Toghe e pandemia – Parte I: la situazione in Italia

“Summum ius, summa iniuria”: così insegnava uno dei padri della civiltà giuridica occidentale come Cicerone, nel primo libro del suo De officiis, insegnamento da cui si possono evincere almeno tre distinte e spesso concorrenti circostanze: 1) l’applicazione rigorosa del diritto è causa di ingiustizia e quindi sostanzialmente anti-giuridica sebbene formalmente corretta; 2) il diritto presuppone una visione critica al di fuori di ogni ingenuo automatismo o apriorismo ideologico; 3) un diritto ingiusto – in quanto direttamente o indirettamente contrario all’essere umano e ai suoi diritti fondamentali – è l’esatto contrario di ciò che il diritto dovrebbe essere.

Qualora le leggi, le norme, le disposizioni, i regolamenti si trasformino in ingiustizia, cioè in anti-diritto, ecco allora che bisogna approntare dei rimedi e delle soluzioni: la disobbedienza civile, l’obiezione di coscienza, o, ancor meglio, il ricorso ad una autorità diversa e terza rispetto al Governo e al Parlamento – come dovrebbe essere quella giudiziaria – che sia in grado di rimediare alle storture, capace di fare giustizia, cioè di restituire il maltolto dando a ciascuno il suo, secondo il nobile modo di concepire autenticamente, appunto, il nucleo solido del diritto.

Del resto è proprio questa la distinzione tra il mero leguleio, che accetta acriticamente tutto e rimane inerte sotto la pioggia battente delle norme anche di quelle più bizzarre espressione dell’arbitrio e del capriccio di chi detiene il potere, e il giurista, che, invece, strutturalmente emancipato dal timore reverenziale verso il potere, inerte non è e trova riparo sotto le fronde del superiore principio di giustizia.

In tale direzione si è mossa e si sta muovendo quella che può essere definita come “giurisprudenza pandemica”, cioè l’insieme di quelle sempre più numerose (attualmente si sfiora quasi il centinaio) pronunce dei tribunali su tutti quei provvedimenti di gestione della pandemia che in un modo o nell’altro sono stati causa di ingiustizia e di lesione di interessi e diritti, patrimoniali e personali, che adesso devono essere riconosciuti e tutelati.

Data l’ampiezza del tema è ovviamente impossibile riportare in questa sede la panoramica completa di ciò che oramai da settimane e da mesi sta accadendo nei tribunali di tutta la penisola, ma alcune delle più importanti pronunce possono essere ricordate, specialmente le 11 ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale che sospettano profili di illegittimità costituzionale di molti provvedimenti anti-pandemici adottati dal Governo, per dare cittadinanza ad una corretta informazione e per offrire ai cittadini di questo sfortunato Paese un elemento di consapevolezza maggiore sulla gestione della pandemia e sulla differenza tra ciò che è giuridicamente legittimo e ciò che non lo è.

Preliminarmente occorre precisare che i tribunali italiani hanno subito una singolare, ma interessante inversione di tendenza.

Se nelle prime fasi della pandemia, infatti, le Corti – soprattutto quelle amministrative – erano coese nel rigettare e respingere la stragrande maggioranza dei ricorsi presentati (come per esempio contro i lockdown, contro gli orari di chiusura e apertura degli esercizi commerciali o della ristorazione, contro le sanzioni irrogate per le autodichiarazioni false o pretestuose ecc), dal tardo autunno del 2021 e specialmente dall’inverno del 2022 l’orientamento è radicalmente mutato, in particolare con l’avvento delle prime risposte di tutela offerte dalla giurisprudenza ordinaria, specialmente da quella delle sezioni lavoro dei diversi distretti giudiziari nazionali che hanno cominciato a reintegrare – perfino nelle retribuzioni arretrate – i lavoratori ingiustamente sospesi e brutalmente privati dei più elementari mezzi di sussistenza per sé e per la propria famiglia in aperta ed evidente violazione dell’articolo 36 della Costituzione.

Così, se il piccolo Tribunale di Velletri, nel novembre del 2021, per primo ha reintegrato un lavoratore sospeso considerata la rilevanza costituzionale dei diritti compromessi (dignità personale, dignità professionale, ruolo alimentare dello stipendio), il Tribunale di Pistoia, il 4 marzo 2022, sull’assunto che gli stessi foglietti illustrativi dei vaccini Pfizer e Moderna, pubblicati sul sito dell’Aifa, escludevano la raccomandazione della somministrazione in soggetti di età inferiore ai 12 anni, giustamente non ha autorizzato l’utilizzo dei vaccini sui minori della predetta età nell’ambito di una causa occorsa tra genitori di cui uno intendeva procedere alla vaccinazione dei figli mentre l’altro vi si opponeva.

Così si sono mossi anche i Tribunali di Ivrea, Termini Imerese, Milano, Pesaro, Pisa, Napoli, Brescia, Padova, Busto Arsizio, Modena, Grosseto, Firenze, Piacenza, Torino ecc.

Anche i Tar, intanto, hanno corretto la rotta inizialmente tracciata, cominciando a emanare provvedimenti di accoglimento delle richieste cautelari di sospensione delle sospensioni dei rapporti lavorativi di molti pubblici dipendenti della scuola, della sanità, delle forze dell’ordine e delle forze armate: in tale direzione il Tar Lombardia, il Tar Basilicata, il Tar Lazio, il Tar Umbria, il Tar Veneto, il Tar Toscana, il Tar Friuli Venezia Giulia, il Tar Campania, e il Consiglio di Giustizia Amministrativa (Cga) della Regione Sicilia che con due distinte ordinanze (la prima del 22 marzo 2022 e la seconda del 7 settembre 2022) ha sollevato questione di legittimità costituzionale sull’obbligo vaccinale per un vaccino che – oramai cosa nota e scientificamente documentata (oltre che ammessa dalla stessa Pfizer) – non è in grado di bloccare il contagio né l’insorgere della malattia.

Una vera e propria valanga di pronunce, insomma, che sta abbattendo passo dopo passo e giorno dopo giorno, molti di quei provvedimenti emanati per la gestione della pandemia che seppur formalmente corretti erano sostanzialmente anti-giuridici poiché in frontale ed evidente violazione di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.

In questo senso si spiegano le numerose ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale che nel giro di pochissimi mesi si sono affastellate chiedendo la censura dei molteplici profili di illegittimità costituzionale delle misure anti-pandemiche che sono state adottate nell’ultimo biennio dal precedente Governo Draghi.

Oltre le due predette del Cga siciliano, infatti, occorre menzionare la prima del Tribunale di Padova del 7 dicembre 2021 a cui è seguita la seconda del medesimo Tribunale in data 14 luglio 2022, quella del Tribunale Militare di Napoli del 2 febbraio 2022, quella del Tribunale di Catania del 14 marzo 2022, quelle del Tribunale di Brescia in data 22 marzo 2022 e 28 aprile 2022, quella della Corte di Cassazione (civile) numero 17441/2022, e infine le due del Tar Lombardia numero 109/2022 e 1397/2022.

Se questa è la situazione in Italia, anche a livello internazionale lo scenario non è differente, ma questa è altra storia che non può essere qui riassunta meritando trattazione a se stante.

In conclusione: le Corti italiane stanno riconducendo, finalmente, anche se poco alla volta, la gestione pandemica nell’alveo del diritto, della Costituzione e dello Stato di diritto, non soltanto come tempo fa, proprio da queste pagine, si aveva avuto modo di auspicare quando ancora i venti erano tutti contrari poiché peggio dei no-vax possono essere considerati soltanto i no-ius, ma come è giusto che sia. Perché non può darsi che sia una crisi sanitaria a plasmare il diritto a propria immagine e somiglianza, in quanto deve sempre essere il diritto a disciplinare la realtà in genere e la gestione di una crisi sanitaria in particolare.

Aggiornato il 04 novembre 2022 alle ore 09:08