La guerra e il dramma economico sono il passato

Un incontro culturale in un momento come l’attuale ha degli aspetti inconsueti. Può essere un incontro dopo anni di reclusione per la malattia oggi attenuata, pare. Magari la riabilitazione a camminare dopo lunga stasi, quale che sia il motivo rivediamo persone dopo anni, anni, dico, e il cambiamento nel corpo mostra il passaggio del tempo, e qualche cambiamento di insieme: al dunque, sono periodi che segnano, mutano. Se la malattia è il passato (forse), la guerra e il dramma economico sono nel presente e soprattutto nel futuro, sicché il “clima” del Convegnostoria, tenutosi a Piazza della Pigna, a Roma, concepito e retto periodicamente da Giovanna Canzano, manifestava tali aspetti tra il rivederci (io mancavo da due anni), il peso degli avvenimenti andati, il gravame degli avvenimenti odierni, l’incertezza del futuro.

E una sensazione opprimente: che noi “parliamo” e altrove persone muoiono, che noi ci limitiamo a parlare mentre sarebbe necessario decidere all’istante, se vogliamo mettere fine alla morte o continuare a uccidere e morire, gli altri. Fittissimo il numero degli interventi, forse sarebbe migliore combinazione meno interventi ma di maggiore ampiezza temporale. In ogni caso, animato, animoso, perfino veemente. La situazione è coinvolgente all’estremo. Perché? Semplice: coinvolge direttamente anche noi, non è un evento sul territorio “altrove”, è un evento europeo, e molti, e mi stringo a tale orientamento, sentono la vicenda come rovinosa per l’Europa, in quanto la Russia è una civiltà europea.

La politica coglie scarsamente tale aspetto, riconduce la Russia al suo sistema politico, ma la Russia non è soltanto un sistema politico, è, dicevo, una civiltà, amatissima da moltissimi italiani, ed europei, i quali non intendono, non possono diventare nemici, ostracizzatori di quella civiltà, non possono, sarebbe rinnegare noi stessi, rinnegare l’Europa. Quello che venne dall’incontro è una realtà non rilevata: stiamo conducendo una nuova guerra intraeuropea, non è la Terza guerra mondiale o lo è nei termini in cui lo fu la Seconda guerra mondiale, soprattutto una guerra intraeuropea, con un rischio peggiore della Seconda guerra, che dalla Seconda guerra siamo rinati perché il mondo era sottosviluppato in gran parte, ma adesso il mondo si sviluppa ovunque e noi avversi tra di noi (Occidente europeo contro Russia). Saremmo anche o soprattutto demograficamente assorbiti dall’Africa (Eurafrica). Insomma, un risultato poco considerato o addirittura occultato, è che un’Europa avversa in se stessa si indebolirebbe irrimediabilmente.

Allora? Non c’è alternativa: o riprendiamo i rapporti con la Russia o per l’Europa non esisterebbe interlocuzione? Ma come, gli Stati Uniti non costituirebbero il nostro associato fondamentale? Se ne è discusso. Taluni ritengono che il tentativo americano di sovvertire, debilitare la Russia danneggerà l’Europa che perde una fonte meravigliosa di materie prime. Taluni ritengono che gli Stati Uniti ci trarranno nella peggiore dannazione economica della storia. Taluni ritengono che gli Stati Uniti forgiano la nuova società: diminuzione dei salari, potenza dei grandi gruppi, ordine semiatoritario, trionfo del transgenico, un capitalismo che scarica sulla popolazione il raggiungimento del massimo profitto senza la minima preoccupazione per disoccupati, affamati. La guerra o altri fenomeni sarebbero diretti a giustificare il dominio spietatissimo.

Qualcuno non discute: siamo alleati degli Stati Uniti, siamo Paesi democratici e resteremo fedeli a tale legame. Ma sono discorsi. Se i fatti oltrepasseranno i discorsi e guerra e crisi economica si corporizzeranno le opinioni si svolgeranno. Questi convegni non avvengono sotto lo schianto vissuto da noi direttamente. Forse, lo subissimo, vorremmo scampare immediatamente. Suppongo. Lo sperimenteremo presto. Sperimenteremo se davvero vogliamo o non vogliamo che la guerra continui. Quando ne sentiremo effetti ancora non provati.

Aggiornato il 17 giugno 2022 alle ore 11:31