In effetti non è un capolavoro e non passerà di certo alla storia come la più bella scultura postmoderna del primo Ventunesimo secolo, quella che effigia una porchetta installata da qualche giorno a Trastevere, a Roma, più precisamente in Piazza di San Giovanni della Malva e che subito, ça va sans dire, ha suscitato le ire di animalisti e vegani oltranzisti che pare non abbiano esitato a definirla un “monumento all’olocausto animale”.
L’opera è di un giovane studente della Rome University of Fine Arts, reca il titolo tra l’ironico ed il commerciale-turistico Dal panino si va in piazza e vorrebbe alludere e celebrare la convivialità, il piacere del godere la vita in libertà e amicizia. Un maiale epicureo, dunque, che trovo sia significativo della voglia di ritornare a vivere dopo lunghi mesi di costrizione soffocante. Del resto, voglio ricordare come il maiale sia da sempre fedele amico di un santo venerato in tutto il mondo e persino nei Paesi arabi e islamici, quale Sant’Antonio. Insomma, dall’antica Irlanda alla lontana Cina il suino domestico accompagna l’uomo e la sua civiltà.
La scultura è parte integrante di un progetto artistico chiamato Piazze romane, che prevede l’installazione temporanea di altre sette sculture oltre questa, tutte patrocinate dal Municipio I-Roma Centro e dal ministero dei Beni culturali. Le opere saranno rimosse alla fine di settembre per renderle quindi itineranti e sono frutto dell’ingegno artistico dagli studenti della Rufa.
Quale luogo più adatto dell’Urbe, la città delle mitiche “statue parlanti” che vanno da Pasquino – la più nota – sino a Madama Lucrezia e al Babuino, per una simile, goliardica, iniziativa?
Ovviamente le critiche sono giunte da parte pentastellata, con il consigliere comunale Daniele Diaco che ha definito l’opera “la statua di un cadavere nel mezzo di Trastevere”, sottolineando che essa sia stata “voluta dal Partito Democratico” e ha aggiunto chiose come “un’opera rivoltante”. Verrebbe da chiedersi dove si fosse distratto il consigliere mentre la sua giunta attuava la rimozione o la copertura con l’asfalto degli storici sampietrini o impediva per la prima volta dopo secoli, alle persone, di sedere sui gradini della scalinata di Piazza di Spagna. Tutte cose molto più discutibili di una buffa scultura, peraltro non fissa.
Ovviamente si è aggiunto l’immancabile coro della Lega Anti Vivisezione (che personalmente condivo e applaudo ma non quando si rivela priva del senso dell’ironia) che mediante il suo portavoce ha affermato che la scultura “offende la sensibilità di circa trecentomila romani vegani e vegetariani, che in essa vedono un insulto al valore della vita degli animali esseri senzienti, al loro sacrificio forzato in nome di una preferenza alimentare nemmeno necessaria ma solo egoistica”.
Più banale e significativo della poca conoscenza delle sculture zoomorfe dell’Urbe, quello che Carlo Calenda ironicamente avrebbe scritto in un suo tweet: “Siccome a Roma non abbiamo abbastanza animali di vario genere l’Amministrazione ha deciso di abbellire la città con questo meraviglioso maiale in marmo”. Ora forse qualcuno dovrebbe informare il competitor allo scranno di primo cittadino che a Roma esistono da secoli molti animali effigiati nella pietra tra gatti e lupe capitoline, aquile, leoni, api, elefanti e orsi, per tacere di quelle fantastiche come draghi e viverne, ittiocentauri e altre meraviglie.
Concludo tale cronaca, del tutto estiva, con il ricordo di come in un’altra città da secoli, dal lontano XVI secolo in piena età medicea, a Firenze dunque, culla insieme con Roma dell’aurea Rinascenza, stia esposta a vanto e pubblico divertimento dei grandi e dei piccini, la splendida scultura bronzea conosciuta come Il Porcellino, nella loggia del Mercato Nuovo, vicino al Ponte Vecchio. In realtà l’opera raffigura un cinghiale, animale gravido di profondi e arcaici quanto arcani significati simbolici, oggi così frequente anche nelle strade periferiche romane ed è copia fusa in bronzo di un’altra copia romana di un marmo ellenistico, che papa Pio IV donò a Cosimo I nel 1560, in occasione di una sua visita a Roma. Quindi, come si vede, i cinghiali con Roma c’entrano sempre.
La tradizione popolare, chi scrive era solito andarci da bambino e ancora adesso ogni volta che va a Firenze non manca mai di compiere il rituale, vuole che toccare il muso del Porcellino, o farvi scivolare una moneta che deve cadere nella sottostante fossa di scolo per l’acqua, porti fortuna.
Allora cos’altro aggiungere? Speriamo che anche l’opera momentanea alla Porchetta romana porti altrettanta fortuna a questa città straziata, abbrutita, vilipesa e offesa, non da una scultura ma dall’umana insipienza e dalla più volgare brutalità.
Aggiornato il 24 giugno 2021 alle ore 12:26