Spotify, forever Young… ma anche no

C’è il potere del cane e quello del like, il che significa – al mondo d’oggi – successo. E soldi, o meglio: milioni di dollari. Il 54enne Joe Rogan, originario del New Jersey, un profilo Instagram con 14 milioni di follower, è un tipo che ha sempre camminato con le proprie gambe e pensato con la propria testa. Insomma, un tizio fuori dagli schemi per i nostri tempi moderni: e ciò, di per sé, può essere già una notizia. Ma lui ha fatto di più: dopo gli esordi come comico, è arrivato a essere un commentatore sui generis di Ultimate Fighting Championship (organizzazione di arti marziali miste statunitensi). Fino al 2009, anno dell’attrazione fatale per il podcast. E il resto è storia, che si chiama The Joe Rogan Experience

Il programma va a gonfie vele: secondo Forbes, il podcast (popolare su Spotify, il servizio di riproduzione digitale di musica e video con cui il conduttore statunitense ha chiuso un accordo da 100 milioni di dollari per l’esclusiva dello show) viene scaricato almeno 190 milioni di volte ogni mese. Questi i numeri. Poi ci sono i contenuti che, indipendentemente dal proprio credo, hanno creato dibattito: tanto per rendere l’idea, nel 2018 Elon Musk fumò marijuana in studio con Rogan. Di recente, però, la vulgata delle polemiche ha investito Rogan per le sue posizioni sul Covid e i No vax. Addirittura, sono entrati a gamba tesa il principe Harry e Meghan Markle, Neil Young e Joni Mitchell: questi ultimi due hanno chiesto la rimozione della propria musica da Spotify. Richiesta, peraltro, arrivata pure da Nils Lofgren, membro della E-Street Band di Bruce Springsteen e dei Crazy Horse. Young ha sfidato Spotify al grido “o me o lui”. E poi “possono avere Young o Rogan, non tutti e due”, oltre ad accusare la piattaforma di “disinformazione” sulla pandemia. Lofgren, in merito al personale medico e agli scienziati in prima linea sul fronte Coronavirus, ha notato: “Quando questi eroici donne e uomini, che hanno dedicato la loro vita a curare e a salvare le nostre, chiedono aiuto non si volta loro le spalle per denaro e per potere. Si dà invece loro ascolto e ci si schiera dalla loro parte”.

La difesa di Rogan, di contro, non si è fatta attendere: “Non sto promuovendo disinformazione. Penso che ci siano molte persone che hanno una percezione distorta di quello che faccio, magari basandosi su frammenti del mio podcast o su titoli di articoli denigratori”. Non solo: “Se vi ho fatto arrabbiare vi chiedo scusa, il mio show è cresciuto in modo incontrollato. Non ero preparato”. Allo stesso tempo Daniel Ek, amministratore delegato di Spotify, ha affermato: “Personalmente su Spotify è pieno di persone e posizioni con cui sono in forte disaccordo. È importante che non ci posizioniamo come censori di contenuti, mentre al contempo ci assicuriamo che siano in vigore delle regole e ci siano conseguenze per chi le viola”.

Intanto Spotify, per gettare acqua sul fuoco, nel tentativo di placare i bollenti spiriti, ha deciso di indicare alcuni punti guida che serviranno per stoppare l’informazione ritenuta fuorviante sul Covid. Il classico cucchiaio di sciroppo, perché Rogan rimarrà al suo posto. Con buona pace dei dinosauri e della bellezza del vinile. La storia contemporanea dopotutto parla chiaro, tra il potere del cane e quello del like. Ciò che rimane tra le pagine e le pagine scure, alla fine, sono canzonette.

 

Aggiornato il 01 febbraio 2022 alle ore 06:57