Non è manganello, i rave illegali vietati ovunque

Con i problemi concreti e urgenti di milioni di italiani, a chi interessano i rave party? Eppure, in questa Italia free dove “tutto pare permesso”, che il primo atto del nuovo Governo Meloni sia stato mettere mano alle irregolarità dei raduni musicali illegali ha scatenato i ribelli della protesta. Una nicchia vociante, che più che difendere i fatti in sé ne approfitta per farsi pubblicità e rinfocolare la mediaticità degli opposti estremismi, sta sollevando un polverone adducendo la svolta autoritaria “musica e manganello” soltanto perché il neo ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha annunciato che saranno vietati i rave irregolari, illegali e pericolosi. Poi ci lamentiamo delle morti del sabato sera, della droga che scorre a fiumi, dei giovani che sballano e di tutto l’illecito fuori controllo.

Che c’è di assurdo nel fatto che un qualunque raduno, considerando tutti gli altri che pagano tasse e Siae, debba essere sottoposto a norme precise pena reati che vanno da sei anni di carcere a salate multe? All’ultimo rave del Viterbese il proprietario del terreno ha calcolato 300 mila euro di danni, che ha richiesto allo Stato per mancato controllo. E mentre il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato sulla sua pagina Facebook “rivendico con orgoglio un provvedimento necessario”, il ministro della Giustizia e del Viminale hanno fatto sapere di essere aperti in aula ad accogliere richieste sensate.

C’è il particolare, sottolineato dal ministro degli Esteri e azzurro Antonio Tajani, che i sei anni di carcere consentirebbero le intercettazioni: “Possiamo intercettare ragazzini di sedici anni?”, ho obiettato. Neppure, però, lasciarli allo sbando di un’Italia senza regole, selvaggia e finta. Finta perché che sia musica soltanto se illegale è un’assurdità che gira sulle bocche di estremisti dell’immagine e fomentatori. La fotomodella Bianca Balti è insorta dicendo che “con tutti i rave a cui ha partecipato nel mondo sarebbe all’ergastolo”, ma è una mezza menzogna poiché i rave sono regolarizzati ovunque. Lo sapevate?

A causa degli incidenti e dalla diffusa e documentata diffusione di droghe, i raduni martellanti che durano giorni in luoghi abbandonati, sono finiti nel mirino delle autorità di mezzo mondo e i governi fin dagli anni Novanta sono corsi ai ripari. In Gran Bretagna è illegale ogni raduno con più di 20 persone che si riuniscono per ascoltare musica a tutto volume causando disturbo agli abitanti della zona. L’Entertainments Act prevede multe fino a 20 mila sterline e il Criminal Justice an Public Order Act (1994) assegna poteri alle forze dell’ordine per disperdere i partecipanti oltre ad aver introdotto il reato di mancato allontanamento.

In Francia, dopo le strette inglesi, si è creato un movimento di sindaci di destra, appoggiati da molti amministratori di sinistra, per costringere gli organizzatori a richiedere permessi legali un mese prima: se il numero dei partecipanti è inferiore a 500 è sufficiente l’autorizzazione del sindaco, altrimenti è necessario il via libera del prefetto, che può vietare il raduno se non conforme e sicuro. Di conseguenza, chi viola la norma incorre nel rischio di sei mesi di carcere e 4500 euro di ammenda. Si replicherà che è sempre meno delle annunciate strette italiane. Vero, però in Francia e all’estero è dagli anni Novanta che i raduni sono controllati, gestiti e puniti rispetto alla nostra pericolosa anarchia.

La Germania è sicuramente la più tollerante, anche se qualunque festa che non sia privata deve essere comunicata alle autorità, indicando un responsabile, la garanzia di sicurezza e igiene oltre al rispetto della quiete pubblica. A Berlino, capitale della musica techno, i rave illegali trovano maglie larghe, ma sono allo studio misure per individuare norme e garanzie per tutti i raduni compresi quelli spontanei. Lo stesso avviene in Spagna, dove le norme variano a seconda delle leggi statali, regionali o locali. E così in Belgio ed Olanda, dove le autorità intervengono a sanzionare gli illeciti individuali (uso di droghe e violazione della proprietà privata).

Ma è negli Stati Uniti che, dagli anni mitici dei grandi raduni come il memorabile Woodstock del 1969, i “rave party” hanno fatto la storia dei giovani figli dei fiori, degli hippy e dei ribelli d’America. Una storia andata di pari passo con l’avvento musicale di astri come Joan Baez e Janis Joplin, Joe Cocker e Jimi Hendrix, insomma una stagione di stelle del rock americano. Ma anche oltreoceano, nella patria dei movimenti giovanili degli anni Settanta, le cose non filarono lisce. La spontaneità delle adunate favorì lo scorrere di alcol, droga e anche di forme rituali così pericolose per cui dopo l’orrendo massacro di Bel Air, nella villa di Roman Polanski, in cui finirono la povera Sharon Tate e i suoi amici per opera della “Famiglia” di Charles Manson (il più discusso e pericoloso serial killer morto di recente dopo una vita nelle super carceri), ogni spontaneismo è scemato sotto il rigido controllo.

E la celebre sei giorni di Woodstock ha avuto difficoltà a ripetersi anche in occasione dei cinquant’anni, nel 2019. Il passato insegna e la modernità richiede nuovi approcci. Ha fatto bene la nuova premier Giorgia Meloni a garantire che non sarà toccato il diritto a riunirsi e ad esprimere dissenso. In fondo anche la destra viene da una cultura antagonista e lei stessa ha ricordato le sue manifestazioni e la sua piazza. Ma altro è cedere allo spontaneismo irregolare, in cui si possono insinuare facilmente correnti diverse, primo fra tutti il traffico smodato di crack, di stupefacenti, oltre a forme assai più sofisticate di manipolazione.

In questa fase così delicata sarebbe auspicabile la convergenza delle forze politiche per normative serie, non liberticide ma garanti per la vita dei giovani soprattutto, che dovrebbe preoccupare famiglie, insegnanti e persone avvedute. Anche il super attivo Don Ciotti di Libera ha ammesso che occorre fare molta prevenzione e che l’educazione alla libertà comincia dalla scuola. E per finire, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha esitato a firmare il decreto legge non rilevando anomalie. Non credo che si debba avere timore della legge quando la legge è la migliore garanzia contro la degenerazione, lo sballo e gli illeciti. Senza arrivare al manganello.

Aggiornato il 05 novembre 2022 alle ore 13:16