Proteste dei giornalisti in Rai e Gruppo Monti

Tensioni in due grandi gruppi editoriali italiani. Sono in corso due vertenze diverse, alla Rai e nel gruppo bolognese Monti-Riffeser, significative di uno stato di malessere, d’incomprensione tra i vertici aziendali e il mondo giornalistico. Nell’azienda pubblica radiotelevisiva da quando è arrivato il nuovo amministratore delegato Carlo Fuortes si registrano contrasti di fondo sulla gestione dei vertici di Viale Mazzini. L’elenco delle criticità è lungo: le vicende di Report con l’ammonimento al conduttore-vicedirettore di Rai 3 Sigfrido Ranucci a rispettare le norme deontologiche; la questione del contratto da 12mila euro per le ospitate a Cartabianca dell’ex direttora Bianca Berlinguer del professor Alessandro Orsini; l’utilizzo sempre maggiore di risorse esterne compreso l’impiego di giornalisti non Rai per i collegamenti dall’Ucraina; presenza di autori esterni non giornalisti che coordinano giornalisti interni; reportage di professionisti non Rai acquistati al posto di produzioni interne; tagli delle edizioni notturne della Testata per l’informazione regionale.

Di questioni scottanti ce n’erano già molte, forse troppe, a parte le ricorrenti accuse di mancanza di pluralismo. Il caso più clamoroso è scoppiato qualche giorno fa quando è stato annunciato dai vertici di Viale Mazzini di affidare una striscia quotidiana del Tg3, a partire dal prossimo settembre, al giornalista Marco Damilano da poco dimessosi da direttore del settimanale L’Espresso che ha cambiato proprietà. Cosa c’è di strano? Il problema è che la “striscia” è programmata per andare in onda dalle ore 20,35 alle ore 20,45. Uno sgarbo al Tg2 diretto dall’ottobre 2018 da Gennaro Sangiuliano? No, osservano i comitati di redazione dei tre telegiornali, ma perchè la scelta aziendale calpesta un principio sempre rispettato: quello della non sovrapposizione dell’informazione.

La coincidenza temporale della “striscia” Damilano con il Tg2 che inizia alle ore 20,34 determina un danno e provoca incertezza. Il secondo motivo di protesta riguarda la scelta di un giornalista esterno a fronte dei circa duemila in organico. I Comitati di redazione stanno valutando l’ipotesi di effettuare alcuni giorni di sciopero, con riduzione dei tempi o un semi-blackout senza immagini. Il sindacato interno di Viale Mazzini ha chiesto all’azienda di conoscere “i criteri che hanno portato alla scelta di Marco Damilano per condurre una striscia informativa e quali sono i costi che comporterà la nuova trasmissione”. L’informazione in Rai deve rispondere unicamente a logiche di servizio pubblico, imparziale e corretto. Negli ultimi mesi i giornalisti inseriti senza contratto nei programmi di Rete sono più di dieci.

Altri due giorni di sciopero al gruppo Monti-Riffeser per protestare contro la decisione del presidente della società e della Federazione editori di “tagliare drasticamente la foliazione del lunedì, impoverendo i fascicoli di cronaca nazionale, sportivi e di cronaca locale”. L’ulteriore ridimensionamento dei giornali Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno e Quotidiano nazionale si aggiunge al piano di crisi che prevede decine di prepensionamenti, di Cassa integrazione. La replica dell’editore alle critiche dei rappresentanti sindacali si basa “sulla necessità di ridurre il costo del lavoro per garantire la continuità aziendale e per far fronte all’aumento insostenibile di materie prime”. Controreplica dei sindacati: “Finora non si sono visti investimenti e nella nuova redazione web non si sono ancora registrati nuovi inserimenti rispetto ai 34 previsti”.

Aggiornato il 07 aprile 2022 alle ore 12:00