La sofferta ripresa del calcio post Covid

Il calcio, ancora condizionato dal Covid, ha riaperto i battenti che contano per la nuova stagione che porterà ai Mondiali invernali del Qatar. Una fase tormentata con gli ingressi agli stadi soggetti al “Green pass” e alla capienza.

Quanti tifosi potranno assistere in presenza alle gare? L’organizzazione calcistica è in grado di rispondere alle esigenze delle autorità sanitarie? La riapertura parziale avrà riflessi negativi sulle casse dei club che hanno già subito un duro colpo per la chiusura dei botteghini nei due anni di pandemia. La limitazione del 50 per cento della capienza penalizzerà le società che dispongono di grandi stadi e che quasi certamente saranno costrette ad aumentare il prezzo dei biglietti d’ingresso.

Dopo una stagione con abbonamenti quasi del tutto inesistenti, le società non hanno organizzato campagne per tutto l’anno. Le incertezze della pandemia, le difficoltà operative on-line nell’acquisto dei biglietti hanno consigliato di non vendere tessere per tutto l’anno ma di garantire la prelazione ai vecchi abbonati sui tagliandi delle singole gare.

Oltre all’aspetto contabile c’è un risvolto di queste decisioni: gli abbonamenti sono sempre serviti a coprire le uscite finanziarie di inizio stagione (stipendi, pagamenti dei contributi previdenziali, acquisto dei materiali). La loro assenza ha costretti i club a ripianificare i flussi di cassa. È stato calcolato che con gli stadi aperti a metà della capienza i club di Serie A hanno perso nelle prime due giornate d’agosto circa 10 milioni di euro, prima della sosta per le qualificazioni mondiali. L’allarme rosso è stato lanciato dal presidente della Federazione italiana giuoco calcio (Figc) Gabriele Gravina con una lettera al Governo nella quale si chiedono interventi e sgravi fiscali.

Clamorosa anche la denuncia del presidente del Barcellona, Joan Laporta, che rispondendo ad una lettera dell’ex presidente Josep Maria Bartomeu ha fornito i dati del baratro finanziario che erano stati tenuti segreti: 1,5 miliardi di debiti. Dopo il prestito di 80 milioni ottenuto da Goldman Sachs per pagare gli stipendi (saliti al 103 per cento degli introiti) e i lavori urgenti per mettere in sicurezza lo stadio Camp Nou, il debito reale era salito a un miliardo e 432 milioni. In queste condizioni, per Laporta, era impossibile rinnovare il contratto di Lionel Messi che dopo 21 anni ha lasciato il Barcellona per il Paris Saint-Germain dell’emiro Nasser al-Khelaifi. I catalani ripartono dalla “Masia” che continua a sfornare giovani di talento.

Sono stati mesi turbolenti e di cambiamenti: giocatori passati da un club all’altro. Imprevisto e clamoroso il ritorno in Premier League del belga Romelu Lukaku che aveva appena vinto lo scudetto con l’Inter. Le difficoltà economiche dei cinesi Zhang hanno prevalso su qualsiasi considerazione, incassando 115 milioni per l’attaccante e altri 55 per il difensore Achraf Hakimi.

Un giro di miliardi che ha coinvolto procuratori, allenatori, società. Su tutto il mondo calcistico stanno pesando le vicende dei diritti televisivi. Dalla prossima stagione si prospetta un’abbuffata di offerte tra le quali i tifosi dovranno districarsi, pagando le varie soluzioni. Si parte dopo 18 anni di monopolio di Sky con l’aggiudicazione di 10 partite settimanali da parte di Dazn mentre le altre tre sono rimaste a Sky. Ci sono poi la Rai per la Nazionale Azzurra, Mediaset ed è comparsa Amazon con “Prime Video”. Abbonamenti, telecomandi, segnale in chiaro o criptato. Un caos e costi elevati.

Aggiornato il 23 agosto 2021 alle ore 12:56