Sport, Italia spaccata in due: al Sud meno impianti

“Da parte della politica c’è un’assunzione di responsabilità verso lo sport come vettore di salute. L’emergenza pandemica ci ha rafforzato in questa consapevolezza. Non c’è sport senza salute. C’è bisogno di interventi specifici, al di là di una necessaria e migliore infrastrutturazione di impianti sportivi, con particolare riferimento al Mezzogiorno”.

Queste le parole di Andrea Costa, sottosegretario alla Salute, in relazione a una ricerca condotta da Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) e Uisp (Unione italiana sport per tutti) sui temi dello sport e della salute. La Penisola, dalla fotografia scattata, risulta spaccata in due: al Nord ci sono più infrastrutture, meno sedentarietà e minore spesa sanitaria. Diverso il discorso al Sud, dove la situazione muove nella direzione diametralmente opposta.

Osservando i dati, nel Centro-Nord il 42 per cento della popolazione adulta pratica sport con regolarità, il 26,8 per cento lo fa saltuariamente (i sedentari sono il 15 per cento). Nel Mezzogiorno il trend è inverso: il 33,2 per cento lo pratica saltuariamente e il 27,2 per cento invece lo fa con regolarità (i sedentari sono il 22 per cento nel Centro-Sud). Altra nota da evidenziare è che gli under 16 presenti nel Mezzogiorno che praticano sport a livello agonistico sono l’8,6 per cento, una percentuale tre volte inferiore rispetto ai pari età del Centro-Nord (24,8 per cento). Il tutto poi si ripercuote sulla spesa sanitaria, che si riduce di 97 euro per chi fa sport con regolarità mentre tra i sedentari aumenta di 52 euro. Tra l’altro, al Nord più del 50 per cento degli sportivi utilizza un impianto di proprietà e/o gestione pubblica. Al Sud la percentuale è del 37,5 per cento. Non solo: “Se l’analisi viene condotta a livello regionale, si nota che l’offerta di impianti sportivi pubblici è maggiormente carente in Sicilia – rimarca un comunicato della Uisp – dove la quasi totalità (il 90 per cento) pratica sport in strutture a gestione privata. Le regioni che registrano le quote più basse sono Campania e Sicilia con valori intorno al 23 per cento, seguite da Calabria e Puglia dove la pratica sportiva negli impianti pubblici riguarda circa il 30 per cento”.

Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp, osserva: “La ricerca dimostra una correlazione tra stili di vita attivi e una pratica fisica e sportiva continuativa, con la possibilità di contenere i costi sanitari e guadagnare in benessere”. Di seguito Luca Bianchi, direttore della Svimez: “L’obiettivo è migliorare lo stato di salute psicofisico della collettività, e congiuntamente nel medio e lungo termine ridurre i costi pubblici e privati connessi a stili di vita sedentari e poco salutari”.

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, invitato alla presentazione ma impossibilitato a partecipare, in un messaggio inviato sottolinea: “È sempre più diffusa la consapevolezza dell’importanza dell’attività fisica nella promozione del benessere fisico e mentale di ogni individuo in tutte le fasi della sua vita. Movimento e sport costituiscono, infatti, fattori determinanti non solo per migliorare la salute e la qualità della vita, ma anche per favorire i processi di inclusione e di coesione nella società. Oggi più che mai appare prioritario avviare una collaborazione tra istituzioni e associazioni per contrastare la sedentarietà e le abitudini scorrette, creando su tutto il territorio nazionale le condizioni infrastrutturali, culturali, economiche e sociali per diffondere la cultura della vita attiva”.

Aggiornato il 23 marzo 2022 alle ore 17:40