Piatto ricco mi ci ficco fa rima con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nel Paese Italia in cui il piatto ricco non è scontato che faccia rima con resilienza e ripresa. Ripresa da cosa, da chi, dove, quando e perché?
Parlare di una necessità di ripresa per un Paese non può non contemplare l’analisi profonda di quali siano le cause che ne abbiano comportato l’arresto. Arresto economico, sociale, culture e umano. Arresto che si coniuga con degrado, lassismo, corruzione, bulimia burocratica, caos politico-amministrativo. Arresto che ha il sapore della terra dei fuochi, dei ponti che cadono, dei terremotati dimenticati, della spazzatura che invade ogni angolo delle nostre città, della corruzione che disonora la giustizia, la Pubblica amministrazione e la sanità.
Arresto che parla la lingua della raccomandazione, del ricatto e della mediocrità. Mediocrità che ha condotto i giochi politici, amministrativi, sociali e culturali del Paese che infanga il buon nome di chi lotta per la giustizia, per l’equità e per la trasparenza. Trasparenza che fa rima con competenza. Competenza che rappresenta la forza principale della sperata ripresa. Competenza che non può non essere accompagnata da una trasformazione culturale del Paese in ripresa. Trasformazione culturale che dovrebbe contemplare la necessità di fare i conti con un modus operandi atavicamente caratterizzante la mente clientelare.
Mente clientelare che funziona attraverso lo strizzare l’occhio all’amico, al parente, al compagno, al fratello, al reciproco scambio di favori e cortesie che a volte non risparmia neppure la giustizia. Una trasformazione culturale che dovrebbe iniziare da una presa di coscienza delle coordinate necessarie per orientarsi verso la direzione della resilienza. Coordinate i cui punti fondamentali sono rappresentati da specifiche caratteristiche emotive e cognitive. Difficile è poter contemplare che un piano di ripresa possa fare affidamento sulle buone intenzioni, sulla voglia di superare la crisi e sulla capacità di resilienza. Difficile è poter attivare la resilienza per la ripresa di un Paese senza contemplare un cambiamento culturale, sociale, psicologico che metta al centro il concetto di dignità.
“La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella consapevolezza di meritarli” (Aristotele). Il merito dignitosamente conquistato è la chiave che apre la strada della ripresa e della resilienza di un Paese. Il passaggio da una Italia ferme, dominata da corruzione, mediocrità e lassismo ad un Paese in ripresa, resiliente, dominato dalla meritocrazia, dalla trasparenza e dalla valorizzazione del bene comune non può prescindere da un cambio di direzione dal bene individualistico al bene comune. Il bene comune che contempla la distribuzione equa delle risorse e che fa della necessità della ripresa la virtù di pensare, programmare e realizzare opere per tutti e non solo per pochi, opere che non gonfiano i soliti portafogli ma che vadano a soddisfare i bisogni delle frange più fragili.
Un passaggio culturale e psicologico dal piatto ricco mi ci ficco al piatto ricco per tutti. Piatto ricco per tutti che sottolinea l’urgenza individuale e collettiva di attivare un processo di analisi della dilagante profonda superficiale fragilità esistenziale che necessita di un deciso processo di educazione e formazione alla resilienza. A mio avviso la resilienza è legata al concetto di persistenza, è legata ad un atteggiamento positivo che permette di fronteggiare le difficoltà in maniera efficace. La persona resiliente vive con la consapevolezza che la conoscenza profonda dei propri limiti e delle proprie risorse è elemento fondamentale per vivere una buona qualità della vita.
“La resilienza non è solo la voglia di sopravvivere a tutti i costi, ma anche la capacità di usare l’esperienza maturata in situazioni difficili per costruire il futuro” (Andrea Fontana). Futuro che riusciremo a garantire alle nuove generazioni, se insegneremo loro a “resistere”, a “risalire in barca una volta caduti in mare”. Se insegneremo loro che le relazioni sono più importanti delle cose, che uno sguardo è molto più di un click, che un abbraccio o una stretta di mano non sono paragonabili ad un like, che la capacità di esserci non si racchiude nello scatto di un selfie.
Nuove generazioni che pagheranno a caro prezzo le nostre corruzioni, i nostri lassismi, la nostra psicotica burocrazia, le ingiustizie, le mediocrità amministrative, giudiziarie, sociali, ambientali. Nuove generazioni a cui il piatto ricco di oggi forse è servito con poco sapore di responsabilità e con troppa superficialità.
(*) Docente universitario, Psicoanalista
Aggiornato il 09 giugno 2021 alle ore 11:53