Bergoglio: il futuro della Chiesa, il futuro di Dio

Qualche giorno Papa Francesco ha festeggiato nove anni pontificato. Era il 13 marzo del 2013, quando – in uno dei momenti di più delicati e controversi della Chiesa – il collegio cardinalizio filo-Ratzinger elesse al soglio di Pietro un argentino, ai più sconosciuto. Lui, Jorge Bergoglio, di origini italiane, si affaccia dalla loggia di San Pietro e, con poche (e studiatissime) parole, apre una nuova pagina della storia della Chiesa. In questi anni abbiamo imparare a conoscere un uomo enigmatico, schietto, rimanendo spesso stupiti da gesti inauditi e parole poco pontificali. È uno di quei papi che, dopo una iniziale ventata di unità e rinnovamento (di facciata), ha creato più divisioni all’interno della società cattolica che non punti di incontro. Oggi, tra l’attesa del suo decimo anniversario e l’ansia di un conflitto totale, tra una pandemia che stenta a placarsi e una crisi complessiva di valori e certezze, è necessario riflettere sull’ operato di un leader indiscusso.

Personaggio pop, ecologista, tanguero, inviso dalla destra e dal cattolicesimo tradizionalista alla Burke, sempre più vicino (apparentemente) alla sinistra (da salotto?), si riesce ad inserire nelle caselle delle categorie umane e politiche con grande difficoltà. Parla da uomo di sinistra, si comporta da uomo di centro, (pensa) ed è un uomo di destra? Non si è capito. Di certo, da buon gesuita, dovrebbe avere nel sangue la scaltrezza e quella inquietante capacità di mascherare gli aspetti intrinsechi del suo essere. In ogni caso, senza entrare in analisi del paranormale, e quindi limitandoci a ciò che dice e a ciò che fa, ritengo ci siano almeno due aspetti su cui riflettere. Primo: la Chiesa, come istituzione che agisce nel rispetto dei dogmi e che non ha subito processi di riforma dal Concilio Vaticano II, nella carta dovrebbe garantire il rispetto della tradizione. L’alternativa è diventare musulmani. Il tanguero, su questo, non ha “cambiato” la Chiesa. Ha detto la sua su tanti temi ma ogni sua parola è stata sempre fraintesa. Ed ecco i suoi portavoce a chiudere ogni imbarazzo: il papa non voleva dire quello che ha detto; non ha “aperto” a niente e a nessuno. È sempre andata così.

Lui fa un’uscita e subito destra e sinistra iniziano a scannarsi. Anche dalle encicliche, lasciando da parte i suoi smisurati interessi sull’ambiente, non esce né rivoluzione né reazione. Solo continuità con il passato. Non si fraintendano il linguaggio semplice, le strizzate d’occhio all’immigrazione, la pseudo-apertura alle donne, come sintomo diretto di progressismo. Bergoglio, nei fatti, è un Ratzinger informale e senza ermellino. Secondo: il clero. Anche la sua lotta alla pedofilia è elemento di dibattito tra detrattori ed estimatori del Papa, così come le invettive e le requisitorie contro i cardinali faccendieri, le dimissioni di vescovi, le scomuniche al clero ultra-conservatore. Anche qui, in realtà, poco si è fatto.

Qualche appello come “non pensate alla carriera, pensate alle periferie”; scarse le riflessioni sull’anima. Anzi, in termini di trascendenza, il pontificato del Francesco di Buenos Aires ha messo la pietra tombale su quella poca spiritualità che ancora sopravviveva tra il clero. La pandemia poteva essere il momento di rinascita della fede, del rapporto tra umano e divino, del ritorno al pieno affidamento ai preti (come avveniva nelle pesti medievali). Invece il clero, sempre più secolarizzato e distante dalla trascendenza, ha mostrato la sua fragilità irrecuperabile: preti con doppia (e tripla) mascherina, guanti, sempre a passarsi il gel per le mani, sempre a fare inchini, sempre più timorosi delle stretti di mano, degli abbracci, del contatto con gli appestati. Paura morbosa della morte e distanza dalla sofferenza.

Così non si va da nessuna parte. L’unica soluzione è ristabilire la centralità del sacro, della fede vera e non macchiata da rivendicazioni politiche ed ideologiche. E a questo deve pensare il Papa: far capire che la Chiesa è una, che la dottrina è una, che la fine è inevitabile. Se questo non avverrà, dovremmo abituarci alla rapida trasformazione della Chiesa Cattolica in una istituzione a metà strada tra Cappella dell’Onu e parco a tema (dell’orrore).

Aggiornato il 17 marzo 2022 alle ore 10:07