O la borsa o la scala

È piccolissima, azzurra, ha le zampette rosse e riproduce un facciotto un po’ impacciato. È una borsetta che a malapena contiene portafogli e specchietto da trucco. Il sito Internet avverte: ne rimane una, non perderla! Certo, un affare così non capita tutti i giorni: è di Hermès, si chiama “Quelle idole mini”, ovviamente di seconda mano e potremmo averla a soli 106.622 euro, spedizione esclusa, beninteso. Ma il nome richiama la storica Kelly (di Grace) di cui è doll, bambola. Fa impressione non tanto il calcolo dei seicentoventidue, quanto il rettangolo in basso a destra che quotidianamente troviamo nella spesa online di detersivi e pomodori pelati: “Aggiungi al carrello”. Che, in questo caso dovrà contenere forse metà dei gioielli della Corona, per fare degna compagnia alla faccia con manico in buone condizioni. E c’è chi ci sta anche a pensare: basta un attimo e puff, la borsetta sparisce ad opera di qualche anonimo dal clic facile che non si spaventa per ventidue euro oltre la cifra tonda. E ora come ci si presenterà al tè benefico un po’ frivoletto?

Semplice: usato per usato, si noleggia: tre giorni di Dior centoventi euro, ma se si vuole quella con il pataccone cd bene in vista fanno 135. In fondo è un mito a buon mercato perché Bottega Veneta, per gli stessi tre giorni costa centotrenta, e se poi se si vuole risparmiare, una Prada a centocinque euro ci farà fare un figurone: tanto, portare due volte la stessa non sarebbe per nulla chic.

Giorgia ha sopportato il Boris Godunov dal palco reale che, in quanto tale, si addice a lei che è di destra. Ma alla prima della Scala nessuno ha criticato la sua politica, solo il vestito: bello, ma di Armani. Dunque, Armani è di destra, e subito dopo qualcuno scava nei sospiri politici di Re Giorgio mentre fuori, in piazza, contestazioni talmente puntuali da far pensare che se il 7 dicembre di un prossimo anno gli scalmanati scioperassero il teatro metterebbe a disposizione comparse vestite da violenti invece che da antichi egizi.

Perché la tradizione va rispettata, dentro e fuori. Il fatto è che quest’anno, l’avere additato l’abisso fra lo sfoggio di toilette delle dame e i poveri al freddo ha assunto, in molti media, il tono di una scoperta rivoluzionaria.

Qualche genio ha notato che la disparità sociale esiste in tutto il mondo, e da qualche secolo se ne parla con risultati più o meno incoraggianti anche lontano dal monumento a Leonardo. La comunicazione social e para-social ha banalizzato e schematizzato gli argomenti seri rendendo quel che resta dell’informazione politica qualcosa di digitale, uno o zero, contatto, non contatto. Così le diseguaglianze si notano solo se ci sono lustrini, che rifrangono la luce, mentre un esercito di sciurette sospira nell’ombra pensando che borse firmate second hand stanno in un grande cestone web, diecimila l’una per l’altra, piccole screpolature, metti nel carrello, comode rate e passa la paura. L’apparenza non conterà, ma se quei carrelli sono pieni vuol dire che il problema non è destra e sinistra, è la superficialità con cui ci si esibisce in lezioni di politica sociale mentre le borsette in offerta sono solo un granello della montagna di assurdità che ci fanno capire che non siamo poi tanto progrediti rispetto a chi stava in quel vecchio palco della Scala, nel gennaio dell’(altro) novantatré.

Aggiornato il 12 dicembre 2022 alle ore 09:37