In un silenzio mediatico quasi tombale, lo scorso 23 settembre 2021 il Fatto Quotidiano ha scritto un interessante articolo sulla pubblicazione di un libro – inchiesta sull’origine del coronavirus scritto da un pool di ricercatori, tra cui il giornalista italiano Paolo Barnard. In effetti, già la prestigiosa rivista medica The Lancet aveva dato opportuno risalto ad una lettera di 16 scienziati che chiedevano maggiore trasparenza sulle origini del Sars-Cov-2, non essendo ancora chiara l’origine di un virus che fino a questo momento ha ucciso oltre 4 milioni e mezzo di persone in tutto il mondo. Per questa ragione, come ripetutamente scritto su questo giornale in diversi articoli sin dal 15 giugno 2020, fonti qualificate sostengono, contrariamente al parere del governo cinese e dell’Oms, che il patogeno responsabile della pandemia di Covid-19 possa essere sfuggito dal laboratorio dell’Istituto di Virologia di Wuhan, in Cina, dove sarebbe stato manipolato con la tecnica del gain of function, cioè, mediante una modifica genetica della cellula che permette l’acquisizione di capacità che il virus base difetta a meno che non venga appositamente “rinforzato”.
In questo quadro, il Fatto Quotidiano ha segnalato la pubblicazione di un importante libro intitolato L’origine del Virus, scritto, a più mani, da Paolo Barnard, un giornalista e saggista italiano, in collaborazione con lo scienziato statunitense Steven Quay, della Stanford University of California nonché di Harvard of Massachusetts, e con il contributo anche di Angus Dalgleish, docente alla Saint Georgès University of London. Questi ricercatori sostengono che “il Sars-Cov-2 abbia caratteristiche di aggressività anomale ed estremamente patogene da rendere sostenibile che siano state ottenute tramite tecniche di manipolazione genetica in laboratorio, per questo infetta e uccide con la facilità che abbiamo imparato a conoscere”. Capacità infettive che erano ben note anche alla Cina, secondo gli autori.
Il libro, edito da Chiarelettere, si fonda “su una ricostruzione accurata ed inquietante”, come sottolinea una nota della casa editrice, secondo cui “Sono stati rivelati pubblicamente per la prima volta i segreti biologici del Sars-Cov-2, già noti alle autorità cinesi ed ai virologi sin dai primissimi casi di contagio al Wuhan Institute”. Come correttamente osserva il Fatto Quotidiano, “se queste verità – è la teoria degli autori del libro – fossero state rivelate subito, potevano permettere al mondo l’adozione in anticipo di misure più drastiche che avrebbero salvato innumerevoli vite umane”. Dal canto suo, la comunità scientifica ha inizialmente sostenuto con forza l’origine naturale del virus, ma poi è tornata sui suoi passi. Anche la richiesta d’indagine del presidente Joe Biden ai servizi segreti statunitensi ha fatto perdere certezze alla comunità scientifica che ha ritenuto necessario un approfondimento tecnico, da svolgere anche mediante l’inchiesta condotta dall’Oms sull’origine del Covid-19, la quale, tuttavia, non ha prodotto risultati affidabili. La mancata individuazione dell’ospite intermedio e l’inedita presenza dei “Furin cleavage sites”, solitamente assenti nei coronavirus, vengono definite, nel libro, come le “forbici” che hanno permesso il taglio della proteina Spike che poi ha infettato le cellule umane in modo così inedito e sorprendente da mettere in ginocchio il mondo in poche settimane.
Questo sul fronte clinico, ma sull’altrettanto delicata questione dei conflitti di interesse sul laboratorio di Wuhan più volte segnalati da questo giornale, è molto interessante il contributo del quotidiano Il Tempo del 22 settembre 2021 che analizza l’altra faccia della medaglia: “Bomba sugli Stati Uniti sull’origine del Covid-19”. “Per anni, le principali agenzie sanitarie degli Usa, Nih (National Institutes of Health) di Francis Collins e Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases) di Anthony Fauci, hanno finanziato la “Gain of Function”, cioè, la manipolazione genetica dei virus proprio all’interno del laboratorio di Wuhan, nonostante il tentativo di due presidenti Usa di bloccare questi finanziamenti”. Il giornalista Paolo Barnard chiama in causa anche la Difesa degli Stati Uniti che, attraverso il Darpa (Defense Advanced Research Projects Agency), il laboratorio di ricerca militare più avanzato del paese, avrebbe finanziato la Ong “EcoHealth Alliance” di New York, “il cui patron – si legge – è Peter Daszak, influente zoologo, nonché membro del team dell’Oms che ha indagato in Cina sull’origine del Covid-19 a inizio del 2021”. Secondo quanto rivelato a Barnard da Richard Ebright, un biologo molecolare esperto in biosicurezza della Rutgers University of New Jersey, “EcoHealth Alliance ha ricevuto dal Dipartimento della Difesa 70 milioni di dollari per quello che – afferma Ebright – appare come un tentativo dell’intelligence di infiltrare Daszak nei laboratori cinesi di virologia simulando una cooperazione scientifica. S’illusero in quel modo – sostiene il biologo – di carpire le mosse degli scienziati militari cinesi nella ricerca di armi biologiche”. “Richard Ebright – chiosa Barnard – si ferma ad un passo dal menzionare di nuovo il nome di Fauci, ma, poiché lo scienziato più famoso d’America era, di fatto, colui che dava semaforo verde a Daszak, l’allusione è chiara”.
Queste le significative conclusioni del citato articolo de Il Tempo del 23 settembre 2021: “Secondo la tesi del libro, il finanziamento del laboratorio fu opera di Daszak che – si legge – ottenne dal governo Usa importanti finanziamenti per Zheng-Li Shi, una specialista sui coronavirus dei pipistrelli del laboratorio Biosafety Level 4 di Wuhan, anche sospettata di aver fatto sparire alcuni documenti dal laboratorio in questione”. “A rendere Zheng-Li Shi ed il Wuhan Institute i principali sospetti di questo insabbiamento – proseguono gli autori – c’è l’intensa attività di Gain of Function sui coronavirus praticata in quell’istituto”. “Daszak e la sua Ong riuscirono a finanziare il laboratorio con 7 milioni di dollari stanziati dai National Institutes of Health, a cui vanno sommati altri fondi provenienti dal Dipartimento di Stato, aggirando i divieti di finanziamento su queste ricerche ‘critiche’ stabilita dal presidente Barak Obama nel 2014 e solo parzialmente revocata da Donald Trump nel 2017”.
Infatti, “allo scoppio della pandemia – ricorda Barnard – l’amministrazione Trump si era resa conto dell’imbarazzante commistione fra fondi pubblici americani e “Gain of Function” in Cina ed aveva bloccato la seconda tranche che Daszak stava consegnando a Zheng-Li Shi. L’esperta – si legge ne “L’origine del virus” – “aveva pubblicato un importante studio proprio sulla creazione in laboratorio dei virus ‘chimerici’ dei coronavirus, la cui tecnica usata per manipolare i genomi virali non lascia alcuna traccia. Quindi, secondo il libro L’origine del Virus gli Stati Uniti hanno finanziato il laboratorio di Wuhan nell’ambito di un’operazione di intelligence e in questi casi spiccano sempre figure molto particolari come quella di Peter Daszak che ha svolto un’indagine sostanzialmente su se stesso, ma è anche colui che, nel dicembre del 2019, in un’intervista televisiva, aveva preannunciato, da un momento all’altro, lo scoppio di una pandemia, in qualche imprecisata parte del mondo.
È evidente, quindi, che intorno al laboratorio di Wuhan ruotano trasversalmente interessi economici e di intelligence che fanno capo sia alla Cina che agli Stati Uniti e non è casuale che sul laboratorio hanno mentito sia il governo cinese, l’Oms, la comunità scientifica e chissà quanti altri mentiranno ancora per nascondere la verità. La cosa non sorprende più di tanto perché, come insegna il grandissimo scrittore tedesco Johann Johann Wolfgang von Goethe: “La pazzia, a volte, altro non è che la ragione presentata sotto diversa forma”.
Aggiornato il 30 settembre 2021 alle ore 13:09