“Caso Cucchi”, parla il legale del carabiniere Casamassima

Riccardo Casamassima è il carabiniere che ha contribuito alla verità sul “caso Cucchi”. In questa intervista per L’Opinioneil legale Serena Gasperini ricostruisce la vicenda.

Avvocato Gasperini, lei difende Riccardo Casamassima, carabiniere, che con la sua testimonianza ha contribuito a chiarire le responsabilità che causarono la morte di Stefano Cucchi. Ci ricostruisca la vicenda del suo assistito.

La vicenda di Riccardo, se da un lato è molto semplice perché ha solo riferito all’autorità Giudiziaria ciò di cui era a conoscenza, dall’altra è complicata perché a seguito di quelle dichiarazioni la vita personale e professionale di Riccardo è diventata – sfortunata congiunzione astrale – davvero difficile. Riccardo non ha assistito al pestaggio di Stefano perché all’epoca dei fatti prestava servizio in una caserma diversa da quella in cui avvenne il tutto. Riccardo fu solamente destinatario di una frase, pronunciata dal Maresciallo Mandolini quella stessa sera. “È successo un casino, i ragazzi hanno menato-pestato un arrestato”. Questa è la frase che Mandolini disse a Riccardo poco prima di entrare nell’ufficio dell’allora Comandante di Stazione Mastronardi. Stazione in cui Riccardo invece prestava servizio. Frase certamente grave che però non destò grande allarme in Riccardo in quel momento; d’altronde si trovava difronte un Superiore che stava entrando di corsa nell’ufficio di un altro superiore: il Comandante. Insomma cose gravi; cose da Superiori! Nel 2015, visti gli esiti dei processi sulla morte di Stefano Cucchi, la Procura di Roma indagò nuovamente e diversamente su quei fatti; in quell’occasione Riccardo ritenne che la frase del Mandolini potesse essere d’aiuto alla Procura. E così fece. Raccontò ciò che lui aveva sentito. Da quel momento per la Procura non fu difficile seguire il filo conduttore e risalire ai responsabili. Riccardo è stato il bandolo della matassa. Dopo la sua testimonianza è arrivata anche quella di Tedesco che ha così raccontato chi e come era coinvolto nel pestaggio di Stefano. Certo è che la testimonianza di Casamassima ha scosso tutta l’Arma e, come succede in ogni comunità, c’è chi ha condiviso la sua scelta e chi no. C’è stato un costante tentativo di screditarlo. Screditare Casamassima significava far perdere forza e credibilità alle sue dichiarazioni.

Oggi possiamo dire con certezza che Riccardo Casamassima ha contributo a raggiungere la verità, permettendo alla giustizia di fare il suo corso?

Assolutamente sì. E posso dire, da suo difensore, anche a caro prezzo. Ho assistito personalmente alle sue difficoltà, ai suoi momenti di disperazione. Voleva continuare a fare serenamente il suo lavoro ma fioccavano trasferimenti e provvedimenti disciplinari. Avanzava istanze, richieste ma tutte veniva o respinte per un motivo o un altro. Più o meno credibili. Le difficoltà erano giornaliere, costanti. Insopportabile. Ma lo rifarebbe ancora oggi. Il senso della giustizia, il valore della verità gli scorrono nelle vene. Se tornasse indietro farebbe esattamente ciò che ha fatto.

L’accusa infamante di essere coinvolto in una storia di droga è stata definita perché “il fatto non sussiste”. Ci racconti anche questa storia pazzesca.

Riccardo e Maria (la sua compagna) sono stati assolti con formula piena. Questa storia ha lasciato sia me che il collega Daniele Fabrizi, che difende Maria, increduli e non tanto per il reato – per i penalisti, i processi per stupefacenti sono il pane quotidiano – quanto per l’infondatezza delle accuse. I processi di questo tipo hanno delle caratteristiche assolutamente comuni e costanti: intercettazioni, appostamenti, foto, registrazioni, perquisizioni, sequestri, controllo patrimoniale e dichiarazioni del fedele acquirente. Nulla di tutto questo. Solo una “accusa” catturata durante un’intercettazione telefonica di una persona che aveva un particolare astio verso Riccardo e Maria. Intanto la prima cosa che ci lasciò perplessi – ma che ci fece anche molto riflettere e capire – fu la “tempistica” di questo processo. Per prima cosa, la notizia che Riccardo era sotto processo per motivi di droga l’avemmo dai giornali, solo successivamente arrivò la notifica formale; e già questa circostanza ci fece fare delle riflessioni. La seconda cosa, non so se peggio o meglio della prima, fu da un lato uno strano sincronismo tra alcuni eventi che in quel momento coinvolgevano Riccardo, dall’altro una tempistica un po’ anacronistica del reato contestato. È vero che la giustizia è lenta, ma qui ci pareva un po’ troppo, specialmente quando si tratta di questo reato. Insomma, i presunti fatti di droga portavano la data 2014 (ma aggiungiamo anche 2011, 2010 in corso di processo) e noi eravamo a novembre del 2018. E nel frattempo, a fine maggio del 2018 Riccardo aveva testimoniato in Corte di Assise nel processo Cucchi bis (contro i Carabinieri); il 13 giugno 2018 Riccardo veniva trasferito d’autorità; i primi di ottobre del 2018 l’imputato Francesco Tedesco aveva dichiarato sempre in Corte di Assise chi fossero i responsabili del pestaggio; il 18 ottobre 2018 il comandante generale Nistri, il ministro Trenta avevano incontrato privatamente Ilaria Cucchi la quale subito dopo l’incontro dichiarava in conferenza stampa che da quell’incontro tutto si sarebbe aspettata tranne che uno “sproloquio” nei confronti di Casamassima”. Insomma quel processo e quella notizia su Riccardo “sotto processo per droga” pubblicata su tutti i giornali proprio ad ottobre del 2018 ci è parsa una “coincidenza” (per così dire) un po’ particolare. Fatto sta però che da queste accuse terribili Riccardo e Maria (ah, mi ero dimenticata di dire che anche lei è stata una importantissima testimone in Corte di Assise nel processo Cucchi bis) ne sono usciti indenni e la loro credibilità, serietà, onestà ed affidabilità è rimasta intatta.

Se la sente di raccontarci come l’arma dei carabinieri ha trattato Riccardo Casamassima? Tra il comandante generale Nistri e l’attuale Luzi avete notato atteggiamenti diversi?

Come è stato trattato Riccardo? Basta ascoltare le udienze celebrate al Tribunale militare di Roma (pubblicate su Radio Radicale) dove Riccardo si sta difendendo per il reato di diffamazione e vilipendio per aver raccontato (denunciato) sul proprio profilo Facebook ciò che stava vivendo. In udienza abbiamo ascoltato vari testimoni e molti hanno chiarito bene quale fosse la condizione di Riccardo e il trattamento. Atteggiamenti diversi con il cambio al vertice? Certamente è una pura coincidenza però di una cosa sono una diretta testimone: poco dopo l’insediamento del generale Luzi, Maria e Riccardo hanno trovato una soluzione al problema della gestione dei figli minori a causa dei turni che si accavallavano e che non riuscivano ad essere gestiti e regolati neanche dai loro diretti e rispettivi superiori. Prima era una cosa impraticabile, oggi la questione è risolta. Se si tratta di casualità o di volontà, non lo so. Lascio le considerazioni agli altri. Io mi baso su ciò che vedo e quanto ho visto è un dato di fatto.

Cosa resta da chiarire dell’uccisione di Stefano Cucchi? Che cosa serve, in Italia, per evitare che episodi del genere possano accadere ancora?

Resta da chiarire da chi è partita l’idea e l’ordine di depistare le indagini sul pestaggio, prima, e la morte, poi, di Stefano. Per evitare che ciò accada ancora basterebbe dotare di telecamere ogni luogo (carceri, celle, aule, celle di sicurezza, stanze, auto) in cui passi o resti un arrestato, un fermato, un detenuto. Fosse per me, metterei le telecamere attaccate alle divise di ogni operatore, agente, ufficiale e non che nello svolgimento della propria attività lavorativa deve avvicinare un cittadino, buono o cattivo che sia.

Aggiornato il 03 settembre 2021 alle ore 15:58