Gruppo Monti Riffeser: allarme dei giornalisti

La rivoluzione dell’organizzazione giornalistica del gruppo Monti Riffeser? Dolorosa, pesante secondo i comitati di redazione dei 280 giornalisti della Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino e Quotidiano nazionale. Proiettata al futuro con un organico più giovane, più adeguato all’utilizzo delle tecnologie digitali, risponde l’editore.

Difficile individuare un equilibrio tra opposte esigenze. Per ora sembrano prevalere quelle legate al taglio dei costi e quindi dei redattori, tenuto anche conto dei gravi danni economici provocati dall’arresto delle iniziative promozionali a causa dell’emergenza sanitaria da Coronavirus.

Non è soltanto il gruppo Monti Riffeser ad operare tagli nella convinzione imprenditoriale che questa sia la strada per far fronte alla grave crisi dell’editoria. Fino alla fine di giugno tutti i giornalisti sono in cassa integrazione Covid e dal primo luglio scatterà il piano di prepensionamenti, che interesserà circa 40 redattori. Il gruppo Monrif è quotato a Piazza Affari e ha chiuso il bilancio 2020 con 8 milioni di euro di perdite, il doppio dell’esercizio dell’anno precedente. Rosso dovuto anche alla perdita delle attività immobiliari tra cui alcuni alberghi. I soci del gruppo sono la famiglia di Andrea Riffeser Monti per il 52 per cento che è anche presidente della Federazione editori e il finanziere Gianni Tamburini.

Oltre alle difficoltà dei grandi gruppi Rcs (Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport) e Gedi dopo la fusione di Repubblica-L’Espresso con la Stampa e Secolo XIX, sono in crisi anche i giornali locali ex Gedi. Il Tirreno, la Nuova Ferrara, la Gazzetta di Reggio, la Gazzetta di Modena vennero ceduti al gruppo Sae dell’imprenditore Alberto Leonardis. Ora i sindacati accusano il nuovo editore di non aver mantenuto gli impegni e per protesta i redattori del Tirreno hanno iniziato lo sciopero delle firme e i cdr delle quattro testate hanno ufficializzato un pacchetto di 4 giorni di sciopero da attuare se la riapertura del dialogo con l’editore non dovesse trovare una strada condivisa, che tenga insieme la tutela del prodotto, dei posti di lavoro e dei costi.

Dietro tutte queste vicende c’è il timore per il futuro dell’Istituto di previdenza per il quale si avvicina il termine ultimo del 30 giugno per il commissariamento. È l’intero mondo giornalistico ad essere preoccupato: aumentano i disoccupati e i cassaintegrati, gli organici vengono ridotti e quindi vengono meno i contributi sui quali si regge l’Istituto di previdenza, unico ente in Italia alternativo all’Inps.

Nella nota congiunta dei comitati di redazione del Giorno, Nazione, Resto del Carlino, Qn vengono spiegate le ragioni della contrarietà ad alcuni provvedimenti del presidente, amministratore delegato e direttore generale, Andrea Riffeser Monti. Il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali pesa sull’Istituto che, nonostante la crisi dell’editoria, deve far fronte anche all’accantonamento dei “contributi figurativi” di parlamentari, consiglieri regionali, comunali, sindaci e membri del Parlamento europeo.

La situazione è drammatica, ha precisato la presidente Marina Macelloni, nella manifestazione di giovedì 20 maggio davanti piazza Montecitorio. Tutti gli organismi giornalistici hanno rivolto un appello al premier Mario Draghi per salvare il salvabile. La riserva tecnica per pagare le pensioni è di due anni soltanto e la liquidità si sta consumando, visto che il 2020 si è chiuso con un bilancio in rosso di 242 milioni di euro.

Aggiornato il 28 maggio 2021 alle ore 09:40