Il coraggio della pace

Alcuni pensatori, filosofi, psicologi, pedagogisti, biologi, hanno valutato tendenze aggressive nell’uomo, nei viventi, negli animali, perfino nelle piante. Addirittura le stelle avrebbero, hanno “consustanziata” la “distruttività”. Alla grossa, in linea di massima, due teorie. Una ritiene che sono le condizioni sociali a suscitare la distruttività, sicché mutando le condizioni sociali la distruttività cesserebbe. Questa è una visione storica di questo fenomeno. L’altra opinione ritiene che la distruttività è naturale, e quindi resterebbe anche con il cambiamento delle condizioni sociali, troverebbe nuove forme di espressione.

Karl Marx giungeva a sostenere che eliminate le differenze di classe e sottomesso il sistema produttivo, la violenza dovuta alla proprietà privata, al profitto, cesserebbe. Sigmund Freud obiettava che se la proprietà privata era fonte di aggressività, nel caso in cui questa venisse abolita, l’aggressività avrebbe concepito altre manifestazioni pur di esistere. Ma abbiamo una terza ipotesi, che possiamo definire catartica, “sublimativa”. É una concezione antica: trovare sfogo all’energia che si vuole manifestare all’esterno per non manifestarsi all’interno, contro noi stessi. Riguarda l’aggressività indiretta. Aristotele si avvicinò a tale concezione, dell’arte come sfogo delle passioni: la tragedia, essenzialmente. Successivamente molti, tra cui segnatamente Kant, Schopenhauer, e sistematicamente Freud (a suo modo anche Nietzsche) concepirono modi indiretti per manifestare l’energia, che invece compressa si volgerebbe sugli altri o su noi stessi distruttivamente.

Per dire semplicisticamente, una pulsione erotica pedofila si “sublima”, il termine appartiene a Freud, in ritratti di bambini nudi, un sadico diviene chirurgo, uno scoptofilo ginecologo, minimizzo. Tutto può essere sublimato, soddisfazione indiretta, ma “sfogata”. Preoccupante, preoccupantissima la mancanza odierna di sfogo indiretto. Arte, conoscenza non costituiscono fonte di emissione “pulsionale”. Le grandi civiltà non è che rinunciassero all’aggressività diretta, all’erotismo immediato, ma riservavano energia per la pulsione indiretta, sublimata. Arte, religione, conoscenza. Se questo sfogo non sussiste gli individui cercano uno sfogo diretto, non sublimato. La guerra è il modo più facile di tale soluzione “sfogativa”. Ma avviene attualmente un fenomeno che mi auguro sia studiato. L’imperversare dei mezzi videografici ha reso immagine la realtà, che non è più realtà bensì spettacolo. La guerra “vista” non è la guerra vissuta ma lo spettacolo della guerra: una sublimazione al contrario, che rende vana, inoffensiva, la realtà. In questo modo avviene un’esaltazione della guerra come fosse spettacolo. Ripeto: una sublimazione al negativo.

Avviene anche per tale distorsione percettiva della guerra come spettacolo, l’inconcepibile veemenza bellicistica odierna. Si parla, si scrive, si discute di guerra e di guerra mondiale come una pantomima fanfarona. Mentre nella sublimazione il sadico che diventa chirurgo non è sadico, si sublima, il guerrafondaio che crede la guerra uno spettacolo può favorire la guerra attuata non cogliendone la gravità oggettuale. E c’è dell’altro. Abbozzo una spiegazione: moltissimi non hanno una ragione per vivere, alla prima occasione di un ipotetica fine si precipitano per darsi un fine, appunto. La guerra diventa lo scopo di persone che mancano di scopi. Chi ha scopi non ha disposizione alla guerra, sublima l’aggressività. In fondo la guerra è lo scopo di chi non ha altri scopi, di chi ha perduto ogni ragione per vivere: arte, cultura, erotismo. Scherziamo? Come, se un popolo viene aggredito noi rispondiamo sublimandoci? No, se un popolo, un individuo sono aggrediti bisogna rispondere con le armi.

Allora? Viva la guerra? No. Abbasso la guerra. Vale a dire? Non fare della guerra l’unica soluzione alla guerra! E se è impossibile trovare una soluzione? L’impossibile lo incontri dopo aver circumnavigato l’oceano illimitato del possibile, non è l’inizio del viaggio. Se è l’inizio del viaggio sei tu che “vuoi” la guerra! Come credere che fai il possibile, tutto il possibile per la pace, se addirittura ostenti la guerra finale come uno spettacolo. Ripeto, per dire che la pace è impossibile occorre percorrere tutto il possibile. E soprattutto venga colta questa verità: la pace non è degli uomini vili, la pace è degli uomini che senza perdere onore amano la vita, trovano senso nella vita, non nella morte. Perché la guerra sovente è la soluzione di chi non sa perché vivere. Non trovare il senso della vita nella morte. Senza difettare di coraggio e di onore lottiamo per la pace. Che sia la morte naturale a negarci, non uomini con gli uomini. Se vi è il coraggio della guerra, vi è il coraggio della pace. L’idea che la pace è da vili la concepiscono gli amanti del nulla. E i trafficanti di armi.

Aggiornato il 30 marzo 2022 alle ore 12:16