Un eroe del nostro tempo

Talvolta bisogna essere orgogliosi, vanitosi, anche superbi, riusciamo a compiere fini che temevamo irraggiungibili, occorre volontà volitiva, non perdere tempo, dormire quanto basta a riempirsi di energia, e poi al lavoro al lavoro. Sono riuscito, mi guardo allo specchio ammirandomi senza alcun pudore, anzi spudoratamente, sono riuscito a pagare una bolletta del telefono capitatami sulla spina dorsale, io, solo, da solo, dopo intimazioni, perenni messaggi, procedure dedaliche. Rischiavo, credo, la fucilazione. Un numero telefonico che io sconoscevo totalmente, il pagamento di un telefono per me inesistente, tuttavia a mio nome, e quindi la responsabilità senza responsabilità, e sia, ma la peripezia non fu esserne addebitato ma non riuscire a pagare, difficilissimo pagare perfino quanto non comprato e non usato! Quando chiamavo per qualche (s)chiarificazione, rispondeva una voce transumana che mi informava sulle scelte, se vuole questo digiti tale numero, se vuole altro digiti diversamente, io volevo parlare con un “operatore”, si dice così, un ente umano, niente, la “voce” mi ridava i numeri, se vuole parlare per questo, se vuole parlare per altro, digiti, digiti, io ripetevo “voglio parlare con un operatore”, la “voce” mi dava i numeri, io ripetevo, ed infine la “voce” la resi ben disposta, “se vuole parlare con un operatore resti in linea, un operatore le risponderà il prima possibile”.

Resto in linea. Sogni. Musica orribile, mozzatesta, da tapparsi, strepiti schiamazzanti, ma la “voce”, cortesissima, interveniva dolcemente: “Ci scusiamo per l’attesa, un nostro operatore le risponderà il prima possibile”. Un conforto. Però la musicaccia continuava a scuotermi il cervello, la “voce” si riscusava per l’attesa e mi assicurava che un operatore eccetera. Era il caso migliore. Sovente la “voce” mi dichiarava: “Tutti gli operatori sono momentaneamente occupati”, invitandomi a chiamare più tardi “si prega di chiamare più tardi(!)”. Oppure: “Resti in attesa per non perdere la priorità acquisita(!)”. Intendiamoci, queste sono le circostanze benefiche. Spesso, di netto, la telefonata si annientava per sua iniziativa, un silenzio definitivo uccideva il dialogo, e tenevo in pugno un telefono morto.

Riconosco che il più delle volte si scusavano per il “prolungarsi dell’attesa”. Era la musicaccia che scervellava. Ma si scusavano continuamente perché mi facevano perdere tempo, dicevano persino il tempo dell’attesa, e che volevano garantire un servizio eccetera, niente di che, educazione, premura, mi trovavo bene con la “voce”. Finché sorgeva l’alba telefonica, rispondeva un “operatore”, annunciato con un numero proprio, ed attacca “in cosa posso esserle utile”. Strabiliante, una disponibilità da vecchi tempi. Ma istantaneamente voleva sapere nome e cognome, la mia data di nascita, il mio codice fiscale, i motivi della mia chiamata, e tutto l’insieme da persona straniera, pare che di italiani rispondano pochissimi e nel caso viene detto come una rarità, “risponde dall’Italia”! Io spiego che dovrei, devo pagare per un telefono ed un numero a me ignoti.

Non lo avessi mai dichiarato! Innanzi tutto mi fanno testo che io ho già chiamato per la faccenda ,poi che telefono e numero sono attribuiti a me, dunque devo pagare, replicavo: se esisteva maniera di negare l’attribuzione, sì, potevo fare il “disconoscimento”, intanto pagare, le date erano scadute, dichiaravo che non avevo ricevuto moduli per il pagamento, sosteneva che mi erano stati inviati, negavo, affermava, rinegavo, insisteva, non sempre coglievo quel che diceva, non sempre mi comprendeva, ripetevamo tre quattro cinque volte la stessa proposizione, infine ne uscimmo con questo accordo internazionale: dovevo chiamare un altro numero, con un altro operatore, per conoscere se e come aveva inviato le formulazioni di pagamento. Ed ora, a tal punto ha piena affermazione la mia capacità della quale mi inorgoglisco pubblicizzandola.

Chiamo, voglio parlare con un operatore, musica puzzolente, operatore: come posso pagare? Me lo dichiara, ed io. Impavidamente, coraggiosamente, esponendo il petto, alzando la bandiera: pago! Dodici giorni, ma sono riuscito infine a pagare per qualcosa che non mi riguarda! Annibale che sormonta le Alpi è, relativamente, minore impresa dal parlare con “voci” fantomatiche, numeri che rimandano a numeri, musiche infettive, debiti anonimi di amletica attribuzione. Ne vado fiero. Ho pagato quanto, forse, non dovevo pagare. Tutti pagano quel che devono pagare, la mia originalità: pagare il non dovuto. Mi dispiace per gli “operatori”, si era stabilita un qualche vicinanza. Temo che li risentirò. Magari scopriranno che ho acquistato chi sa che. Attendo (s)fiduciosamente.

L’orgoglio mio non si ferma a queste imprese, ben altre imprese ho in tasca. Una passione, andare nel mercato. Quando mi recavo nei mercati siciliani, i mandarini lucidi, splendenti, le foglie verdissime, i pesci color del mare, le costardelle argentee e blu, il mare reso pesce, il formaggio intarsiato di pepe nero, forse per quella nostalgia mi gradisce viaggiare nei mercati. Adesso la situazione si fa drammatica, ben maggiore la sfida, Caio Giulio Cesare con la X Legione sfidando il Senato mi fa sorridere, si trovasse Egli al cospetto dell’aumento dei prezzi non passerebbe il Rubicone, scommetto, si fermerebbe a guardare il corso del fiume dell’inflazione senza attraversarlo. Inflazione al 10 per cento?! Ma chi statistica, Lucifero? Spesso si vanta di raggiungere il 100 per cento per 100 per cento. Vista con i miei occhi impavidi. Bisogna superare i terremoti, bisogna vivere, come diceva un filosofo per altre ragioni, con un supplemento di anima, o una volontà di potenza che il tragico Nietzsche non aveva immaginato per queste circostanze.

Lo dico a gran voce: dobbiamo diventare superuomini e superdonne dei mercati e delle bollette, anche di quelli inaffidabili, una rinnovata, storicamente attualizzata volontà di (im)potenza, la tragedia eroicomica del Ventunesimo Secolo. Una società che ha perduto ogni scopo impegna le forze per il niente difficoltoso. Una volontà dispersiva, sbriciolata, tra burocratismi labirintici ed impoverimento a lumicino. Risorgeremo? E perché no!

Aggiornato il 17 novembre 2022 alle ore 15:53