Anche La Sapienza non si fida del vaccino?

Il tutto è riassumibile canticchiando: per fare il tampone ci vuole il Green Pass, per fare il Green Pass ci vuole il tampone (o il vaccino). La rettrice dell’Università di Roma La Sapienza ha annunciato che dall’8 settembre all’interno della città universitaria sarà possibile per gli studenti fare un tampone gratuito, ma questo ovviamente vale solo per chi ha la certificazione verde (da vaccino o da tampone). Se non sei vaccinato, quindi, per fare il tampone dentro la tua Università devi presentarti con un tampone negativo relativo alle 48 ore precedenti. Sembrerebbe uno scherzo ma il gioco delle scatole cinesi è già ufficiale. Inoltre, fa pensare molto la scelta dello storico Ateneo di offrire gratuitamente i tamponi agli studenti vaccinati. Per caso anche La Sapienza non si fida del vaccino?

Le lezioni da settembre ripartiranno in modalità mista, che concretamente significa che chi ha il Green Pass può scegliere se andare o meno in presenza, e chi non ha il Green Pass è costretto a vivere la propria vita universitaria dietro l’alienante schermo di un pc. La società di oggi accetta tutto questo, si riempie la bocca di belle parole ma permette la discriminazione di migliaia di studenti che hanno scelto di non farsi mettere in corpo un vaccino (tra l’altro in un periodo in cui in Giappone vengono sospese 1,6 milioni di dosi di Moderna). Dove è finita la nostra libertà? Dove sono finiti i nostri diritti? Oggi accettiamo tutto questo, domani cosa siamo disposti ad accettare? Dobbiamo ricordarci che verso il baratro si scende un passo alla volta, quindi con le unghie e con i denti dovremmo difendere le nostre libertà.

Pochi sono i docenti, gli intellettuali che hanno il coraggio di schierarsi contro questo sistema. In molti hanno paura di perdere i privilegi accumulati negli anni con una semplice dichiarazione di sostegno a tutti quei ragazzi che vorrebbero semplicemente studiare e costruirsi il proprio futuro. Non è pensabile che siano tutti d’accordo con l’ideologia dominante dei mass media, è più probabile che in tanti non abbiano voglia di impicciarsi troppo. A queste persone va detto che se continuiamo di questo passo anche i loro privilegi un giorno non varranno più niente. Noi non siamo categorie. Non siamo soltanto infermieri, ristoratori, studenti o dipendenti dello Stato. Noi siamo persone. E come persone appartenenti a un popolo dovremmo lottare tutti insieme per garantire all’altro la libertà di vaccinarsi o di non vaccinarsi, di portare avanti il proprio modo di essere.

La Sapienza e tutte le altre Università d’Italia dovrebbero rispondere. I rettori e le rettrici dovrebbero guardarsi dentro e chiedersi se ha senso quello che stanno facendo. Si può subordinare l’istruzione universitaria al possesso di un certificato digitale? Vale la pena precludere lo studio a migliaia di ragazzi, per non mettere in pericolo la propria carriera politica e nelle istituzioni? Molti la risposta già ce l’hanno, devono solo prendere coraggio e mettersi dalla parte degli studenti. Di tutti gli studenti.

Aggiornato il 30 agosto 2021 alle ore 11:12