Oltre l’emergenza

Il primo aprile sarebbe stata una data più adatta per la pubblicazione del decreto legge numero 1, uscito sulla Gazzetta Ufficiale il 7 gennaio del 2022. Agli occhi di un giurista, infatti, sembra più uno scherzo, strutturato in modo da far perdere il senno anche al più preparato e intelligente degli addetti ai lavori. Poiché il tempo e lo spazio sono ridotti, ci limiteremo alla disamina di un paio di contraddizioni che riguardano le date di scadenza delle misure previste dal nuovo decreto, sorvolando sulle ben più gravi contraddizioni di merito, che sono talmente evidenti da non aver neppure bisogno si essere commentate.

Al momento attuale, grazie al Dl numero 221/2021 (non ancora convertito in legge), lo stato di emergenza (rectius di eccezione) causato dal Covid- 19 è stato nuovamente prorogato dal 31 dicembre 2021 al 31 marzo 2022, in palese violazione del Decreto legislativo numero 1/2018 (Codice dalla Protezione civile). Anche ammettendo che una fonte (quasi) equivalente possa ignorare impunemente i termini massimi previsti dal codice della Protezione civile, già ampiamente consumati, va da sé che ogni misura collegata, giustificata e motivata dall’emergenza stessa debba avere come termine ultimo di validità per la sua legittimità, quello attualmente previsto per il termine dell’emergenza. Infatti, diversamente, la normativa andrebbe considerata non emergenziale ma di natura ordinaria e ciò renderebbe illegittima la sua emissione con lo strumento del Decreto legge, vincolato all’urgenza di predisporre strumenti normativi disciplinanti situazioni contingenti che non possano attendere i tempi dell’iter legislativo normale.

Ma, scorrendo il Dl 1/2022, si scopre che in molteplici dei suoi articoli la scadenza prevista per le misure ivi contemplate non è quella del 31 marzo, bensì quella del 15 giugno 2022, cioè ben due mesi e mezzo oltre lo spirare dell’emergenza Covid-19. Ma questo, se porta a ritenere illegittima la previsione normativa in emergenza, potrebbe essere giustificato come un refuso, se non fosse per la contemporanea presenza di contradditorie previsioni che accavallano il termine del 15 giugno con quello del 31 marzo, in più di una fattispecie. E non solo a causa del solito strumento (assai deplorevole) della legislazione per richiamo ad altri provvedimenti, ancora una volta utilizzato a piene mani, col risultato di rendere ancora più difficoltosa la lettura e la comprensione della normativa, ma anche per la presenza, all’interno del Dl 1 stesso, di sovrapposizioni cronologiche incongrue e ingiustificate. Vediamo le principali.

L’articolo 1 Dl 1/22 introduce nuovi articoli al Dl 44/21, già convertito, che già prevedeva l’obbligo vaccinale per i sanitari, cui si era aggiunto quello per docenti e forze dell’ordine (Dl 172/21 non ancora convertito). Il novello articolo 4 quater recita: “Dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 15 giugno 2022, (… omissis), l’obbligo vaccinale per la prevenzione dell’infezione da Sars-Cov-2, di cui all’articolo 3-ter, si applica ai cittadini italiani (… omissis) che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età, fermo restando quanto previsto dagli articoli 4, 4 -bis e 4-ter”.

Anche il successivo novello articolo 4 quinquies, relativo all’accesso sui luoghi di lavoro pubblici e privati con certificazione di vaccinazione obbligatoria per i soggetti obbligati, fa riferimento alla scadenza del 15 giugno, in particolare, esplicitamente, col rinvio contenuto nella parte finale del comma 4° secondo cui “per le imprese, fino al 15 giugno 2022, si applica l’articolo 9-septies, comma 7, del medesimo decreto legge numero 52 del 2021”.

Il lettore, ovviamente, ha necessità di conoscere il contenuto dell’articolo 9 septies comma 7, per sapere che cosa prescriva. Ebbene, esso recita: “Nelle imprese, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino al predetto termine del 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso”.

Ovviamente, si pensa che il contrasto fra i due diversi termini sia dovuto al rimando a una norma precedente, con un termine calibrato sulla scadenza dell’emergenza, che ci si sia dimenticati di coordinare. Invece, approfondendo, si scopre che l’originario comma 7 dell’articolo 9 septies del Dl 52/21 è stato sostituito, dall’articolo 3 comma 1, lettera c Dl 1/22, proprio col testo sopra richiamato, contenente la previsione del termine del 31 marzo per la possibilità di sostituzione del lavoratore sospeso per inadempimento dell’obbligo vaccinale, senza conseguenze disciplinari e con conservazione del posto di lavoro. Il che lascia il dubbio circa la possibilità di licenziamento e procedimento disciplinare, nell’inottemperanza all’obbligo vaccinale che si prolunghi oltre il 31 marzo 2022. Mero errore o voluta incongruenza?

Ma questo è nulla. Infatti, tornando al testo dell’articolo 4 quinquies, si legge al comma 1: “A decorrere dal 15 febbraio 2022, i soggetti di cui agli articoli 9-quinquies, commi 1 e 2, 9-sexies , commi 1 e 4, e 9-septies, commi 1 e 2, del decreto legge 22 aprile 2021, numero 52 (… omissis), ai quali si applica l’obbligo vaccinale di cui all’articolo  -quater, per l’accesso ai luoghi di lavoro nell’ambito del territorio nazionale, devono possedere e sono tenuti a esibire una delle certificazioni verdi Covid-19 di vaccinazione o di guarigione di cui all’articolo 9, comma 2, lettere a) , b) e c-bis ) del decreto legge numero 52 del 2021. (… omissis) I lavoratori di cui ai commi 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde Covid-19 di cui al comma 1 o che risultino privi della stessa al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022”.

Chi sono i “i soggetti di cui agli articoli 9-quinquies, commi 1 e 2, 9-sexies, commi 1 e 4, e 9-septies, commi 1 e 2, del decreto legge 22 aprile 2021, numero 52”? Per scoprirlo, bisogna andare a leggere i relativi articoli del Dl 52/21 e si scopre quanto segue. L’articolo 9 quinquies recita: “Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'infezione da Sars-Cov-2, al personale delle Amministrazioni pubbliche (… omissis), ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro (… omissis), è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

L’articolo 9 sexies:Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza, i magistrati (… omissis) non possono accedere agli uffici giudiziari ove svolgono la loro attività lavorativa se non possiedono e, su richiesta, non esibiscono la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2”.

L’articolo 9 septies: “Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 marzo 2022, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da Sars-Cov-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

Lo stato di emergenza, come detto, è stato surrettiziamente prorogato fino al 31 marzo 2022, salvo ulteriori proroghe e dunque, al momento, è questo il termine ultimo di validità (sempre che siano valide) delle norme emergenziali. Pertanto, come si può pretendere di applicare fino al 15 giugno una normativa emergenziale la cui validità è esplicitamente prevista solo fino al 31 marzo? Non solo: la scadenza del 31 marzo 2022 è stata introdotta al posto di quella originaria del 31 dicembre 2021, dall’articolo 8, comma 3, del Dl 24 dicembre 2021, numero 221, non ancora convertito in Legge, con la conseguenza che la mancata conversione farebbe decadere anche il termine prorogato, riportando la sua scadenza di validità ad una data addirittura precedente all’entrata in vigore del DL 1/22. Si assiste così a una stratificazione di normative urgenti, che si sovrappongono, modificando le precedenti senza alcun coordinamento tra le stesse.

Sicuramente vi sono altre critiche, anche assai più gravi, da sollevare nei confronti di questo nuovo decreto legge, ma si può affermare senza tema di smentita che già quanto qui analizzato dia la misura della protervia giuspositivista di tale modo di legiferare, giunta al punto da sorvolare addirittura sulla forma (che nel diritto è sostanza!), sulla logica (che nel diritto è giustizia!), sulla imparzialità (che nel diritto è tutto!), pur di raggiungere l’unico scopo evidente di mesi e mesi di normazione illeggibile, cioè la vaccinazione obbligatoria del 100 per cento della popolazione residente, senza presa di responsabilità alcuna rispetto alle eventuali conseguenze da ciò derivanti. E, nella peggiore delle ipotesi, nemmeno i posteri potranno emettere un’ardua sentenza su quanto sta accadendo solo in Italia.

Aggiornato il 12 gennaio 2022 alle ore 13:10