Minori vittime di abusi: dove corrono i pericoli

Tra i reati dove sono vittime i minori, il maggiore aumento nell’anno è relativo all’abuso dei mezzi di correzione, la violenza sessuale e la violenza sessuale aggravata perché commessa presso istituti di istruzione: per quest’ultimo, l’incremento è del 54 per cento (con un aumento del 58 per cento delle vittime). Nel complesso, per quanto riguarda i reati contro i minori, tra le vittime prevale quasi sempre il genere femminile. La fascia anagrafica con il più alto numero di vittime è quella sotto i 14 anni, tra gli autori dei reati troviamo uomini tra i 35 e i 64 anni (62 per cento). Questo è uno dei passaggi sull’andamento dei reati riconducibili alla violenza nei confronti dei minori, realizzato dal Servizio analisi criminale coordinato dalla Direzione centrale della polizia criminale.

Sempre nel rapporto, è evidenziato come siano raddoppiate le vittime minorenni colpite dal reato di “sextortion”, il ricatto a sfondo sessuale per estorcere denaro. Una variazione in percentuale sul totale dei casi analizzati nel 2021 (101) è stata del +94 per cento rispetto ai dodici mesi precedenti. Secondo il report, “la sextortion impatta su vittime minorenni, con effetti lesivi potenziati: la vergogna che i ragazzi provano impedisce loro di chiedere aiuto ai genitori o ai coetanei”. Nel 2021 – su 101 casi – 77 hanno riguardato la fascia 14-17 anni e 23 quella 10-13.

I pericoli, inoltre, corrono anche sul web. Così il documento: “È necessario riconoscere che, nei luoghi virtuali delle sempre più frequenti interazioni online, stanno emergendo ulteriori fenomeni nuovi e preoccupanti, quali l’adescamento online, il cyberbullismo, la sextortion, il sexting, ovvero lo scambio di messaggi testuali o di immagini private con contenuto sessuale. L’inesperienza legata alla evidente curiosità sessuale dei giovani induce, in particolare gli adolescenti, e talvolta i bambini, ad essere più esposti a quelle situazioni di pericolo che potrebbero poi condurli verso un insidioso percorso fatto di umiliazioni, minacce, ricatti, richieste di denaro, con conseguenze negative sul loro sistema relazionale e sociale, fino al completo isolamento ed alla crisi d’identità. La paura e la vergogna di essere derisi, sminuiti, violati nella propria privacy ed intimità, additati e riconosciuti attraverso immagini rese pubbliche – prosegue – possono avere, quali ulteriori effetti, quelli dell’autoisolamento e del silenzio, forme di condizionamento tanto forti da indurli a non confidare ad alcuno, che sia esso un amico, un insegnante o addirittura un genitore, la drammatica esperienza vissuta. Questo forse il motivo per il quale il fenomeno risulta sottostimato, seppur in evidente incremento negli ultimi tempi, come rappresentato dal Servizio di Polizia postale e delle Comunicazioni, “specialità” della Polizia di Stato all’avanguardia nell’azione di prevenzione e contrasto della criminalità informatica, della quale si riporta di seguito uno specifico contributo sulla tematica”.

PEDOFILIA, REPORT CEI: I CASI SEGNALATI

“Nel biennio in esame il totale dei contatti registrati da 30 Centri di ascolto è stato pari a 86, di cui 38 contatti nel 2020 e 48 nel 2021”. Lo dice il primo Report sulla rete territoriale di Servizi diocesani e inter-diocesani per la Tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Cei in relazione alle segnalazioni di presunti abusi sessuali nel biennio 2020-2021. I casi segnalati, “anche per fatti riferiti al passato, riguardano 89 persone, di cui 61 nella fascia di età 10-18 anni, 16 over 18 anni (adulto vulnerabile) e 12 under 10 anni. Il profilo dei 68 presunti autori di reato evidenzia soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni all’epoca dei fatti, in oltre la metà dei casi. Il ruolo ecclesiale ricoperto al momento dei fatti è quello di chierici (30), a seguire di laici (23), infine di religiosi (15). Tra i laici emergono i ruoli di insegnante di religione; sagrestano; animatore di oratorio o grest; catechista; responsabile di associazione”.

Monsignor Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Cei, sostiene: “A livello personale ho visto tanti casi di questo genere, che cosa è cambiato in questi anni? Secondo me c’è una coscienza diversa riguardo alle vittime, il vero cambiamento c’è stato nel momento in cui abbiamo cominciato a metterci nei panni delle vittime, non dei sacerdoti o dell’istituzione… Quando abbiamo cominciato a metterci nei panni delle vittime – continua – abbiamo cominciato a cambiare stile ma anche in Italia il reato di pedofilia è piuttosto recente, risale agli anni Novanta, e sulla pedopornografia anche dopo, parliamo del 2000, 2008. C’è una presa di coscienza anche a livello culturale, prima l’idea era che i panni sporchi si lavano in famiglia, è ora che i panni sporchi non si lavino più in famiglia”.

Aggiornato il 17 novembre 2022 alle ore 15:49