I paradossi di Marx e Nietzsche

Si sta tentando una via patologica (le pandemie, il controllo dell’informazione, la demonizzazione della critica, il blocco dei mercati, largizioni a vuoto, aumento dei tassi, inflazione, disavanzo, automazione, laboratorializzazione dell’uomo e della natura, guerre: ammasso le situazioni in quanto avviene proprio un tale coacervo mescitivo che non sappiamo dove ci inoltrerà!). Ma non si colpisce il punto essenziale, la domanda deve essere adeguata all’offerta mondialmente. Vi è, e crescerà una tale contraddizione tra offerta e domanda, sviluppo dei mezzi produttivi e occupazione che è insopprimibile regolarizzare queste situazioni, armonizzarci a livello mondiale. È un sogno? Certo che è un sogno, e tuttavia dobbiamo tentare di realizzare questo sogno.

Non c’è alternativa se non la guerra dei mercati, la decurtazione dei popoli, disoccupazione all’ammasso, controllo sociale da galera, mutazione dell’umanità in gregge diretto all’esterno, alterazioni genetiche o con le nanotecnologie, invece della domanda globale, sviluppo globale, offerta globale. Per rimediare le contraddizioni non affrontarle ma sopprimerle con misure autoritarie come accennato (pandemie, informazione deformata, guerre, il nemico, eccetera). La grande avventura spaziale, la colonizzazione dei pianeti, la fusione nucleare sono scopi a lungo termine ma se ce li proponiamo almeno eviteremmo le soluzioni patologiche. Un consesso mondiale non imperialistico unilateralmente, plurimperialistico, pluriglobalista, il quale stabilisce principi essenziali: evitare la guerra cosmica, spingere all’estremo la produzione per soddisfare la domanda mondiale, per i bisogni mondiali, equilibrata tra offerta e domanda nell’era ipertecnologica iperproduttiva.

Ciò esige problematiche di profitto, orari, salari, automazione. Si affrontino. Gli altri svolgimenti sono malattie sociali. Proletario o non proletario. Borghesia o non borghesia. Occorre che emerga l’aristocrazia dello spirito, la quale metta in salvo la “civiltà” e tuteli la società dalle soluzioni patologiche. Sul campo dei sistemi produttivi scatenare la potenza produttiva e diffonderla ad una umanità laboriosa, assetata, affamata. E se l’automazione sostituirà l’uomo, il robot sia un lavoratore sociale, al servizio del benessere sociale. Il che esige cambiamento nel profitto, negli orari, nei salari, si affronti la questione se si ha coscienza, se la questione esiste deve essere affrontata. Di eterno, soltanto la morte, il restante è divenire. I sistemi sociali stanno all’interno del divenire. Salvare un sistema insalvabile è mortuario. Salvare l’umanesimo è invece categorico.

Niente vale se l’uomo non vale. A quale scopo vivere se perdiamo il sentire, l’esprimere, la bellezza! Esprimere, non soltanto comunicare. E rifondare l’individualità, naturale ma anche storica (una lingua, una tradizione, un luogo). Siamo cittadini del mondo localizzati. Non è la tecnica che distruggerebbe l’uomo. Ci distruggerebbe l’aver trasferito nella tecnica il valore dell’uomo, che l’uomo vale per la tecnica che ha suscitato. No. La tecnica è e deve restare un mezzo. E dove sta il fine dell’uomo? Nel sentirsi vivere e nell’esprimere la gioia di vivere oltre ogni morte. Sociale e naturale.

Sia Karl Marx sia Friedrich Nietzsche ebbero massimamente coscienza di queste contrarietà evolutive che avrebbero potuto rodere la civiltà. Quali contrarietà? Fondamentale, il paradosso: mai produciamo così possentemente, mai rischiamo il crollo dei sistemi come al presente. È il paradosso di Marx (il paradosso di Nietzsche è altrettanto rilevante, possenti mezzi tecnologici per meschini fini utilitaristici, ne dirò). Nell’epoca della estrema potenza produttiva il rischio della povertà e dello sfasciamento. A ragionarvi un istante è una assurdità ciclopica. Dovuta? Alla antitesi esposta: voler mantenere un sistema mentre cambiano i mezzi di produzione.

Ossia? Se produco maggiormente con tecnologie superiori o amplio il consumo, i consumatori, la domanda, o diminuisco l’orario di lavoro mantenendo i salari poiché è cresciuta la produttività, o licenzio e trattengo meno lavoratori che mi producono come nel passato data la potenziata efficienza, o diminuisco l’orario di lavoro diminuendo i salari, il che ferisce i consumi come li ferisce il licenziamento, o cerco nuovi mercati, cercati dagli altri, scontro per i mercati (è l’aspetto internazionale della competizione, l’aspetto “imperialista”), invento, ma non compio l’unica soluzione realistica: scatenare la produzione a vantaggio dei consumatori. È impossibile? All’opposto, è che non avrebbe quale risultato il massimo profitto. Il quale si ottiene diminuendo i salariati, producendo massimamente con le nuove tecnologie. Ma se diminuiscono i lavoratori diminuiscono i consumatori!

Appunto, non vi è scampo se i sistemi non affrontano il rapporto tra orari, salari, occupazione, automazione, profitti. Non lo può fare il capitalista? Certo, ma teme che soffocherebbe il profitto. Ma se hai detto che scemeranno i consumatori se licenzia o non accresce i salari per l’aumentata produttività! Infatti, ma si ricorre a soluzioni irrisolutive: sussidi, largizioni, benefici, elemosine sociali a gente improduttiva o credito a spanciare per favorire i consumi ma tale conguaglio non sfiora la contraddizione, il sistema produce e potrebbe produrre enormemente se la gente fosse in condizioni di acquistare fisiologicamente, perché ha un lavoro ed è retribuita. Se non si stabiliscono sistemi dove il consumatore ha la possibilità di acquistare in ragione del suo lavoro e non per elemosina sociale prima o dopo la società esplode! Qualcuno deve occuparsi di tale groviglio.

Marx si affidava al proletariato, che però ha scarsissima tensione imprenditoriale. Io ho scritto Lavoratore imprenditore, Dal lavoratore imprenditore al cittadino imprenditore, ma lavoratori che siano coscienti di essere obbligati a farsi imprenditori altrimenti verranno scacciati ne conosco minimamente. Quindi Marx ha fallito? Sul soggetto che dovrebbe mutare la struttura (relazione della produzione con il consumo e l’occupazione) Marx al presente ha fallito, il proletariato non è cosciente del problema, o non osa, ma il problema resta e qualcuno” deve” afferralo. Quale sorte avranno i consumi in tempi di automazione disoccupativa?

Precisamente? Il tentativo è togliere dal mercato (eliminare dal mercato mondiale Russia e Cina), decimare la popolazione, guerre, dominio che impedisce la rivolta dei nuovi poveri, largizioni a perdere, impoverire senza preoccuparsene milioni di persone. Nessuno che azzardi di massimizzare la produzione e dilatare i consumatori? Ci penseremo noi! Strano! Cosa? Tutti dicono che l’economia è ormai finanziaria. Ecco una ulteriore patologia!

Curiosità: perché dovrebbe essere il proletariato a risolvere il dilemma dei consumi con l’occupazione, della domanda con l’offerta? Giustificata integrazione. Ma occorre aggiungere che è quella la domanda, il rapporto snaturato ormai tra domanda e offerta, non le consuete faccende sulla dittatura del proletariato. Un punto di vista... Appunto. Un punto.

Aggiornato il 07 settembre 2022 alle ore 11:33