Niente veglia a Hong Kong per i ragazzi di Tienanmen

Per il secondo anno consecutivo niente veglia per ricordare le ragazze e i ragazzi massacrati dai militari a Piazza Tienanmen nel tragico 4 giugno 1989 dopo un mese di pacifiche manifestazioni a Pechino all’insegna di più democrazia e libertà.

Il ricordo del massacro (non si è mai saputo il numero dei giovani che persero la vita) e del sogno degli studenti e operai cinesi soffocato nel sangue dai militari era stato sempre ravvivato dalle fiammelle della concentrazione notturna al Victoria Park.

La popolazione dell’isola, che fino al 2017 godeva di una larga indipendenza come ex colonia inglese, con l’annuale veglia intendeva ribadire non solo la volontà di tenere viva la memoria di un sacrificio che il regime ha rimosso con tutti i mezzi (censura, carcere ed esilio per i dissidenti) ma anche la condanna di un crimine contro la libertà. I timori di perdere l’autonomia e il sistema democratico parlamentare stanno trovando conferma nella legge sulla Sicurezza nazionale varata dal Governo di Pechino, sulle scelte per il Governatore e il Parlamento dell’isola, di quasi 8 milioni di abitanti.

La polizia ha vietato quest’anno la tradizionale veglia al Victoria Park senza alcuna giustificazione a differenza del 2020, quando fu proibita per timore del dilagare del contagio da Covid-19. Appare evidente che l’orientamento del Governo cinese sia quello di comprimere qualsiasi espressione di libertà, anche all’interno dell’ex colonia tornata sotto il regime di Pechino.

Quel passato del 4 giugno 1989 non deve essere ricordato. È cancellato da tutti i siti Internet, sconosciuto nei libri delle scuole e nelle documentazioni ufficiali. Il regime, come dimostra la retata nel seminario cattolico dell’Hebei con l’arresto del Vescovo, Zhang Weizhu, intende mantenere uno stretto controllo su tutte le attività economiche e culturali.

E per far fronte alla riduzione dei posti di lavoro nel settore privato a causa della pandemia ha organizzato un super “guakao”, l’esame per ottenere un posto ministeriale. Altri nove milioni di ragazze e ragazzi si sono affacciati ai campus di chi offre lavoro. Niente, però, è consentito, neppure larvatamente, a ipotesi di “sovvertimento del potere statale” e tanto meno ai ricordi come quello di piazza Tienanmen.

Il milione di persone che ha occupato nel maggio 1989 il vialone del centro di Pechino fu un trauma dal quale il regime comunista cinese non si è più ripreso. Ha deciso di ignoralo, seppellirlo. Ma il tentativo della “damnatio memoriae” veniva scoperchiato dalla veglia di Hong Kong, alla quale hanno partecipato negli anni migliaia di cittadini.

Nel libro “Giovani e libertà. Trentuno anni dopo veglia vietata a Hong Kong” (edito da Ilmiolibro.it) racconto le vicende di quelle giornate con la prefazione della professoressa dell’Università di Delft, Alessandra Menicucci, che ha conosciuto il mondo studentesco dell’enorme ateneo di Chengdu e con le fotografie inedite di piazza Tienanmen del giornalista Rai, Antonio Gabriele Cardin, che era a Pechino tra gli studenti in occasione della visita di Michail Gorbaciov.

La maggiore invadenza del Governo di Pechino nella vita dell’isola ha fatto scattare la reazione. Il divieto è stato respinto dall’Associazione (Hong Kong Alliance) che ha organizzato la veglia per 30 anni. C’è sempre una scorciatoia per superare le censure. Il vicepresidente dell’Associazione, Chow Hang-Tung, ha invitato i cittadini del mondo “ad accendere una candela alle 20 del 4 giugno, ovunque voi siate. Questo non dovrebbe costituire una violazione di legge”.

Aggiornato il 03 giugno 2021 alle ore 11:13