Chi vorrebbe vivere in fabbrica?

Il “problema casa” continua a non trovare soluzione. Mancano spazi, collegamenti e soprattutto soluzioni economicamente alla portata di tutti. Perciò architetti e costruttori sono sempre alla ricerca di nuove idee. Lo studio Burr di Madrid, nello specifico, si è visto promotore di un’iniziativa per riciclare capannoni industriali per trasformarli in luoghi dove vivere e lavorare.

Secondo il Paìs le vecchie industrie “finiscono per essere per lo più demolite per costruire al loro posto blocchi di appartamenti”, causando la perdita del patrimonio industriale delle città. Per non parlare della speculazione immobiliare, che spesso cambia in negativo il paesaggio dei centri urbani. “Il prezzo dei terreni per fabbricati industriali raddoppia o triplica quando si cambia la classificazione della sua destinazione d’uso, da industriale a residenziale. E il problema è che per effettuare questo cambio d’uso bisogna demolire i capannoni”, spiega l’architetto Elena Fuertes, co-fondatrice dello studio madrileno.

Come racconta un altro esperto dell’impresa, Ramòn Martinez, “oggigiorno è sempre meno chiaro dove inizia la sfera domestica e finisce quella produttiva”, e forse gli ex edifici industriali sono il luogo perfetto per conciliare queste due sfere. “Con la pandemia il confine tra casa e lavoro è scomparso – continua la Fuertes – ma non tutti noi siamo impiegati. Ci sono professionisti che, per il tipo di attività che svolgono, necessitano di uno spazio diverso da quello offerto da una casa tradizionale”.

“Salvare il patrimonio industriale urbano non impedisce solo la scomparsa di un’architettura interessante. Anche le città non sono poi così omogenee. E nei quartieri il residenziale si mescola con il produttivo o il commerciale al posto di attività che si svolgono invece in diverse zone della città – evidenzia l’architetto dello studio Burr – assegnare questi magazzini a grandi spazi culturali per i cittadini può essere molto utile, ma perché non utilizzare spazi così importanti per l’attività produttiva delle città per ospitare altre attività produttive non inquinanti come quella, per esempio, di un fotografo?”.

Sfortunatamente, non è tutto oro ciò che luccica. Chi vorrebbe vivere in una fabbrica? E soprattutto, chi se lo potrebbe effettivamente permettere? Secondo il Paìs, di certo non la classe media. Questa soluzione, che secondo gli architetti non è altro che vantaggiosa, strizza l’occhio a liberi professionisti, enti, società, istituzioni culturali. Insomma, a chi può permettersi di pagare l’affitto o di comprare questi edifici.

Aggiornato il 29 agosto 2022 alle ore 15:42