Il progetto di Zwan srl e della rivista “Reputation”

Nell’Italia degli scorsi decenni la sputtanation spesso ha trionfato sulla buona reputazione. Troppe volte essere sfrontati, furbi, trasgressivi in tivù, sui giornali, nelle piazze come in Parlamento o in un locale, è stata la strada maestra per ascendere all’Olimpo delle star dei media nazionalpopolari e su quello costruire una fortuna più o meno effimera. Ciò è avvenuto perché il vezzo di perdonare vizi peccati e peccatucci derivato da un cattolicesimo d’accatto e utile ai furbetti del quartierino ha oscurato la base etica su cui si sono costruite molte fortune nei Paesi di cultura protestante. Quando Warren Buffett diceva “Ci vogliono vent’anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla”, qui si diceva “Meglio che si parli male di me, piuttosto che non si parli di me”.

Adesso l’orizzonte è mutato, soprattutto nel mondo dell’impresa (nello star system, che include buona parte della politica, non è così). Zwan srl è uno degli artefici di questa metamorfosi culturale che è nata negli anni della crisi e della post globalizzazione selvaggia, “costringendo” gli imprenditori a far tesoro dei dati reali e non delle chiacchiere per meglio proporre prodotti e servizi ai clienti.

La consulenza Zwan parte dai dati: l’83,6 per cento della popolazione sceglie i prodotti che utilizza e le organizzazioni di cui fidarsi in base alla loro reputazione.

La reputazione non va confusa col marketing e con la pubblicità. Mentre la prima si basa sui dati (ad esempio con un “Reputation rating”), marketing e pubblicità utilizzano soprattutto parole e immagini. Mentre la reputazione è un procedimento utile a sviluppare e comunicare i criteri di un’azienda, di un Ente o di un’organizzazione, il marketing è “il complesso delle tecniche intese a porre merci e servizi a disposizione del consumatore o dell’utente nel tempo, luogo e modo più adatti, ai costi più bassi per il consumatore e insieme più remunerativi per l’impresa”. La pubblicità inoltre è un processo creativo che enfatizza i prodotti di un’azienda.

La reputazione rappresenta invece la “catena di valori” che dovrebbe dirigere la comunicazione e diventare l’imperativo di ogni soggetto economico (e anche di ogni persona). La Reputazione quindi non è il “Greenwash” o un’operazione di immagine ma una forma di didattica maieutica che Zwan attua con un metodo scientifico in corso di brevettazione internazionale. Tra i clienti-partner di Zwan vi sono importanti organizzazioni quali Confindustria, Federmanager, Selda, la Corte costituzionale, ed anche aziende private come Botta Packaging, Pasta Rummo, Remotair e molte altre. Inoltre, Zwan pubblica per Mediolanum editori il magazine Reputation review.

Scrive il manager e cofondatore Davide Ippolito: “Ogni società dovrebbe rappresentare un insieme ricco e variegato di scopi e valori. Le organizzazioni non possono prescindere dalla consapevolezza del proprio ambiente di vita, ma devono trovare il modo di integrarsi con esso, avviare degli scambi, offrire il proprio contributo per il benessere generale”. Aggiunge il senior partner Nicola Vidali, che opera nel mercato statunitense: “La reputazione è un valore che influenza il mercato in modo diretto ed indiretto. È un asset che oltrepassa facilmente i confini geo-politici ed è capace di proporsi come un parametro di valutazione (e assessment) molto importante per ogni aspetto della vita aziendale, dalla relazione con i vari stakeholders a quella con i fornitori, dalla qualità del prodotto finale a quella espressa dagli ambienti di lavoro e dalla cultura aziendale stessa”. Si tratta quindi di rifondare quella che una volta era definita “cultura d’impresa” adattandola ai tempi post globalizzazione con risultati concreti ottenuti senza indulgere in ideologie come il politicamente corretto o il greenwash.

Siti e testi di riferimento: www.zwan.it www.reputationreview.org - Davide Ippolito “Reputazione, capitale del terzo millennio”, Mediolanum editori, 2020.

Aggiornato il 06 agosto 2021 alle ore 14:45