Come a tutti, anche a me è dispiaciuta la morte di Raffaella Carrà. Ma se scrivo queste poche righe non è per celebrarne il ruolo e la figura, cosa che molti altri hanno fatto prima di me e certamente meglio di quanto potrei fare io. Vorrei, invece, notare un aspetto apparentemente del tutto marginale, ma che invece credo rivesta un significato importante da meditare. Pochi giorni or sono, infatti, Maria Volpe, commentando la sua scomparsa sul Corriere della Sera e rievocando la sua biografia, ha scritto che Raffaella amava molto i nipoti, figli del fratello, al punto che dopo la morte di questi lei “ha fatto loro da padre”: così, letteralmente, senza alcuna titubanza o precisazione. Ovviamente, comprendo assai bene cosa la giornalista abbia voluto intendere; tuttavia, un aspetto mi fa specie: e cioè che l’articolo citato ci dica che una donna ha fatto da padre ai suoi nipoti, come se questa fosse la cosa più normale del mondo. Diverso sarebbe stato se il testo avesse precisato che, essendo morto il padre dei ragazzi, questi hanno trovato nella zia – cioè in Raffaella – una donna che li ha amati al segno da non far sentir loro la mancanza di lui, surrogandone la funzione e il ruolo.
Invece, qui no. Non si accenna neppure indirettamente ad una eventuale surroga, ma ad una vera e completa sostituzione: eppure, i due termini non sono sinonimi, anzi tutt’altro. Con surroga si intende l’ingresso di una persona nel ruolo di un altro, con tutti i limiti e le difficoltà che ciò possa comportare; sostituzione invece designa una autentica e completa sovrapposizione di una persona ad un’altra, che appunto venga sostituita senza residui o limiti di sorta. Insomma, chi surroga, pur facendo del suo meglio, mai potrà in effetti sostituire la persona surrogata; chi invece sostituisce qualcuno lo potrà, anche se certo mai in modo del tutto esauriente.
Orbene, non mi capacito, dopo aver letto il pezzo che ho citato, come sia possibile che Raffaella – una donna – abbia sostituito il fratello – un uomo – nel far da padre ai nipoti. Insomma, la domanda suona: può una donna sostituire un uomo? E vale ovviamente anche la reciproca: può un uomo sostituire una donna?
Per la giornalista del Corriere, la risposta a queste domande è affermativa, probabilmente in ossequio all’ideologia dell’indifferentismo sessuale, in forza del quale i sessi sono intercambiabili senza alcun problema, oltre che tramutabili l’uno nell’altro a seconda della percezione soggettiva (questa sarebbe la teoria del Gender). Ora, per quanto io mi sforzi e con tutta la buona volontà, non credo che sarei in grado di fare da madre a due ragazzini, perché non si tratta di far da mangiare o di cambiare i pannolini (cosa che io orgogliosamente rivendico di aver fatto per i miei figli), ma di qualcosa d’altro. Si tratta di una visione del mondo diversa per gli uomini e per le donne, che rimane irriducibile oltre ogni tentativo di neutralizzazione.
Soltanto la pervicace chiusura ideologica del nostro tempo può sostenere che la marcatura sessuale sia indifferente, come essere biondi o bruni, alti o bassi. La realtà ci dice il contrario, beffandosi della ideologia. Ci dice che uomini e donne vedono il mondo e il loro ruolo in modo diverso e complementare: per fortuna! Ciò non vuol dire certo supremazia dei primi sulle seconde o viceversa, ma differenza certamente sì. Negare o cercare di occultare questa differenza non solo è stupido – come nascondere il sole con una rete, diceva mia nonna – ma anche dannoso, perché mistifica la realtà delle cose. Sicché – mi perdonerà Maria Volpe – preferisco dire che Raffaella ha fatto di tutto per non far mancare la figura paterna a suoi amati nipoti, il che è meritevole e soprattutto vero. Mai, invece, che ha fatto loro da padre, perché oggettivamente impossibile e falso.
Aggiornato il 15 luglio 2021 alle ore 12:43