La razionalità conta più che il virus sia “endemico” oppure no

Per un anno o più la narrazione era che le misure non farmacologiche e il vaccino dovessero sradicare il virus che causa Covid-19 dal pianeta. “No Covid” o “Zero Covid” erano i mantra recitati a gran voce da molti esperti. Un’aspettativa rivelatasi un’allucinazione, come il lysenkoismo nell’Unione Sovietica di Stalin. Nei primi mesi del 2021 era chiaro a quasi tutti che il coronavirus non sarebbe più andato via. Forse sarebbe bastato aver letto qualche pagina di Darwin. Da alcuni mesi la parola magica, che corre sulla bocca di esperti e politici, è “endemizzazione”: il virus è già o diventerà endemico, si legge e ascolta in giro. Che vuol dire tutto, e quindi niente. Lo scenario è sempre in cambiamento, ma il dilettantismo è rimasto lo stesso. Un virus non è definito per il fatto di dar luogo a una determinata forma epidemiologica: il medesimo virus può causare infezioni endemiche, epidemiche o pandemiche. Come si manifesta dipende dalla sua biologia (modalità di trasmissione, dinamica delle varianti), da quella degli ospiti e dal quadro ecologico, in senso generale, nel quale si diffonde.

Un’infezione endemica non è altro che un’infezione in cui i tassi complessivi sono statici, cioè non si osserva un aumento né una diminuzione. In pratica, la proporzione di persone che possono ammalarsi si trova in equilibrio con il numero di coloro che contrarrebbero il virus da un individuo infetto, assumendo che nella popolazione siano tutti suscettibili. È vero che i comuni raffreddori, tra cui molti immaginano si potrà annoverare presto Covid-19, sono endemici. Ma anche la malaria è endemica nell’Africa sub-sahariana, dove uccide oltre mezzo milione di persone all’anno. E, fino a quando non lo abbiamo cancellato col vaccino, il vaiolo era endemico e uccideva centinaia di milioni di persone.

Che un patogeno diventi endemico non significa che diventi “buono”. Non sappiamo cosa accadrà e per questo sarebbe opportuno concentrarsi sulle strategie di convivenza nei campi in cui noi abbiamo il controllo: per esempio al fine di mantenere il più possibile alta la protezione individuale, cioè la vaccinazione. Si è sbagliato a fare del moralismo e del terrorismo per chiudere le persone in casa, limitarne le libertà di movimento o per chiudere le scuole, ora si rischia di sbagliare sottovalutando i persistenti rischi, dovuti al fatto che i virus sono fra le più efficienti macchine darwiniane inventate dalla selezione naturale, e non componenti di un gioco di Lego da mettere o spostare secondo un apposito libretto di istruzioni.

Non esistono garanzie che l’endemizzazione sarà tutta a nostro vantaggio, ma è scientificamente sensato aspettarsi che vaccinando il più possibile e mantenendo così un’ampia copertura vaccinale attraverso una comunicazione che responsabilizzi e premi i cittadini per le scelte razionali, invece di punirli per decisioni che comunque sono e debbono essere esclusivamente individuali, torneremo a una vita “normale” e alle libertà di prima della pandemia. Dovremmo essere noi, con scelte informate, a imporre i termini dell’armistizio, nella direzione di un conveniente compromesso evolutivo.

(*) Componente del comitato editoriale Ibl Libri

Aggiornato il 07 febbraio 2022 alle ore 16:19