Prelievo e incertezze nel passaggio Inpgi-Inps

Il passaggio, dal primo luglio, dei giornalisti professionisti, dei pensionati e dei vedovi o vedove sta riservando amare sorprese burocratiche. La prima riguarda il prelievo dell’1 per cento sulle retribuzioni e sulle pensioni per sei mesi, da gennaio a giugno, quando una parte del vecchio sistema Inpgi (ex Istituto di previdenza) è stato trasferito con legge all’ente generale di previdenza. Mentre alcuni provvedimenti connessi con il cambiamento debbono ancora essere perfezionati il ministro del Lavoro ha dato via libera alla delibera dell’ex Consiglio nazionale dell’Inpgi del 23 giugno 2021 nella quale erano contenute alcune misure destinate a contenere i costi e aumentare gli introiti. L’Inpgi è passato all’Inps. È stato evitato il commissariamento, ma le soluzioni per evitare il fallimento dopo sette bilanci in rosso non sono state trovate.

In verità, dopo una serie di negoziati tra Governo e vertici degli istituti giornalistici è stato raggiunto l’accordo, ratificato dal Parlamento, di mettere tutto in mano all’Inps compreso il ricco patrimonio immobiliare e gli investimenti effettuati nel corso degli anni. L’errore dell’allora presidente Marina Macelloni, della vice Silvia Garambois e della loro maggioranza di sinistra fu quello di tentare la strada di allargare la platea dei contribuenti al variopinto mondo dei cosiddetti “comunicatori”. Il progetto fu bocciato sia per il no degli interessati sia perché l’allora governo Conte non aveva ben chiare le idee del ruolo che svolgeva l’Istituto di previdenza alternativo all’Inps.

Nella necessità di affrontare gli sbilanci dell’Inpgi il Consiglio guidato dalla Macelloni decise un contributo straordinario aggiuntivo per i giornalisti attivi e per i pensionati dell’1 per cento lordo sulla retribuzione o sulla pensione, una sforbiciata ai compensi dei manager, una riduzione del tetto massimo delle collaborazioni possibili per in pensionati in pensione da 22.900 a 5mila euro l’anno. Il Consiglio per tutti i pensionati è quello di scrivere gratis per evitare il cumulo nella dichiarazione dei redditi. Ora, avendo deciso il governo Draghi e il Parlamento la strada della scomparsa dell’Inpgi, restano numerosi nodi connessi al passaggio all’Inps.

Prima osservazione: i giornalisti, in attività e in pensione, hanno già contribuito a suo tempo per tre anni a pagare una quota straordinaria per far fronte ai deficit dell’istituto. La Corte di Cassazione ha confermato che non sarebbe stato possibile un ulteriore aggravio, essendo un prelievo straordinario e limitato nel tempo. Il prelievo dell’1 per cento per sei mesi rientra in una delle tante storie di malata burocrazia. In secondo luogo, l’Inps non impone alcun tetto per il cumulo pensione –lavoro.

Altri due punti critici del passaggio riguardano la spinosa questione dell’ex fissa e l’assicurazione infortuni che in base alla Legge finanziaria passa all’Inail, il quale però non può per statuto coprire quanto prevedeva l’Inpgi in merito agli “infortuni fuori dal lavoro”. Cosa sta avvenendo, inoltre, dei 100 dipendenti che dall’Inpgi debbono passare all’Inps, per i quali si registrano notevoli ritardi sui criteri di scelta? In ultimo, il problema case. All’Inps passano le quote del Fondo Amendola nel quale sono stati raggruppati gli immobili che prima erano dell’Inpgi e che alcune oculate gestioni come quella di Guglielmo Moretti e Marcello Zeri avevano permesso d’incrementare. Ci sono infine novità per la Casagit e il contributo dei pensionati che veniva trattenuto sul lordo della pensione dall’Inpgi. Non sarà più così e si dovrà ricorrere al pagamento in Mav, bonifico o addebito in banca.

Aggiornato il 11 luglio 2022 alle ore 11:36