Un convegno sul futuro al Rotary

Il Rotary Club Roma Est ha promosso un incontro sulle prospettive future del nostro Paese in tempo di guerra e pandemia. L’evento si è tenuto presso la Business School, in via Giuseppe Montanelli, 5, a Roma. Un elegante e patinato volumetto con immagini (Gangemi Editore), rammenta le attività nel sessantennio rotariano (1960-2020). Le forme associative di qualità sono determinanti per una società. Luoghi di relazione, discussione, amicizia, viaggi, cene, insomma, la società si manifesta appunto come società, uno stare insieme motivato. Il rotarismo manifesta nettamente questa affermazione, con un aspetto peculiare, almeno lo notai nell’incontro al quale accennavo: cercare il “positivo”, la via d’uscita. Su questo voglio precisare, anche perché mi riguarda, come dirò.

Il “positivo”, la strada percorribile, la luce sono indispensabili se intendiamo continuare a vivere, ma nello stesso tempo non dobbiamo farlo attenuando le difficoltà, i gravissimi mali, talvolta, i rischi del procedere. Se teniamo conto che abbiamo discusso della pandemia e della guerra, facile cogliere che in tali casi o si percepisce l’enorme gravità della situazione, cercando di risolverla ma nella sfera della gravità, o si cerca il “positivo” sorpassando la enormità dei pericoli, che è un “positivo” semplicistico, pur di vedere il bene e la scomparsa del male. Nell’incontro non vi è stato né l’ottimismo alla cieca, né il pessimismo ottenebrato, ma quel che occorre, realisticamente, cogliere, la gravità della situazione, evenienze di uscita.

Alcuni interlocutori hanno considerato il Piano nazionale ripresa e resilienza in dettaglio e in specifiche finalità (digitalizzazione, per esempio), valutazioni, apprezzamenti, notazioni. Presa dalla pandemia e dalla guerra l’opinione pubblica ignora che riceviamo somme cospicue per cambiare la nostra società in molti aspetti, dalle energie all’ambiente alla digitalizzazione, dicevo. Mentre mesi passati ottenere fondi europei sembrava questione decisiva oggi trascuriamo come opinione pubblica, ripeto, che il denaro lo riceviamo e lo usiamo e come lo usiamo e a qual fine e se giova a cambiare e rendere maggiormente combattiva la nostra società sarebbe fondamentale conoscere. La cognizione analitica e critica della situazione dovrebbe espandersi. Darebbe una realistica visione del fare positivo anche in tempi rovinosi.

Al dunque, alcuni relatori hanno mostrato che l’Europa pur se in tali circostanze si muove! E a quale volgimento si pone questo muoversi? Pare ormai obbligato o accertabile: la digitalizzazione, il diversificarsi delle energie cercando quelle “pulite”, l’ambiente sotto controllo, apparentemente sono aspetti conosciuti, ma lo sono meno o niente negli aspetti concretizzati. Imprese, tecniche, investimenti, invece è affascinante individuare l’attuazione, proporrei che i mezzi di comunicazione diano cognizione massima proprio alle attività imprenditoriali, luoghi, modi produttivi, prodotti, quel che gli interlocutori dicevano, precisazioni di fabbriche, prodotti. È attraente il respiro della tecnica come creatività, prende come ogni evento creativo e suscita forza realizzatrice.

Ma vengo ad un ulteriore elemento. Se conosciamo poco il mondo delle innovazioni, del nostro futuro pur sentendone discutere, ambiente, energie, digitalizzazione, per nominare l’ovvio, vi è un larghissimo pianeta operativo di cui siamo pochissimo informasti, e tratta quel che ho esposto all’inizio. Siamo in presenza di una radicale possibilità alterativa dell’uomo e dei rapporti geopolitici e dei sistemi economici. Ne scrivo spesso ma non penetrano nella discussione pubblicizzata. È spiegabile, vi è un breve termini e un termine nel futuro remoto, e di regola si guarda al breve periodo. Invece, e mi sembra un risultato originale dell’incontro, abbiamo valutato sia il termine prossimo, sia il termine remoto. E quale è il termine remoto? L’ho precisato insistentemente, giacché è di estrema mutazione, quasi, dicevo, un uomo nuovo e sistemi produttivi dispianati alla radice. Se la tecnologia e la scienza affascinano nel loro fare è pure vero che ormai sono in grado di alterare la naturalità e individualità.

Oggi in laboratorio i processi genetici possono rifare la vita al di fuori del corpo umano! Possono da una pianta far generare altro da quanto naturalmente faceva. Possono controllare la mente, accrescerla e vulnerarla, in ogni caso alterarla, dominarla. Oggi riusciremmo ad apportare malattie universalizzate, annichilire l’umanità con la guerra. Ne dicevo. Giustamente il regolatore dell’incontro, Luciano Guelfi, mentre esponevo chiedeva se vi fosse qualche bagliore “positivo “in questa esposizione. Sì, certo, la cognizione di queste evenienze per impedirle o persino capovolgerle. Se non si conosce non possiamo reagire.

Invece che la guerra nucleare la fusione nucleare che darebbe energia sterminata, una riposizione della natura non creando una natura innaturale, sostitutiva, ma prendendoci in conto responsabile la natura naturale, l’aspetto più propriamente politico riguarda l’ipotesi: è possibile in epoca di sviluppo polivalente, molteplice, stabilire il dominio mondiale di una potenza che freni gli intrecci mercantili, di scambio, o la potenza acquisita di molte potenze esige una inevitabile coesistere per dare campo a tutti di esistere? Al dunque, possono gli Stati Uniti, o la Russia o la Cina impedire l’un l’altro rapporti economici o questo comporta inevitabilmente guerra planetaria? Il fenomeno della possibilità di fare a meno dell’uomo magari sostituito dal robot con immissione di intelligenza artificiale è un ulteriore tema che ritengo decisivo. Magari in altra occasione ne discuteremo, ne scrivo ampiamente nel libro ora in uscita: Ho vissuto la vita, ho vissuto la morte (Armando Editore).

Bisogna riflettere sistematicamente: i progressi tecnologici sono mirabili, strabiliano, il fatto di strabiliarci li rende portentosi e suscita ammirazione. Però vi è una ammirazione di quanto è prodigioso che può distruggere. Non stiamo distinguendo ammirazione per le capacità tecnologiche-scientifiche dai risultati di tale e tanta prodigiosità. La possibilità di far partorire un uomo è abbacinante, suscita uno stupore a bocca aperta, ma è apprezzabile? La inevitabile sostituzione del robot intelligente al lavoratore e l’automazione generalizzata dei processi produttivi è presso che certa, ma saremo capaci di controllare gli effetti o andiamo avanti in quanto possiamo andare avanti quale che sia ciò che ne deriva, poiché possiamo fare, facciamo?!

Tra competenza specifica di interventi oculati e prospettive di insieme sugli scopi dell’uomo l’incontro è stato rifinito, oltretutto condotto con ospitale garbo e libera apertura dal presidente del Rotary Roma Est Italo De Vitis, che succede a Maria Grazia Melchionni, “moderato” con brevi sintesi e rilievi opportuni da Luciano Guelfi. I convenuti, di affermato rilievo, Amedeo Lepore, Maurizio Montemagno, Dino Pesole. Zinovij Svereda, ucraino, che ha esposto una situazione drammatica, complessa, complicata del suo Paese e sue iniziative.

 Se non vi è connessione tra misure specifiche e finalità totali non si ha una visione di civiltà, che uomo vogliamo suscitare. E poiché gli incontri continueranno sarebbe opportunissimo trattare un altro argomento decisivo, quello demografico. Anch’esso tema occultato. La popolazione europea, in genere occidentale tracolla, ma anche la Cina, il Giappone sono debilitati, l’Islam avrà maggioranza, l’Europa diverrà sede africana. È incredibile che si faccia una lotta interna alle civiltà cristiane. Lascio al presidente De Vitis l’opportunità di farsi promotore di una discussione sull’argomento con l’equilibrio e la correttezza cognitiva avuti nell’occasione alla quale ho partecipato e della quale scrivo. La pandemia è stata meno considerata. Segno che la crediamo passata. Un auspicio!

Aggiornato il 13 ottobre 2022 alle ore 13:17