Il soggetto disoggettivizzato

Pare che il nostro momento sia epocale, non si limiti alla temporalità, ma lo segni di un prima e un successivo. Su ogni caratteristica pare vi sia un mutamento. Sessualità, alimentazione, controllo sociale, salute, rapporti internazionali, cultura nel senso antropologico, demografia, spazializzazione oltreterra, lavoro, energia, niente come in passato. L’uomo nuovo in un mondo nuovo. Nel lungo saggio sulla Rivista di studi politici internazionali, diretta da Maria Grazia Melchionni, me ne sono occupato, però ogni giorno, direi, la possibilità trasmutativa cambia, si ispessisce, si precisa. Siamo in prospettiva di un uomo nuovo in una società nuova? Abbiamo il cosciente proposito di un soggetto costitutivo della futura società? Le civiltà hanno edificato un tipo di uomo rappresentativo.

Diciamo: aristocratico, borghese, proletario, contadino, servo della glebe, schiavo, ciascuno con denotazioni precisate. Presso che generalmente vi era un “tipo” dominante che segnava l’epoca. La classe dominante rende la visione di sé e dell’epoca dominante. Per l’aristocrazia, l’aristocratico, il signore, il ricco senza fatica di lavoro, l’ereditiere costituivano un magnifico esempio di valore. Quando emersero soggetti sbrigativi, che si arricchivano con il proprio lavoro o un ben usato lavoro di altri, il lavoro non l’eredità divenne stimabile, e l’aristocratico ozioso fu scarafaggiato, giunse al proscenio il borghese, l’uomo che si fa da sé, orgoglioso di sorgere dal niente.

Successivamente tentò di mettersi in scena il lavoratore, colui che possiede il proprio potere nelle proprie braccia, rivendicando che da lui veniva la ricchezza che il borghese diceva sorgere dalla sua inventiva (qualcosa di simile era accaduto da parte dei contadini verso l’aristocrazia e persino degli schiavi, ma non con la stessa determinazione dei proletari nei confronti della borghesia).

Per lungo tempo la borghesia ebbe relazioni con la cultura, con l’arte. E non soltanto per utilizzare l’arte quale fonte di ricchezza aggiuntiva alle altre fonti. Ma per sentito piacere e per farsi “aristocratico”, uomo colto non soltanto ricco. Ma il rapporto tra borghesia, cultura e arte non fu attraente. L’artista considerò il borghese un affarista anestetico, il borghese ritenne l’artista un emarginabile irregolare, non sempre e non del tutto, evidente. In quanto al proletariato come soggetto o come ricevente dell’arte se ne ebbero accensioni ipotetiche, un’arte dal proletariato e verso il proletariato ramificò senza radici. L’arte ebbe ed ha vita grama da tempo, cercò vie alterative dalla realtà o cercò di essere del tutto realistica, ma fu presa in pugno dall’ideologia, successivamente dal mercato.

L’ideologia rese arte sopratutto l’ideologia progressista, il mercato diede valore all’arte secondo la vendita. In entrambi i casi questa non era valutata nella capacità di espressione. Quando poi i sistemi comunicativi si affermarono, l’arte decadde a comunicazione, rumore mediatico. Ma nessuna colpa, è che la società non ha idealtipi, non vi è il “borghese”, non vi è il proletariato, siamo nell’indifferenziato generico, certo l’indifferenziato generico è a sua volta un idealtipo, una caratterizzazione, ma è una caratterizzazione della mancanza di connotazione, una caratterizzazione che sta penetrando nell’uomo nuovo. Significa? Che il “personaggio” venturo potrebbe essere un uomodonna che si nutre di bistecche di laboratorio parla tutte le lingue avendo impiantato un meccanismo traduttivo che addirittura comprende il linguaggio degli animali.

È eterodiretto da una centrale la quale sa tutto di tutti; con parti intercambiabili (cuore, milza, eventualmente anche il sesso, quale che abbia); cittadino di un luogo dentro l’oceano dal quale si sposta con micro aerei appiccicati alla schiena; ignorantissimo ma con strumenti che gli forniscono onniscienza. Privo di unione stabile con donnauomo o che altro, certo non di una esclusiva sessualità; senza lavoro in quanto i robot sostituiscono, mantenuto dal robot di Stato. E il viaggiatore degli spazi, la vera conquista futura. Questa fantasia non è irrealismo. Ci stiamo volgendo a tale soggetto disoggettivizzato. Sarà così, una radicale sostituzione dell’interiorità. Ci nanotecnolizzeremo, organismi infinitesimali costituiranno la nostra identità. L’aver prediletto la scienza degradata a tecnologia trionfale senza controllo umanistico ha suscitato, sta suscitando questa realtà sociale.

L’uomo cavato dal “dentro”. La civiltà umanistica era, è l’uomo dentro l’uomo, la percussione risonante di emozioni, passioni relazionali tra esseri umani, tra esseri umani e natura. Ma nell’istante in cui micro organi inseriti mi dirigono io non ho reazioni come io, io non sono io, non vi è un io che sente di suo. Sparisce l’arte con la sparizione della vita senziente personale. I mezzi di comunicazione esterni e i micro organismi immessi ci ridurranno tratti dove vogliono indurci. L’uomo nuovo è un veicolo direzionato. Finché c’è un residuo di tempo occorrerebbe ri-umanizzare l’uomo di cura umanistica, estetica, soprattutto, quando l’uomo aveva un “dentro” che risuonava dal fuori e un dentro che sortiva fuori e se cantava era lui a cantare non un micro disco conficcato nel cervello. Vuoto. Finché siamo in tempo.

Aggiornato il 07 giugno 2022 alle ore 11:45