Star della telepandemia invidiosi della giovinezza

Alla radio ho sentito una frase che suonava più o meno così: “Nei bar bisognerebbe prendere il caffè e portarselo fuori. Ma se vediamo gli assembramenti fuori dai bar in qualsiasi momento nelle nostre città, con persone che bevono senza mascherina, sono situazioni che vanificano il discorso che non ci siano rischi all’aperto. Mi sono data un pizzicotto sulla guancia per capire se fossi sveglia o stessi avendo il solito incubo tematico, ovvero l’ennesima puntata della telepandemia. Ero sveglia, e anche la frase successiva me lo ha confermato: “Se le persone si parlano addosso, il virus può tranquillamente diffondersi e queste varianti sono in grado di diffondersi più delle altre.

Persone che bevono senza mascherina, come no, facciamo un buchino nella mascherina e facciamo passare una cannuccia. Poi potremo essere autorizzati a bere. Se le persone si parlano addosso… giusto, le persone comuni non devono parlarsi addosso. Quella deve essere prerogativa esclusiva dei tuttologi beneficiati dal tubo catodico. A loro e solo a loro deve essere consentito di ammonire, rimproverare, dipingere un futuro prossimo a tinte fosche. Mai una gioia. I momenti di serenità sono solo ipotizzabili, rimangono promesse deluse, sempre spostate un cicinin più in là nel tempo.

Non oso scomodare le leggendarie figure del pessimismo cosmico quali Giacomo Leopardi, Jean-Jacques Rousseau o Arthur Schopenhauer. Vorrei però citare la novella “La Patente” dove all’umorismo pirandelliano si accompagna il pessimismo dell’autore siciliano. Il protagonista Chiarchiaro, accusato di essere un menagramo, si rivolge ad un giudice per ottenere il giusto riconoscimento del proprio status di portare sfiga. Lungi da me l’idea di accomunare qualche specifico opinionista e telepandemista televisivo ad un personaggio angosciosamente ambiguo, quali sono notoriamente quelli descritti dal drammaturgo: alzi però la mano chi non ha mai avuto il pensiero, seppur fugace e occasionale, di accomunare le due cose, cioè l’apparizione di una star televirale ed il proprio personale, intimo stato di misero reietto che disprezza i buoni consigli e dunque già solo per questo è colpevole di qualcosa.

Si può cenare all’aperto, ma se ci si ferma a chiacchierare al tavolo non è detto che le misure siano sufficienti. Giusto a che se serve socializzare dopo aver mangiato? È l’ideologia del mordi e fuggi.

Non ricordo la circostanza, ma qualcuno arrivò a dire che noi esseri umani avevamo meritato il virus. Boh, forse ci può anche stare in una prospettiva catartica e di redenzione, ma dovere espiare nella nostra vita terrena ascoltando certe corbellerie probabilmente diventa una missione impossibile. Io, personalmente, non ce la posso fare. Per il virus c’è vaccino, per gli effetti collaterali da opinionite si può solo cambiare canale. Infatti, al solo apparire in televisione di uno dei soliti noti, fino ad un anno fa completamente ignoti, il mio pensiero scatta prepotentemente alla ricerca di un rito scaramantico, di un gesto di scongiuro, uno qualsiasi purché efficace ed immediato. Lo confesso, ho cercato addirittura, ma invano, di trovare conforto in qualche oggetto, un amuleto apotropaico che potesse allontanare da me l’influsso negativo. In realtà ne avevo sperimentati diversi nei mesi passati ma sono risultati tutti inefficaci di fronte alla potenza del vaticinio pessimista profuso a piene mani attraverso il tubo catodico dagli espertissimi del virus.

Anche io avevo le mie varianti, dal ferro di cavallo al cornetto di corallo, dal monile con la rana a quello con la coccinella. Poi però ho alzato bandiera bianca e mi sono arresa. Resto solo un pochino annichilita di fronte a tutti questi infiniti appelli ad ulteriori e prorogabili chiusure. Stiamo rinunciando a vivere, forse riusciremo solo a vivacchiare ma il prezzo che la nostra società sta pagando e pagherà sarà altissimo. Secondo Leonardo Sciascia, nel suo penultimo romanzo “Il cavaliere e la morte”, la sicurezza del potere si fonda sulla insicurezza dei cittadini. Spero che prima o poi divenga possibile limitare l’assembramento delle parole senza senso all’interno dei programmi televisivi. Vorrei tornare a rivedere il sorriso dei giovani e provarne piacere e non certo rodimento perché hanno 20-30 anni meno di me. Siate gentili, sta montando in me il dubbio che certe parole lasciate andare in libera uscita siano oggi dettate da una sottile invidia verso la giovane età ormai passata.

@vanessaseffer

Aggiornato il 28 aprile 2021 alle ore 11:07