Io speriamo che me la stampo

Pigro, cicciotto, ormai in età, mai fatto sport, improvvisamente si iscrive alle Olimpiadi. O almeno tenta di farlo. È il ritratto di una nuova figura non precisamente “professionale”: quella dell’editore analfabeta. Una delle distorsioni del web è quella di permettere a chiunque di esibirsi davanti a una platea indefinita, saltando passaggi un tempo impensabili. Così, da qualche tempo, spuntano ovunque semi-analfabeti che hanno scritto, al massimo, poesie futuristiche in cui la grammatica si trasforma da forca caudina in retaggio da superare per raggiungere la libertà di espressione. Curriculum ingombrante, pieno di conferenze sul nulla ri-denominate master e di vistose patacche attestanti tuttologie super-specialistiche.

Eloquente documentazione, che convince qualunque datore di lavoro a passare immediatamente al prossimo candidato, sperando che sia un disoccupato non pluridecorato. Al centesimo colloquio, l’incompreso, lungi da capire la vacuità dei propri sogni di gloria, sviluppa un complesso di persecuzione e cova progetti ambiziosi: mettersi in proprio, ad esempio. Prodigi della tecnologia: comprare redazioni e rotative era un po’ impegnativo, mentre il web sdogana tutto e, con l’aiuto di un simpatico smanettone, rende gradevole e talvolta quasi solenne qualsiasi banalità.

Gli analfa-editori, per posizionarsi, cercano giornalisti e scrittori veri dei quali vanticchiarsi. Magari pieni di idee senza idee, o magari in pensione, con carriere brillanti alle spalle e qualche rimpianto. Li catturano con tecno-sorrisi, commissionano editoriali che loro non avevano mai avuto l’onore di scrivere per testate vere. Li conquistano, stravolgendo i principi del mestiere diligente: notizie senza opinioni. Il trend è quello dei social, zeppi di opinionisti che sognano di ferragnizzarsi con argomenti quasi sempre rétro pacchianamente attualizzati, la cui modernità sta solo nella veste grafica virtuale. Fanno tutto questo per qualche like in più, ma siccome il privilegio di vivere sui consensi elettronici è di pochi ben strutturati, la maggior parte di questi mondadori d’accatto si mantiene con lavori d’accatto che generalmente non rivela, vergognandosi delle cose serie invece che dei bluff.

Il secondo stadio del delirio è quello in cui si detta, in modo strisciante, una specie di linea editoriale, mentre nella fase terminale si arriva a rimbrottare i professionisti caduti nella rete, accusandoli di non avere capito appieno il pensiero dell’editore, e di scrivere con la propria testa. Gli anzianotti sono colpiti nell’orgoglio, rispondono con un silenzio convincente, e l’editorello si fa perdonare con piogge di emoticon da web-bancarella. Così il vuoto spinto riprende il proprio cammino verso l’eccellenza: trasformarsi da relativo in assoluto. Ignorando che presto l’ossigeno finirà, ma di qualcosa bisogna pur morire.

Aggiornato il 20 maggio 2021 alle ore 11:11