Al via gli esami: bocciata la scuola senza regole

Al via gli esami 2022. Si comincia con la piccola maturità delle medie e, dal 22 giugno, sarà la volta della maturità delle superiori. Come sempre “la scuola tiene banco” con le sue attese e polemiche. C’è sempre un rimpianto. I genitori della generazione del Dopoguerra lamentavano la prova elefantiaca con tutte le materie”. Ci pensate ragazzi, portare tutte le materie di tutti e cinque gli anni? Con il tempo le prove si sono affinate, fino agli esami all’epoca del Covid-19 addirittura a distanza, con la sola tesina per l’orale. Si torna alla quasi normalità: prove scritte e prove orali in presenza. Ogni generazione è figlia del suo tempo e l’istruzione per ogni ciclo mostra la sua complessità.

Questo è il tempo dei computer e del digitale, delle didattiche a distanza, delle polemiche sui banchi e sulle mascherine, degli influencer e delle contraddizioni: dal bullismo alla guerra, dall’immigrazione alla violenza di genere. Ma se ci fosse da dare colpe e responsabilità, esse spettano alla classe post anni Settanta e Ottanta, che con le rivoluzioni sull’emancipazione, sul sesso e sulle libertà ha segnato il futuro, lasciando vittime e vuoti. Da una parte gli eredi del Ventennio, dalla scuola giolittiana a quella della riforma Gentile, dall’altra gli anni del “sei politico”, del terrorismo e delle rivolte giovanile. In mezzo, il passaggio alla modernità digitale, che ha rivoluzionato il modo di sapere, di informarsi e di discernere. Siamo più tecnici o siamo più ignoranti?

Forse il sapere come complessità e peso culturale è scemato, ma non per questo si può sostenere che sia esistito un tempo colto e un tempo superficiale. Anche oggi chi vuole studiare può farlo, poiché la conoscenza è più ampia, ci sono più mezzi e più accessi, più globalizzazione con le lingue e la conoscenza degli altri. Occorrono capacità, metodi e abilità diverse, ma studiare, per chi vuole, richiede sempre la stessa funzione dell’applicarsi e andare in profondità. Diciamo che, dalla scuola dell’obbligo alle battaglie contro l’analfabetismo, oggi un diploma possono strapparlo quasi tutti, ma diventare preparati è altro, attiene all’iniziativa personale con il vanto di avere in Italia tra le migliori Università, tra cui La Sapienza di Roma, che per le materie letterarie antiche è prima al mondo! E poi si può viaggiare, andare all’estero, specializzarsi.

Quindi, giù le mani dai ragazzi e dalle ragazze, anche quando fanno strafalcioni e risultano incapaci di comprendere un testo, intossicati da propaganda, pubblicità e giochi elettronici. E giù le mani dal corpo insegnante, dai presidi e dai professori, che non sono la massa indiscussa, sono individui i quali spesso sopperiscono alle mancanze della classe dirigente, dei ministri e degli esperti. Qui sì che le cose vanno male, anzi malissimo. La confusione sta sopra, nel sistema, nelle parti alte dello Stato, dove le istituzioni sono in fase di declino e degrado, ma in questo marasma ideologico-politico dare le colpe agli studenti e insegnanti è ipocrisia. Essi sono ciò che la classe dirigente vuole ed è la classe dirigente lo specchio distorto. È la classe dirigente il corpo malato, spesso ignorante e altrettanto spesso indecente.

Certo che ci sono anche abominevoli superficialità. Il leader delle Sardine, Mattia Santori, che ha promosso il libro “Mamma mi faccio le canne. Guida alla cannabis per genitori e figli” (scritto da Antonella Soldo, esponente dei Radicali e coordinatrice della campagna Meglio Legale) non è un bell’esempio. Ma non lui, il ventriloquo Santori, ma chi lo manovra e lo ha già infilato al consiglio comunale del Partito Democratico di Bologna. Il dirigentino rosso! Al punto che Dacia Maraini, la vestale del femminismo e della sinistra culturale, ha rotto il fronte e sul Corriere della Sera ha scritto “un liscio e busso” agli studenti sul dress code irriverente e cafone, con i top e gli infradito. Dice bene – e finalmente – la Maraini, quando precisa che l’abbigliamento mezzo nudo non è una rivoluzione come quando negli anni Settanta “volevamo portare i pantaloni”. La volgarità dei costumi è maleducazione. Che dipende dalla mala economia consumista, dalla mala moda gender e dalla mala interazione dei social. Sul nostro giornale, L’Opinione, lo abbiamo scritto in tutte le salse fino al punto che siamo riusciti a passare da accusati ad accusatori.

Una volta c’era il fascismo autoritario, coi suoi difetti di cui abbiamo pagato il conto anche senza aver indossato la camicia nera, per il solo fatto di rispettare le regole e credere nei valori. Oggi ci sono l’antagonismo, il gender, il secolarismo, l’ateismo, la globalizzazione, il politicamente corretto, il disimpegno e tutto l’armamentario dei Sessantottini, che sembravano aver vinto. Ricordate il sorpasso? È culminato nella rieducazione etica e morale di questi giorni, che si fanno a vicenda con Michele Santoro che se la prende con Lilli Gruber, con Antonio Padellaro che incalza i grillini, con gli ideologi ortodossi contro gli estremisti e tutti contro Vladimir Putin e Kirill di Mosca, i nuovi Adolf Hitler. Gli vogliamo bene, camminiamo e ci confrontiamo con costoro, ma non dimentichiamo che sono post-comunisti, mentre noi non siamo mai stati fascisti. Bella differenza, no?

Aggiornato il 10 giugno 2022 alle ore 11:23