Più attenzione per la salute mentale

Il malessere crescente del nuovo millennio

La salute mentale è un problema sanitario allarmante, al punto da essere considerata una delle principali questioni sanitarie del nuovo millennio. Dai dati dell’Oms si apprende che i disturbi mentali sono in forte aumento. Anche l’Unicef ha recentemente segnalato che in Europa sono quasi 9 milioni gli adolescenti con questo tipo di sofferenza, di cui circa un milione nel nostro Paese, il 16,6 per cento della popolazione giovanile tra i 10 e i 19 anni. A tutto ciò si devono aggiungere due anni di pandemia da Covid-19 che hanno ulteriormente favorito l’insorgere di disturbi mentali a causa dell’isolamento, di tensioni familiari e perdita di reddito. In questo quadro, assume un significato di particolare rilievo il convegno, significativamente intitolato Valorizzare e potenziare la salute mentale, promosso dalla Spi (Società psicoanalitica italiana) e dai promotori del “Manifesto per la salute mentale”, che si è svolto venerdì scorso nella sede dell’Istituto superiore di sanità.

Al convegno, aperto dal presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, è intervenuto il ministro della Salute Roberto Speranza, che ha ricordato i due difficilissimi anni del Covid, con serie conseguenze, che hanno cambiato l’ordine delle priorità ed “offerto una nuova ed inedita priorità delle questioni della salute. Il tema appare sempre più significativo e c’è la necessità di aprire una nuova stagione”, sia per quanto riguarda gli investimenti, sia per l’approccio da definire. Molti sono stati i temi trattati nel corso di tre tavole rotonde: si è parlato di cultura dell’accoglienza, della partecipazione, di prossimità, di unioni tra parti, del problema dell’accesso alla terapia psicologica e dell’uso dei farmaci (in Italia oggi fanno uso di antidepressivi circa due milioni e mezzo di cittadini).

Di particolare rilievo è stata la riflessione sulle comunità terapeutiche e centrale è stato l’intervento dello psicologo Edgardo Reali, che ha sottolineato la necessità di “fare in modo che la riabilitazione sia sempre aperta alla società civile, perché solo la società civile può trovare le risposte che servono alle persone e mettere a fuoco le esigenze delle persone” e, ha aggiunto, che è essenziale risolvere problemi organizzativi, logistici e politici per “deistituzionalizzare e creare percorsi alternativi alla residenzialità in clinica psichiatrica”. Le riflessioni di Edgardo Reali si possono considerare propedeutiche per altri temi rilevanti discussi nel convegno: quello del ruolo della psicoterapia e degli interventi psicologici nell’ambito delle equipe di salute mentale, una questione che risente della carenza di offerta di questi servizi, e quello della formazione degli psichiatri.

Su quest’ultimo punto il professor Pierluigi Politi, ordinario di psichiatria dell’Università di Pavia, ha evidenziato che “il livello in cui si diventa davvero psicoterapeuti è quello in cui ciascuno di noi sviluppa una richiesta di cura dei propri aspetti malati, accetta di essere malato, si fa curare, cambia e, riesce a curare le altre persone fino al punto in cui egli è stato curato”. Le conclusioni sono state affidate al professor Sarantis Thanopulos, presidente della Spi, che, dopo aver auspicato la creazione di una scuola di alta formazione per chi lavora nei servizi sanitari pubblici, ha proposto l’istituzione di un tavolo tecnico presso il ministero della Salute sulla psicoterapia, con il coinvolgimento di tutte le società scientifiche, per studiare come valorizzare il servizio psicoterapeutico, avendo una particolare attenzione per i minori al fine di prevenire malesseri di disagio mentale.

Aggiornato il 14 giugno 2022 alle ore 15:42