso alterativa, ripeto, della qualità, anzi considera qualità la quantità. Piccoli gruppi più o meno sconosciuti hanno un riguardo interpretativo, una serietà di scelta ce non esiste nei grandi consorzi clamorosi. Al dunque, poco nota al grosso pubblico, notissima e amatissima dagli appassionati di musica lirica: mi riferisco a Dido and AEneas di un incredibile musicista inglese, incredibile perché l’Inghilterra non ha tradizione di opera lirica sua propria.

Purcell (1659-1695) è un compositore barocco, il canto non è dispiegato in “arie” melodiche come avverrà successivamente, è segmentato, spezzato, mutato, sovente quasi un parlato con scatti improvvisi, animazione perpetua, inaspettata, serpentinata, libera, un raccordo di strumenti e vocalità acrobatico, non l’accompagnamento del suono alla parola ma intarsio seghettato, millesimale, una minuzia e avverrebbe la disarmonia. Dicevo: non la “romanza” a voce melodica estesa, lunga, ma una versione onnilaterale, branchiale polimorfica. I cori invece sono di una schiettezza stentorea, una rigidità fluida, se posso dire, solenni ma non gravi, di una solenne levità, gli strumenti pochi, quasi rustici, graffianti, incisivi nell’ascolto. Dico, in questa opera, non sul barocco, su Dido and AEneas.

Una purezza stremata di suono, non un minimo superfluo, asciuttezze limpidezza semplice schietta pulita e pullulante di alti, bassi, sghembi, spostamenti, e una severità schietta ma non ossificata nei cori. Ho avuto l’occasione di ascoltare e vedere l’opera molti, molti anni fa, una buona rappresentazione, chi cantava come “strega” era una amica e la sua voce alquanto rauca dava il personaggio. rilevante. Vengo a conoscere che vi è una esecuzione. Temo ormai le esecuzioni di lirica. I registi strabiliano epoca, concezioni degli autori, e non è tollerabile. Invece! Perfetta esecuzione, anzi: quasi perfetta, per non dare limiti alla possibilità ulteriore. Magnifica la piccola orchestra, suoni asciutti ma non essiccati, graffiati, concisi, netti, drammatici nella loro semplicità scarna, penetrante nell’ascoltatore, le voci non perdevano un milligrammo di connessione tra canto e accordo musicale un gioco a scacchi a mossa e risposta, nel barocco questo è impervio e fondamentalissimo perché il canto barocco non è un canto melodico ma zigzaghino quindi l’intersecazione con gli strumenti è udibile nettamente.

Gli strumenti non accompagnano ma entrano nelle voci e viceversa. Gli interpreti adeguati ai ruoli. la storia è nota Enea, sconfitta Troia, ha quale scopo dal Fato suscitare una seconda Troia. Roma, costituirà l’impresa delle enneadi. Il testo è di Nahum Tate. Un approdo del viaggio di Enea è Cartagine, regna Didone, vedova di Sicheo, la quale si appassiona di Enea, e lo vorrebbe tenere e trattenere, le Streghe inducono Enea a partire inviando un falso Mercurio emissario di un Giove inesistente Enea, tuttavia, vorrebbe rimanere con Didone, la quale delusa dalla incertezza di Enea lo abbandona, e soffre, canta una tra le massime desolazioni dolenti della musica e della poesia universale, invocando il ricordo da Enea.

Abiti bianchi, coro nitido, non sentimentalistico, categorico ma non rigido, rispettati i lineamenti sonori e ambientali. Le streghe le preferirei meno eleganti e alquanto sganasciate. Didone più straziata. E il canto dell’addio. Ma forse, una regina ha contegno pure o specie nel morire. E Purcell non è un romantico. Quindi sia come è stato. Il gruppo musicale è memorabile, resta nella sonorità interna, scorticato, aspro, incisivo, pochi strumenti efficacissimi. A quanto vedo, leggo, ascolto è una studiosa della musica antica e la musica barocca a organizzare e dirigere l’insieme, Annalisa Pellegrini, i solisti ed il gruppo vocale hanno per denominazione RomEnsemble, il gruppo musicale CivicAntiqua.

La coreografia dello spettacolo è di Anna Colin. Didone: Laura Testa; Enea: Sofia Papadopoulos; Belinda: Cecilia Goletti; La Maga: Cecilia Alves Da Silva; Due Streghe: Irina Boutychkina e Paola Maggiolini; uno Spirito: Irene Moretti; un Marinaio: Federico Della Rocca. Al Clavicembalo, Maria Lettiero. Varrebbero anche gli altri esecutori vocali e strumentali. Il tutto al Teatro Vignoli, via D’Alviano, I, Roma. Bene, ottimamente, Annalisa Pellegrini ed i gruppi nominati compiono ciò che è necessario, salvare la qualità, non farsi trascinare dalla diffusione quantitativa come valore valutante. Quanto hanno fatto resta nella memoria maggiormente che il frastuono cachiforme di spettacoli enfiati. Francamente, i Cori, anche se costanti nella reiterazione, sono stati penetrantissimi, scanditi per sempre, e quella minuscola orchestrina che le mani di Annalisa Pellegrini dirigevano quasi di nascosto in un angolo del palcoscenico non si dimenticano. Una cultura “segreta” che salva la civiltà.

Aggiornato il 09 gennaio 2023 alle ore 17:18