Manifesto: 50 anni

Una vocazione ai ragionamenti controcorrente. A tutto campo ma a partire da sinistra. Al Manifesto che compie 50 anni (28 aprile 1971-28 aprile 2021) non è mai mancato “il seme critico dell’inquietudine” politica, sociale, culturale.

I “travagli corsari” hanno galoppato in questo mezzo secolo di giornalismo impegnato, con le linee-guida fornite all’azione giornalistica dai titoli di prima pagina che hanno sempre indicato l’orientamento di un gruppo minoritario uscito dalla “costola del Partito Comunista italiano”.

Le “50 splendide primavere” come le chiama il direttore Norma Rangeri sono festeggiate con due inserti speciali, in cui importanti nomi del giornalismo e dell’intellighenzia hanno rievocato il ruolo e gli obiettivi di un quotidiano che è stato più volte sul punto di chiudere definitivamente e che invece ha continuato, anche con gli sforzi dei suoi lettori, l’avventura di un giornalismo alternativo.

La questione comunista nella crisi della sinistra è stata sempre al centro di dibattiti e polemiche. Non ci sono state soltanto le divergenze con “il corpo roccioso e unitario del Pci” degli anni Settanta-Ottanta ma anche “gli aspri pregiudizi” nei confronti dei socialisti soprattutto nella fase della guida di Bettino Craxi orientata ad un’idea di sinistra rinnovata nel segno del socialismo europeo” come osserva Rino Formica.

I cinquanta anni del Manifesto offrono l’occasione per una riflessione del mancato progetto di rigenerazione della sinistra, troppo spesso litigiosa e divisa alla ricerca di una “alterità” ipotetica e velleitaria per non essere accusati di riformismo. La vitalità intellettuale ha comunque attirato l’attenzione e il consenso dei giovani. Il giornale non nacque per caso, ma fu la sintesi delle tante discussioni che avvenivano nei circoli politici e che volevano “una scelta di campo e un veicolo di idee” come scriveva il primo direttore Luigi Pintor nell’editoriale di presentazione.

I termini dell’iniziativa li riassume il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella in un saluto augurale: “ Il Manifesto, scrive, nato in un periodo contrassegnato da grandi passioni politiche e da approfonditi dibattiti ideologici, tra i partiti e al loro interno, ha saputo rappresentare il punto di vista originale di una minoranza combattiva e ben caratterizzata a sinistra, capace di confrontarsi con le altre componenti culturali del Paese, proponendosi come voce libera, autorevole e rispettata del panorama politico nazionale”.

La data storica è il 28 aprile 1971 quando un gruppo di estraparlamentari, composto da ragazze e ragazze e da esponenti della vecchia guardia del Partito Comunista, decise che era possibile raccontare un mondo diverso dalla rappresentazione dominante. L’esistenza del Manifesto è stata, secondo la Rangeri, un miracolo laico, segnata da momenti duri, difficili e persino traumatici. Come quelli raccontati nell’Album 1971-79 in quel decennio di grandi trasformazioni politiche, sociali e culturali. Sfogliare gli anni Settanta è come salire sulle montagne russe, tornare alle battaglie della sinistra contro la Nato, l’imperialismo capitalistico, la proprietà e l’autoritarismo degli imprenditori e dei “baroni” delle Università.

Sono molti coloro che debbono qualcosa al Manifesto. Quando il quotidiano in crisi stava per chiudere, l’allora Segretario dell’Associazione stampa romana, il liberale Arturo Diaconale, lanciò una colletta tra i giornalisti per raccogliere i fondi che necessitavano per sopravvivere.

Aggiornato il 29 aprile 2021 alle ore 12:12