
All’Odeon di Erode Attico, Acropoli di Atene, suonano Dmítrij Dmítrievič Shostakovich e anche Sergej Vasil’evic Rachmaninoff. Tutt’intorno svolazzano uccelli educati. Intanto in Italia tifosi ed hater professionali sono lacerati dal caso Vati-Zan, e non sanno contro chi lanciare i propri strali. Il Governo di Giuseppe Conte ha trattato i cittadini come scolaretti, nel modo oltre che nella sostanza. Mario Draghi è un signore e fa sentire tutti almeno alle medie superiori. I social pompano e tutti sono maestrini di tutti.
Dietrologie a parte, in ogni difesa di categoria c’è una lobby, c’è qualcuno che specula, politicamente e non solo. Nel sostenere clandestini, omosessuali, musulmani estremisti, nell’abolire termini sgraditi a qualcuno, restringendo il dizionario a misura dei gruppuscoli di potere che si mimetizzano ovunque. Gli italiani vanno rieducati, l’hanno fatto Mao e Stalin con miliardi di persone, che sarà mai mettere in riga quattro gatti in uno Stivale? La libertà sventolata è solo quella di prendere ordini impartiti nel modo più subdolo: d’altra parte essere seguaci degli influencer, i quali impongono senza imporre un nulla nebulizzato, predispone ad accettare qualsiasi altra proposta o coercizione.
Così molti continuano a tuonare su Facebook, sentendosi implacabili e non si rendono conto di quello che accettano passivamente, mentre insultano l’orbe terracqueo. Sono stesi in terra, non si spostano mentre un cingolato passeggia sul loro corpo ma non lasciano passare nulla, neppure i post romantici: qualcuno ha fatto un esperimento, scrivendo una sola parola, ad esempio, “acqua” e ricevendo comunque un buon numero di insulti da chi avrebbe trovato il modo di colpire anche fuoco, sole, amore.
Se poi certi simboli divenuti un must appaiono in Paesi che riteniamo superiori, come la Germania che se ne esce con stadi arcobaleno, qualcuno si sente ancora più indietro, oltre che in colpa, ignorando naturalmente il perché. E pensare che gli italiani, se non strattonati da mani becere, sarebbero un popolo educato dentro, con principi e buon senso.
Come gli uccelli intorno al teatro greco. Cantano, emettono i loro legittimi versi, inizialmente interferiscono un po’ con l’orchestra. Ma poi c’è un assolo di un grande pianista russo. La frase è delicata, le note volano eteree e gli uccellini capiscono che è venuto il momento di ascoltare e interrompere cinguettii troppo fuori tono. Cosa che farebbero anche gli italiani, se non fossero frastornati dai falsissimi maestri.
Aggiornato il 25 giugno 2021 alle ore 10:55