La sanità si apre alla società civile?

Il 3 ottobre il segretariato generale del Ministero della Salute ha diramato un atto di indirizzo sulle modalità di partecipazione ai processi decisionali del Ministero da parte della società civile, ovvero da parte di associazioni, aziende e organizzazioni impegnate su tematiche sanitarie. L’atto da un lato prevede la realizzazione di un elenco di cui faranno parte quelle organizzazioni che si candideranno a essere parte di questo processo partecipativo, previa verifica di alcuni criteri, e dall’altro lato anticipa alcuni dettagli sulle modalità di partecipazione nelle diverse fasi del processo decisionale.

Ci sono almeno quattro motivi per apprezzare un’iniziativa di questo tipo. Primo, si tenta di aumentare la quantità di informazioni a disposizione del ministero ogni qual volta sia necessario un intervento. Secondo, vengono considerate diverse prospettive e preferenze rispetto al problema che si analizza e anche rispetto alle possibili soluzioni. Terzo, una decisione partecipata e condivisa guadagna in termini di legittimità, anche qualora i risultati sperati, come spesso accade nelle politiche pubbliche, non siano raggiunti. Quarto, si rende più trasparente un processo che in qualche forma e misura già accade, proprio perché le informazioni rilevanti stanno al di fuori del ministero.

D’altro canto, vanno anche considerati alcuni rischi di un tale approccio. Tra i principali vi è sicuramente il rischio che le parti invitate a partecipare nel processo decisionale non siano di fatto ascoltate e che tale processo decisionale rimanga solo un modo per salvare le apparenze. Oppure, che siano selezionate a partecipare solo le parti allineate alla posizione del ministero, così da escludere sistematicamente opinioni e prospettive alternative. In questo caso, si tratterebbe di un inutile rito aggiuntivo volto a celebrare la correttezza della linea del ministero.

In conclusione, c’è da sperare che chiunque entrerà a capo del ministero nel governo venturo dia seguito a questo atto di indirizzo e faccia affidamento su processi partecipativi al fine di espandere davvero la propria conoscenza dei fenomeni oggetto di studio e intervento. Abbiamo sperimentato durante il Covid quanto pesanti possano essere le conseguenze di decisioni prese da un governo chiuso in se stesso. Il processo partecipato non garantisce che le decisioni prese saranno ottimali, ma almeno dovrebbe accelerare l’apprendimento dai propri errori e la capacità di aggiustare gli interventi di conseguenza.

(*) Research fellow Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 09 ottobre 2022 alle ore 12:48