La Legge di Bilancio dello Stato 2022 inizia la sua prima lettura al Senato, dopo quasi 15 giorni dall’approvazione del Consiglio dei ministri. Dovrà avere il via libera della Camera entro la fine dell’anno. Il ritardo è dovuto anche ad alcuni nodi non sciolti dalla maggioranza a partire dalle pensioni, dalla stretta dei controlli sul Reddito di cittadinanza e dai bonus per l’edilizia (affitti per i giovani, asili nido). Alle incertezze tempistiche si sono aggiunti i controlli sulla solidità delle coperture economiche e le polemiche per l’inserimento dell’articolo 28 sul passaggio dell’Istituto di previdenza dei giornalisti all’Inps, creando dubbi per la cessazione del sistema che risaliva alla legge Rubinacci del 1951, secondo la quale l’Inpgi era un ente pubblico e poi Fondazione dal 1995 sostitutivo dell’Inps. Non sarà più così dal luglio 2022. È probabile che il Parlamento non apporterà modifiche al testo uscito da Palazzo Chigi ed allora resteranno molti nodi da sciogliere. Il giornalismo italiano si sta restringendo, calano gli organici delle redazioni, gli editori spingono per i pensionamenti e il ricorso alla Cassa integrazione, le vendite in edicola diminuiscono, reggono le copie online. In questo quadro, si inseriscono le polemiche sulle pensioni maturate dai giornalisti. Paladini principali di questa battaglia di disinformazione l’ex presidente dell’Inps Tito Boeri, l’economista di matrice socialista Giuliano Cazzola e l’ex premier e leader di Italia viva Matteo Renzi.
Mentre gran parte della categoria si interroga sul futuro all’interno del calderone Inps (come saranno calcolate le pensioni, quali prestazioni saranno garantite e con quali tempi, che fine farà il patrimonio immobiliare, i 2.400 pensionati che attendono il pagamento di 150 milioni di ex fissa otterranno quanto a loro dovuto sulla base dell’accordo Fieg-Fnsi, proseguiranno le trattenute Casagit in buste paga, sparirà il Cda Inpgi 1 e chi gestirà gli immobili delle sedi) ci sono alcuni ambienti politici ed economici che tentano di far passare i giornalisti per privilegiati, sbandierando pensioni d’oro. La realtà è diversa. Con una lucida e documentata analisi ci ha pensato Pierluigi Franz, sindaco Inpgi e il più votato a Roma al nuovo Consiglio dell’Ordine nazionale dei giornalisti, a rimettere le cose in ordine. Contrariamento a quanto vanno affermando Boeri, Cazzola, Renzi ed altri sul sistema di privilegio per il calcolo delle pensioni, Franz dimostra che il calcolo del sistema retributivo, conti alla mano, non ha fatto guadagnare i giornalisti bensì l’istituto.
In un documento del 2019 presso la Commissione parlamentare bicamerale sul controllo dell’attività degli enti di gestione di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza è spiegato che “senza la clausola di salvaguardia del doppio calcolo (retributivo-contributivo) applicata nel 2017 e mutuata dal sistema generale come correttivo degli effetti distorsivi causati dall’estensione del sistema contributivo a tutti gli assicurati previsto dalla riforma Fornero, l’applicazione tout court del sistema di calcolo contributivo agli iscritti Inpgi considerati gli alti livelli di retribuzione media della categoria, soprattutto in età di pensionamento, avrebbe comportato l’erogazione di trattamenti più elevati ed una impennata dei livelli di spesa pensionistica”. In parole povere, con il sistema retributivo i giornalisti ci hanno rimesso. Le pensioni medio-alte rispetto alla media Inps provengono dal fatto di aver versato i contributi sul 100 per cento della loro retribuzione quando erano al lavoro. Cosa che non avviene in altri settori.
Aggiornato il 11 novembre 2021 alle ore 14:49