Gossip e tutela della privacy

Scorrendo le home page dei principali quotidiani, bisogna prendere atto che l’apocalisse è arrivata. Altro che guerra in Ucraina, altro che pandemia o collasso dell’economia: Ilary Blasi e Francesco Totti si sono separati. E ovviamente sono fioccati una quantità di “articoli” che approfondiscono ogni più piccolo aspetto della questione con amanti, corna e tutti i tipi di dettagli inerenti spiattellati in bella mostra per stuzzicare ulteriormente il voyerismo dei lettori.

Che sia chiaro, tutto questo non ha nulla a che fare con il diritto di cronaca o con il giornalismo, quello vero. Si tratta di gossip. Leggero, frivolo, che piace ai lettori e che porta tanti click ai giornali che pubblicano questo genere di notizie. Click che equivalgono al potere di vendita della pubblicità. Quindi, click che diventano sinonimo di soldi. Per questo le maggiori testate nazionale sono infarcite ed imbottite di pettegolezzi.

Che si sia d’accordo o meno con questo sistema, bisogna constatare che funziona così e che questo è un modo per far sopravvivere i giornali, sempre più in crisi per il crollo delle vendite e dei lettori. Però, c’è un però. Come si fa a spiattellare in bella mostra dati sensibili di persone reali, come l’indirizzo di casa o, peggio ancora, dati relativi a minori? Dove finisce il diritto di cronaca ed inizia la sacrosanta tutela della privacy?

Nel caso specifico poi, i giornali sono a conoscenza della suddetta separazione da mesi, per la precisione da febbraio quando Dagospia lanciò il sasso. Ma, come ha scritto qualcuno più informato di me, chi ha il potere controlla l’informazione. E Totti è stato ridefinito l’ottavo re di Roma. Quindi per mesi tutti hanno taciuto pur sapendo. E meno male! Sia lui che Ilary hanno più volte ribadito che la questione è e deve rimanere privata, soprattutto per proteggere i loro figli. Eppure da ieri è partito il carrozzone che sguazzerà dentro a questa vicenda umana, in nome dei tanto agognati click.

Ma che fine ha fatto la tanto declamata deontologia professionale? Possibile che l’Ordine dei giornalisti non prenda provvedimenti nei confronti dei propri iscritti che disattendono in maniera così palese le linee guida basilari di questo mestiere? Ma soprattutto, chi decide quando buttare nel tritacarne mediatico un personaggio pubblico? Nei giorni scorsi, per motivi di privacy, è stato taciuto il nome di un giocatore di caratura internazionale accusato di gravi violenze sessuali. Perché, sempre in nome della privacy, non è stato evitato di dire dove abita la presunta amante del Pupone e quali scuole e attività pomeridiane frequentano i suoi figli?

Non si vuole negare il gossip, ma solo ribadire che anche i personaggi pubblici hanno diritto a vedere garantita la loro privacy. E i giornalisti dovrebbero essere i primi a battersi per questo. Ne va del loro buon nome e della loro professione.

Aggiornato il 13 luglio 2022 alle ore 09:30